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Sedici anni e gay. Vi racconto la mia lotta contro i bulli a scuola

Un sedicenne del Sud scopre di essere il destinatario di offese pesanti su un social network. Si tratta di un gruppo di bulli che a scuola arriva anche a minacciarlo. «Fa malissimo ma io resisto».

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Simone – nome di fantasia – è minorenne e le regole del giornalismo vorrebbero che riflettessimo molto bene se intervistarlo. Abbiamo deciso di farlo non solo perché è stato lui a chiedere di occuparci del suo caso. Ma anche perché la quotidianità che ci racconta – una lotta giornaliera tra le pareti scolastiche – accomuna molti altri ragazzi dei quali non si riesce a sapere molto se non quando qualcuno prende il coraggio in mano, come lui, per spiegare in che modo un sedicenne italiano, gay dichiarato, deve districarsi oltre che coi problemi tipici dell’età anche col bullismo omofobo dei compagni.

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«Quando ho letto le frasi su Ask.fm mi ha fatto malissimo ma poi mi sono detto che per fortuna io resisto mentre altri non ci riescono. Non potevo rimanere in silenzio anche stavolta». Sul social network di domande e risposte un suo compagno di scuola ha scritto cose pesantissime quando ha saputo che “il ricchione di merda” non aveva superato l’esame di riparazione. Quel bullo, insieme ad altri, lo hanno scritto in quella piazza virtuale esattamente come hanno fatto di persona «nel corridoio, se mi trovano in bagno, anche nella piazza di Napoli dove mi ritrovo con gli amici».

Le parole non sono le uniche a ferire. A volte lasciano il posto alle minacce: «Una volta li ho trovati in bagno. Mi hanno costretto ad andare in quello delle femmine». Ma chi potrebbe aiutare – professori, preside, compagni – fa poco per cambiare la situazione. «Raccontai l’episodio del bagno a una prof ma non ha detto o fatto nulla. So che ne hanno parlato anche in consiglio di classe ma gli insegnanti hanno deciso di non intervenire».

Solidarietà da qualcuno? «Ci sono altri gay a scuola ma nessuno è dichiarato». Lo faranno, forse, quando saranno più grandi. Per il momento Simone deve fare affidamento sulle sue uniche forze per questa lotta quotidiana fra le pareti scolastiche. «Ho letto di ragazzi anche più giovani di me che si suicidano e non è giusto. Gli adolescenti che affrontano la mia stessa realtà devono sapere che non sono soli».

di Daniele Nardini

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