E sarà per arginare le contemporanee femministe del clic e i loro sproloqui da spezzoni di quindici secondi, che nell’ultimo anno assistiamo – almeno così appare dalle recenti pubblicazioni – a una riscoperta di Simone de Beauvoir. Certo, è assurdo parlare di riscoperta con questa immensa, e ancora oggi in parte latente, intellettuale. Il Secondo Sesso, dopo 72 anni dalla sua comparsa in Francia, continua a essere acquistato con costanza e si spera letto. O quantomeno fotografato tra le tavole imbandite dei bookinfluencer, gli esteti del Presente. Sulla copertina dell’edizione italiana, troneggia, su uno sfondo bianco, la sua algida figura, le braccia conserte, l’iconica capigliatura raccolta, gli occhi di ghiaccio e un sorriso beffardo con cui sembra conoscere il suo destino – altro che essere donna. Si fa gioco del prossimo che punterà lo smartphone per catturarla tra una colazione a letto e una foglia ingiallita d’autunno.
Dallo scorso ottobre, mese in cui è apparso simultaneamente in Francia e in Italia Le Inseparabili (Ponte alle Grazie), suo romanzo della giovinezza ancora inedito, c’è stata – almeno nel nostro paese – un’attenzione crescente nei confronti della filosofa. Sono usciti quest’anno Simone de Beauvoir (Donzelli Editore), uno studio meticoloso sulla figura della scrittrice portato avanti dalla francesista Sandra Teroni; Le Visionarie, saggio sulle più grandi filosofe del ‘900, tra cui l’immancabile de Beauvoir e recentemente La femminilità è una trappola (L’orma Editore), una raccolta di suoi scritti inediti. Su RaiRadio3 proprio in queste settimane la scrittrice Sandra Petrignani sta portando avanti il podcast Donna non si nasce, si diventa, ripercorrendo la vita e le opere di de Beauvoir. Ed è la celebre frase, che dà il titolo al lavoro di Petrignani, la chiave di accesso, ma spesso anche la scorciatoia, al libro più noto e scandaloso della femminista francese.
Proprio quest’anno ricorrono i sessant’anni dalla pubblicazione italiana del Secondo Sesso, che non è solo una questione di traduzioni, ma è un caso editoriale, una faida familiare, uno sconquasso nella vita politica e religiosa del nostro paese.
Il saggio uscì in Francia nel ’49, suscitando immediato interesse. Simone de Beauvoir era già nota per altri scritti, ma la sua figura veniva riconosciuta soprattutto per la relazione con Jean-Paul Sartre, già allora uno dei massimi intellettuali francesi. Legame che le costò gli appellativi di La Grande Sartreuse e Notre-Dame de Sartre oltre che un costante secondo piano rispetto alla figura pubblica del compagno. La risonanza del Secondo Sesso ovviamente arrivò anche nella vicina Italia, ma servirono 12 anni per vedere una traduzione completa dell’opera monumentale di de Beauvoir.
Il libro è stato a lungo oggetto di discussione in casa Mondadori, non tra Marina Berlusconi e il Cavaliere. Ma I Mondadori, Arnoldo (padre) e Alberto (figlio), due grandi editori con due visioni differenti di fare editoria. E bisognerà ringraziare i complessi edipici e l’uccisione del padre se oggi possiamo godere dello sconfinato catalogo de Il Saggiatore. Questa casa editrice, fondata da Alberto Mondadori nel 1958, nasce con la precisa intenzione di allontanarsi dalla logica editoriale paterna e fiondarsi a capofitto nella saggistica. Il Secondo Sesso sarà pubblicato nel ’61 in Italia proprio presso Il Saggiatore, che in catalogo conta anche L’essere e il Nulla, opera capitale di Sartre.
Simone de Beauvoir giocò un ruolo decisivo nella scissione tra padre e figlio Mondadori. Alberto fremeva dalla voglia di pubblicare un testo tanto innovativo quanto discusso. Inoltre, ad aumentare la fama e l’interesse per il saggio fu l’iscrizione, dopo la pubblicazione francese, nell’Indice dei libri proibiti dalla Chiesa, scandalizzata dall’uso della parola sesso da parte di una donna. Bisognerà aspettare al ’66 per vedere l’Indice soppresso. Nel mentre immaginiamo de Beauvoir farsi grasse risate sulla questione, nel suo appartamento a Parigi, con Sartre e tutti i loro amanti.
Arnoldo Mondadori, invece, procedeva cauto con le sue pubblicazioni. Aveva capito l’importanza del libro e lo scossone che avrebbe dato al nostro Paese, ma temeva soprattutto le reazioni della Democrazia Cristiana, partito dominus del dopoguerra (e fino al 1992). Per non rinunciare alla pubblicazione e vedersi sottratti i diritti, Mondadori Padre fece recapitare una lettera a Gallimard, casa editrice francese di de Beauvoir, chiedendo di tagliare parte del saggio e rimaneggiarlo per edulcorarne i contenuti. E qui possiamo immaginare nuovamente le sopraccitate grasse risate, oltre che dell’intellettuale, anche di tutta l’editoria francese.
L’edizione uscita presso Gallimard prevedeva due volumi separati, essendo il contenuto al loro interno sostanzialmente differente. La prima parte del saggio è una ricerca e una disquisizione puramente filosofica. Simone de Beauvoir da onnivora della cultura quale era, si affida a tutti i saperi e analizza e ribalta in ognuno di essi il concetto di donna e la matrice dell’oppressione. Di enorme rilevanza i capitoli in cui capovolge gli studi di Freud e il Materialismo Storico di Marx ed Engles. Nella seconda parte invece, si parla dell’esperienza diretta delle donne. La filosofa analizza le varie figure della donna, dalla madre, alla figlia, alla lesbica, alla prostituta, con tutti i loro problemi e le questioni che quotidianamente devono affrontare. Si deve proprio a questa seconda parte il successo, ancora oggi, del saggio. Nel corso degli anni milioni di donne si sono riconosciute e hanno posto quesiti a loro stesse e alla società grazie alla lettura della propria esperienza decodificata da de Beauvoir.
Con l’italiana abitudine di aggirare gli ostacoli, presso Il Saggiatore, nel ’61, i due volumi furono compattati in un unico, come ancora oggi possiamo trovarli nelle librerie. L’uscita in quegli anni di questo saggio monumentale non lasciò indifferente l’ancora troppo impreparata Italia. Lo scandalo del Secondo Sesso ha a che fare principalmente con una donna, in questo caso scrittrice, che si impone come soggetto pensante e parlante. Lo stesso era già accaduto con Virginia Woolf e i suoi saggi Una stanza tutta per sé e Le tre ghinee, scritti che ispirarono molto de Beauvoir. Era inaccettabile che una donna ponesse l’accento sulla condizione femminile e, nel farlo, decidesse di parlare anche di sesso, di mestruazioni, di orgasmi, di piacere, di prostituzione. Simone de Beauvoir non inventò nulla, il femminismo già esisteva ed era attivo da più di un secolo, ma con un’operazione così accurata mise tutte le carte sul tavolo e svelò le radici profonde dell’oppressione delle donne. Diede a tutte e a tutti una prova indelebile, da quel momento non ci sarebbe stata scusa alcuna per l’ignoranza.
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