“Svastichella”, un piccolo e sospettabile incendio alla discoteca Qube, qualche minaccia telefonica, un cantante (compagno del presidente di Gay Lib, l’associazione di omosex vicini al centrodestra) malmenato dal vicino di casa per motivi legati al parcheggio di un autovettura, due bombe carta lanciate contro un gruppetto di lesbiche nella Gay Street: “Siamo alla mitomania”.
A parlare è un autorevole attivista della comunità omosessuale della capitale che vuole rimanere nell’anonimato. Per “mitomania” intende una cosa molto chiara: “La comunità omosessuale romana è divisa in gruppi, gruppetti,associazioni, lobby e ognuno cerca la sua visibilità. Dopo l’accoltellamento davanti al Gay Village che si è risolto con l’arresto di “Svastichella” si sono sorprendentemente moltiplicate presunte azioni di violenza ai danni di location e spazi frequentati dai gay”. Come mai questa improvvisa escalation di violenza? Perchè le azioni vengono tempestivamente denunciate dai rappresentati delle associazioni gay e non direttamente dai soggetti colpiti? Anche qui l’autorevole rappresentante della comunità omosex capitolina ha una spiegazione: “Il motivo mi sembra evidente. I leader di alcune associazioni sono ormai diventati degli uffici stampa di se stessi. Hanno bisogno di candidarsi a paladini della libertà sessuale. Hanno ambizioni politiche. E dopo che i giornali, le tv e le radio per giorni si sono occupati della vicenda “Svastichella”, hanno capito che si poteva cavalcare il momento per trarne benefici e visibilità. Non escludo che qualcuno, più mitomane di altri, abbia potuto architettare qualche azione dimostrativa con l’intento di creare panico e denunciare una situazione d’emergenza.
Sono solo ipotesi, ma risulta evidente a tutti che a Roma non si respira un clima omofobico. Roma è grande. I gay vivono e si divertono dovunque. Come mai questi episodi di violenza accadono solo nella Gay Street?”. Dopo aver raccolto (in una lunga telefonata) lo sfogo, coraggioso, di uno dei leader dell’associazionismo gay, ho pensato che in effetti il professionismo dell’Antimafia (definizione coniata da Leonardo Sciascia), come è noto, non ha portato da nessuna parte. Ora siamo al professionismo dell’Antiomofobia e , sono pronto a scommettere, che non servirà affatto ad approvare una legge sacrosanta (quella contro l’omofobia) ma solo a candidare qualche “gay-maniaco” in Parlamento o alla Regione. Peccato, perchè il Parlamento sarebbe pure disposto ad intervenire sul codice giuridico e riconoscere i diritti delle coppie di fatto, ma anche qui il militarismo delle associazioni omosex uccide ogni discussione con la pretesa, patetica, di una legge ad hoc. Siamo alla Gay-Crazia e tutto questo è decisamente pericoloso per tutti quegli omosessuali che vivono con sobrietà, riservatezza e libertà la loro vita.
(di Pierluigi Diaco su Libero)
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