Omofobia e transfobia nello sport: i dati tra Italia e Europa

In Italia il 41% delle persone LGBTI che praticano sport non fa coming out. I risultati della prima ricerca a livello europeo sull’esperienza delle persone Lgbti.

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In vista del 17 maggio, giornata mondiale contro omofobia e transfobia, sono stati diffusi i risultati della prima ricerca a livello europeo sull’esperienza delle persone Lgbti.

Oltre 5500 persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (Lgbti) residenti nei 28 paesi dell’Unione Europea hanno completato il questionario online proposto dall’Institute of Sociology and Gender Studies della German Sport University di Colonia nell’ambito del progetto Erasmus+ Outsport coordinato da AICS – Associazione Italiana Cultura e Sport. L’età dei partecipanti varia dai 16 ai 78 anni con una media di 27 anni.

Ebbene il 90% delle e dei partecipanti percepisce l’omofobia come un problema nello sport. La percentuale è ancora più alta per la transfobia. Quasi il 20% di tutte/i le e i partecipanti hanno rinunciato alla pratica di uno sport a causa del proprio orientamento sessuale o identità di genere. Questa percentuale sale al 54% per le persone trans e si riferisce in proporzione maggiore al calcio, alla danza, al nuoto e alla box. Circa un terzo di chi pratica sport non ha rivelato il proprio orientamento sessuale a nessuno in ambito sportivo. Questa percentuale raggiunge il 41% in Italia e il 45% in Ungheria. Il 16% delle e dei partecipanti che sono attive/i in qualsiasi sport hanno avuto almeno una personale esperienza negativa legata al proprio orientamento sessuale o identità di genere negli ultimi 12 mesi. La percentuale sale però al 30% per gli uomini trans, al 36% per le persone non binarie e al 46% per le donne trans. Nel 49% dei casi chi agisce una discriminazione sono compagne/i di squadra. In Italia si sale al 60%.

Tra coloro che hanno segnalato esperienze negative l’82% hanno ricevuto insulti verbali e il 75% una discriminazione strutturale. Ma sono comuni anche le minacce (44%), il bullismo (40%), superamento della linea fisica, come spinte o contatti indesiderati (36%) e persino la violenza fisica (20%). Oltre un terzo delle e dei rispondenti non conosce alcuna organizzazione o individuo a cui rivolgersi in caso di esperienze negative. Le tre azioni che vengono indicate come possibilmente più utili nel contrastare l’omo-transfobia nello sport sono: a) il coming out di sportivi famosi, b) campagne di lotta all’omo-transfobia di alto profilo, c) formazione sulla diversity.

Sulla base di questa indagine sono stati intervistati i responsabili di alcune organizzazioni sportive ombrello e federazioni sportive sulle loro strategie di contrasto all’omo-transfobia e i risultati di quest’ultima indagine saranno pubblicati il prossimo 8 novembre in occasione della final conference di Outsport a Budapest.

Il rapporto completo (da oggi disponibile sul sito di Outsport), oltre ai dati aggregati a livello di Unione Europea, evidenzia le differenze riguardo l’orientamento sessuale e l’identità di genere e tra i 5 Paesi del progetto (Italia, Austria, Germania, Scozia, Ungheria). Rosario Coco, coordinatore di Outsport, ha dichiarato.

Siamo orgogliosi di questo lavoro e confidiamo che i dati contenuti nel nostro report siano fondamentali per le politiche di contrasto alle discriminazioni omo-transfobiche nello sport sia a livello europeo che dei singoli Paesi.

La Prof. Ilse Hartmann-Tews, capo della ricerca per OUTSPORT, ha spiegato come mai una simile ricerca fosse necessaria.

C’è una mancanza di evidenze sulla realtà e sull’esperienza delle persone Lgbti nello sport in Europa. Per questo abbiamo prodotto questo sondaggio a livello di Unione Europea per investigare le loro diverse esperienze in un contesto più ampio. Il risultato ha prodotto le evidenze empiriche per sviluppare una serie di misure che stiamo sviluppando all’interno del progetto Outsport. Omofobia e transfobia sono percepite ciascuna come un grande problema nello sport. La maggioranza delle/i rispondenti, oltre l’80%, hanno testimoniato linguaggio omo-transfobicoe nello sport, ma anche in altri ambiti della vita, come il lavoto., la scuola o il tempo libero. E come sappiamo dalla ricerca internazionale il linguggio omo-transfobico non è solo discriminatorio ma ha peersanti effetti negativi, specialmente per le persone Lgbti giovani. Un altro risultato chiave è che il 16% di coloro che sono attualmente attivi nello sport hanno subito almeno una esperienza negativa negli ultimi 12 mesi. Però solo l’8% ha denunciato ufficalmente un incidente omo-tranfobico e oltre un terzo non conosce nessuno, né una persona né un’organizzazione, a cui denunciare discriminazioni subite nel contesto sportivo. Sin dall’inizio del progetto Outsport, tutti i partner hanno messo in campo una serie di attività informative ed educative per accrescere la consapevolezza sulle discriminazioni basate su orientamento sessuale, identità di genere e sessuale e altre daratteristiche sessuali nello sport. I nostri risultati danno l’evidenza che che le culture sportive devono diventare più inclusive delle differenze. Noi siamo pronti a sostenere le federazioni, I club locali, le agenzie governative e le organizzazioni nazionali e internazionali a sviluppare le rispettive strategie.

Foto copertina, L’Equipe

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