Sull’intimo ed i suoi utilizzi ‘politicamente scorretti’ molti lettori si sono sbizzarriti rispondendo all’articolo della scorsa settimana e raccontando le loro esperienze, viste e vissute. Ne riporterò alcune, tagliuzzandole qua e là, ma sperando di non apparire censore troppo severo. Mi sembra significativo cominciare con quelle che mostrano in pratica i due diversi punti di vista: quello di chi smania per il possesso feticistico di indumenti usati altrui e quello che (forse) è vittima proprio di tale desiderio.
Roberto ci racconta che: "Nella spiaggia dove di solito vado, viene spesso un ragazzo meraviglioso ma irraggiungibile, corteggiato un po’ da tutti. Una volta ero da solo quando lui arrivò e si andò subito a fare il bagno. Non ci fu miglior occasione per avvicinarmi ai suoi indumenti, toccarli, odorarli e mettermi le sue scarpe, ancora calde e sudate. Pur con la paura che qualcuno potesse vedermi o che lui potesse tornare, la cosa mi procurò una tale eccitazione! E’ stato il mio modo di fare sesso con un’icona che non ho e non avrei mai avuto."
Del tutto opposta, la storia di Bob: “Qualche mese fa in palestra ho lasciato le mie scarpe da ginnastica (nuovissime) sotto la panca dello spogliatoio, c’ho infilato dentro, ben compressi, i calzini da ginnastica e sono andato a seguire la lezione. Al ritorno, le scarpe erano ancora lì ma i calzini erano stati sottratti. Avrei potuto capire il furto delle scarpe nuove, ma cosa se ne fanno dei calzini usati? A meno che non si tratti di feticismo…”.
La certezza non c’è, ma è divertente la considerazione riportata dallo stesso Bob: “Sai cosa diceva uno dei miei capi ufficio? Cosa vuoi farci, mio caro, ognuno cerca di procurarsi l’orgasmo come può e con i mezzi di cui dispone…". A tal proposito, Tony ci ricorda che “Negli Stati Uniti esistono molti che vendono intimo usato…qui da noi in Italia sempre in ritardo….”. Sebastiano ci dice invece che “In Giappone oltre al feticismo di indumenti ‘usati’ ci solo altre passioni come la pioggia dorata (nei manga spesso gli autori ne parlano anche negli shojo), studenti che si mettono le mutande in testa o che alzano la gonna alle ragazze…”. A chiudere, la proposta (forse) provocatoria di Enrico: “Chi vuole i miei slip usati? Ne ho parecchi, in cambio di nuovi…”.
Tornano invece al discorso sui contrasti, alcuni lettori sono convinti che le differenze (non solo fisiche) siano una ricchezza più che un cattivo gusto nell’assortimento. Fabio si chiede: “Com’è possibile che non vi sia contrasto nelle relazioni gay? Io che ho una certa età e ho visto cambiare le cose, i gusti, le tendenze, non sopporto i ghetti: orsi con orsi, glabri con glabri, leather con leather… Basta con questi recinti, con i giri chiusi… Viva le differenze!!!”.
‘Omobear’ invece sostiene che “Spesso si crede che una coppia possa funzionare solo se ci sono molte caratteristiche in comune, ma per esperienza personale ti dico che funzionano meglio quando ci sono parecchie differenze, non solo a livello estetico ma anche caratteriale: spunta l’elemento curiosità, la voglia di conoscere l’altro e la sua ‘categoria’ se così si può banalizzare. E a letto basta pensare alla situazione tra master e slave o alla semplice denudazione totale, meglio se sotto ordine severo e autoritario da parte di un solo elemento della coppia, fisso o occasionale che sia…”.
Lasciando a ognuno il modo che preferisce per eccitarsi e per vivere le proprie storie e i propri sentimenti, mi congedo con la mail di un altro lettore, che necessariamente firma con uno pseudonimo: “Dopo aver visto il perfetto film "Milk", mi sono sentito a disagio per non avere il coraggio di dichiarare la mia omosessualità, pur avendo una forte attenuante: sono sposato e padre di 4 figli, con un elevato senso di responsabilità. Situazione, questa, che mi fa sentire un ‘diverso’ fra i ‘diversi’, schernito anche da alcuni gay. Gradirei un commento in merito”.
Mica è facile. Specialmente in poche righe. Meglio tornarci la prossima settimana, con più calma, magari usufruendo dei suggerimenti che nel frattempo, chiunque volesse, potrà mandarmi scrivendo al link qui sotto. Gradirei però che si trattasse di risposte costruttive. E’ troppo facile fare i moralisti, specie in circostanze i cui dettagli ignoriamo. Ed è del tutto inutile sostenere che “ci si poteva pensare prima…”.
Flavio Mazzini, trentacinquenne giornalista, è autore di Quanti padri di famiglia (Castelvecchi, 2005), reportage sulla prostituzione maschile vista "dall’interno", e di E adesso chi lo dice a mamma? (Castelvecchi, 2006), sul coming out e sull’universo familiare di gay, lesbiche e trans.
Dal 1° gennaio 2006 tiene su Gay.it la rubrica Sesso.
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di Flavio Mazzini
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