La violenza sessuale è un problema molto diffuso, ma che per molti anni è stato avvolto nel silenzio e nel tabù.
Solo negli ultimi tempi, grazie al movimento #MeToo e alla coraggiosa testimonianza di celebrità e persone comuni, la questione è stata portata alla ribalta e discussa in modo più aperto. Tuttavia, alcuni gruppi sono rimasti nel silenzio, come gli uomini, che spesso non vengono riconosciuti come possibili vittime.
Una ricerca di SurvivorsUK ha approfondito l’argomento, in particolare in relazione alla comunità gay e bisessuale, ed analizzato come i miti e le barriere sociali possano ostacolare il percorso di supporto verso le vittime.
Miti da sfatare e dati preoccupanti
Uno dei miti più diffusi riguarda il fatto che gli uomini non possano essere vittime di violenza sessuale o che siano meno propensi a esserlo rispetto alle donne. Tuttavia, i dati dimostrano che gli uomini subiscano il fenomeno in percentuali significative, anche se spesso non ne parlano per paura di essere giudicati o derisi.
La ricerca condotta nel Regno Unito ha dimostrato come la violenza sessuale nei confronti di uomini appartenenti alla comunità LGBTQIA+ è un problema diffuso e che spesso non viene riconosciuto o segnalato.
Ci sono diversi miti che circolano su questo argomento, come ad esempio l’idea che gli uomini gay siano “più disponibili” verso i rapporti occasionali o che determinati atteggiamenti nei loro confronti siano più accettabili perché “sanno cosa vogliono“.
Tuttavia, queste congetture risultano prive di fondamenta e possono avere conseguenze negative sulla vita delle vittime.
Secondo i dati di un sondaggio condotto su un campione di 505 persone, il 45% ha risposto di aver subito almeno una volta nella vita un’aggressione sessuale, mentre il 53% ha risposto di no. Il restante 3% ha preferito non rispondere alla domanda.
I dati mostrano inoltre che il 43% dei partecipanti ha dichiarato di aver partecipato ad attività sessuali che, al momento, hanno considerato una cattiva esperienza, ma che guardando indietro ritengono essere stata una violenza.
Questo sottolinea l’importanza di educare le persone su cosa costituisca il consenso e cosa non lo sia, in modo che siano in grado di riconoscere e definire meglio le situazioni in cui sono coinvolti.
Inoltre, la percentuale del 53% di coloro che hanno risposto “no” a questa domanda potrebbe essere influenzata dal fatto che alcune persone potrebbero non comprendere appieno cosa sia considerata una violenza sessuale e potrebbero non riconoscere situazioni in cui è stato violato il loro consenso.
Tra queste situazioni, si parla anche di Chemsex.
Il concetto di Chemsex, ovvero l’uso di droghe come la metanfetamina o l’MDPV durante l’attività sessuale, è molto discusso all’interno della comunità LGBTQIA+, trattandosi di una pratica estremamente pericolosa, ma tristemente molto diffusa.
Le indagini suggeriscono che un numero crescente di persone pratica regolarmente Chemsex, con il 13% dei rispondenti al sondaggio che indicano di essere stati coinvolti in attività sessuali senza il loro consenso proprio durante queste attività.
Più di un terzo delle vittime non ne parla
Una delle principali conseguenze di questo fenomeno sugli uomini è la difficoltà di parlare del proprio vissuto e di chiedere supporto. La società ha creato una serie di barriere sociali che rendono ancora più difficile per gli uomini parlare della propria esperienza. Inoltre, la mancanza di narrazioni positive e di una cultura dell’ascolto nei confronti dei sopravvissuti maschi contribuisce a perpetuare il silenzio e il tabù.
Secondo i dati raccolti, solo il 35% dei sopravvissuti ha sentito di poter parlare con gli amici dopo aver subito una violenza sessuale, mentre solo il 21% si è rivolto alla famiglia.
Il 19% ha parlato con il partner e solo il 18% ha cercato aiuto da professionisti, come medici, psicoterapeuti o organizzazioni di beneficenza e linee di assistenza. Solo il 16% ha contattato la polizia.
È significativo notare che il 37% dei sopravvissuti ha dichiarato di non aver sentito di poter parlare con nessuno riguardo all’esperienza traumatica.
Per quanto riguarda invece le denunce, solo il 14% dei partecipanti ha dichiarato di aver denunciato un’aggressione sessuale alla polizia, mentre l’85% ha risposto negativamente. L’1% ha preferito non rispondere.
La sottodenuncia di reati sessuali è un problema diffuso in molte parti del mondo e spesso è legata alla paura delle conseguenze sociali e personali che ne potrebbero derivare. Inoltre, molte vittime di abusi sessuali temono di non essere credute o a credere che l’autore dell’aggressione non verrà perseguito in maniera adeguata.
Tuttavia, è importante sottolineare esistono – anche in Italia – organizzazioni e servizi che offrono supporto specifico per gli uomini e che possono aiutare a superare le barriere sociali e culturali. Eppure, solo il 16% dei partecipanti ha affermato di essere a conoscenza delle risorse di supporto specifiche per chi ha subito violenza sessuale.
È possibile contrastare il fenomeno?
Lo studio, ricondiviso anche da Simone Alliva – già editorialista di Gay.it e oggi giornalista dell’Espresso, intende rispondere proprio a questa domanda.
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Secondo la SurvivorsUK, la soluzione risiede in un approccio multidisciplinare che coinvolga diverse comunità e professionisti.
“È importante che gli operatori sanitari, i professionisti della salute mentale e i responsabili politici siano consapevoli delle specifiche sfide e dei bisogni della comunità LGBTQIA+ in materia di violenza sessuale. Inoltre, è fondamentale garantire l’accesso a risorse di supporto specifiche per la comunità gay e bisessuale, comprese le organizzazioni di assistenza alle vittime”.
La violenza sessuale tra gli uomini gay e bisessuali è un problema serio e sottovalutato che richiede l’attenzione e l’azione della società. È importante aumentare la consapevolezza, combattere i miti e garantire l’accesso a risorse di supporto specifiche per la comunità LGBTQIA+, per esortare i sopravvissuti a condividere la loro esperienza senza alcuna vergogna, e prevenire fenomeni di questo tipo in futuro.
Foto di Enrique Fernandez su Unsplash
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