“Taylor Swift mi sta raccontando una storia, e quando Taylor Swift ti racconta una storia, tu ascolti, perché sai che sarà bella, non solo perché ha avuto una vita straordinaria, ma perché è una narratrice straordinaria”.
Così il Time introduce un lungo, lunghissimo pezzo che è anche un viaggio nella storia di una delle artiste più influenti del nostro tempo, Taylor Swift, oggi insignita del titolo di Persona dell’Anno 2023 dalla prestigiosa testata statunitense.
Ogni anno, la redazione del Time stilla una lista dei personaggi che nei dodici mesi precedenti hanno avuto il maggiore impatto su più fronti: dalla politica all’attivismo, alla cultura pop fino alla finanza, all’innovazione scientifica e tecnologica. Ma quest’anno, nessuno più di Taylor merita il primo posto.
Capelli biondi e signature red lipstick, per la cantautrice della Pennsylvania, che ha saputo trasformare la propria vita in un racconto in musica capace di risuonare con milioni di fan in tutto il mondo, il 2023 è stato l’anno delle meraviglie.
A partire dall’”avventura di una vita”, l’Eras Tour, una celebrazione delle diverse ‘epoche’ artistiche di quella che è ormai diventata una delle più acclamate icone della musica contemporanea, che con incassi che superano le nove cifre è diventato l’evento musicale più remunerativo della storia.
Gli esperti hanno già iniziato a parlare dell’effetto Taylor, un fenomeno che testimonia l’eccezionale impatto culturale e commerciale di Eras, tale da portare i capi di stato di Ungheria, Tailandia e Cile a implorare l’artista di esibirsi nel proprio paese.
Poi, il trionfo ai VMA 2023, dove l’artista ha stabilito un altro record mondiale, portandosi a casa il più alto numero di premi mai ricevuti da un’artista in questa occasione: ben nove tra Video dell’Anno, Artista dell’Anno, Canzone dell’Anno, Miglior Pop, Miglior Regia, Miglior Fotografia, Migliori Effetti Visivi, Spettacolo dell’Estate e Album dell’Anno per “Midnights”.
E pensare che, come racconta Taylor stessa al Time, tutto è partito con una sconfitta. Chitarra in mano, un talento ancora immaturo e inespresso, una giovanissima Taylor ricevette la sua prima batosta a 17 anni, quando l’”occasione della vita” le scivolò dalle mani.
Al tempo, era stata chiamata ad aprire un concerto di Kenny Chesney, superstar della scena country in cui la cantante bazzicava in quegli anni. Ma per un problema di sponsor, dovette annullarla.
Eppure, la storia di Taylor ci insegna che quel treno non passa mai una volta sola. La sua resilienza come donna capace di scalare un’industria che l’avrebbe voluta docile, prona alle dinamiche di mercato e spettatrice passiva del proprio successo, mescolando arte e attivismo, è una lezione antipatriarcale fondamentale per le nuove generazioni.
Taylor è oggi persona dell’anno su quella vetta solitaria raggiunta solo da poche altre persone dell’industria musicale – tra cui citiamo, Michael Jackson e Madonna – proprio perché, attraverso ognuna delle sue epoche, ha tenuto stretta la propria autenticità, la stessa che l’ha resa, nell’ultimo decennio, amica e confidente prima dei millennials, e poi della Generazione Z.
Chiunque può rivedersi in una delle storie narrate da quella talentuosa voce talvolta sospirata, talvolta travolgente in un equilibrio che – senza peccare di superbia – sa raccontare nella sua semplicità l’esperienza umana, scevra di sovrastrutture patinate.
Taylor parla delle sue storie d’amore e non solo, celebrando gli alti e riflettendo sui bassi, indossando il proprio cuore e le proprie fragilità davanti al suo pubblico senza mai parlare di rimpianti, bensì di esperienze.
Ed è forse anche questo il motivo dei continui affondi, non alla sua inattaccabile integrità artistica, bensì alla sua persona: Taylor è una “mangiauomini”, una che “non si sa tenere un uomo” e una “megera psicopatica”.
Epiteti su cui, con proverbiale classe e distacco, Taylor è capace di scherzare, rivelando al contempo la radice di tutto quell’astio con cui un certo pubblico guarda ad artiste del suo calibro. Nessuno avrebbe mai osato riservare il trattamento alla Kanye West a un uomo nella sua stessa posizione, o sbagliamo?
Di questo, ne parla in The Man, che – come Barbie – è capace di veicolare l’attivismo in maniera semplice e digeribile, seppur con un impatto straordinario sulle nuove generazioni.
Ed è anche per questo che vedere Taylor prendere il suo spazio, fare rumore, finire addirittura sulla copertina del Time di quest’anno, ed essere meravigliosamente umana – con pregi e difetti al seguito – è un apprezzatissimo cambio di paradigma che va ben oltre il girlboss feminism.
È la storia di ogni donna che lotta per elevare la propria condizione come meglio sa farlo, senza mai rigettare la propria femminilità. È la donna che, senza inutili preamboli e senza doversi fare piccola per nessuno, si prende ciò che è suo di diritto. Più dà fastidio, più sta funzionando.
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