Ricordate l’appello sull’ultimo numero di Vogue? La redazione chiedeva al ministro Franceschini di lavorare per far diventare l’Italia una destinazione LGBT friendly a tutti gli effetti.
La risposta è arrivata, per conto di Dorina Bianchi, sottosegretario al Ministero dei beni, attività culturali e turismo. Secondo il sottosegretario, l’apertura del Belpaese nei confronti del turismo LGBT è già nei fatti e non necessita di ulteriori o specifici incentivi, anzi: “Caro Direttore, ho letto con interesse il Suo appello… Trasformare l’Italia in una meta esclusiva del turismo LGBT sarebbe riduttivo rispetto alle nostre potenzialità. La passione per i viaggi accomuna uomini e donne indistintamente dalla loro età, cultura, estrazione sociale e dal loro orientamento sessuale”.
L’offerta turistica italiana, dunque, si rivolge a tutti senza distinzione alcuna: “Puntiamo a diversificarla e a destagionalizzarla, il nostro obiettivo è piuttosto integrare”.
Vogue Italia non ha tardato a far pervenire un’ulteriore replica, scritta dal direttore Emanuele Farneti: “Invitando Lei e il ministro Dario Franceschini a concepire una strategia di attrattiva turistica rivolta ai viaggiatori LGBT (è l’Onu che lo suggerisce, non noi), non intendevamo certo suggerirLe di trasformare l’Italia in una meta esclusiva del turismo gay, come scrive nella Sua risposta. Si tratta di profilare l’offerta, non di incanalarla. È marketing, non buonismo e nemmeno politica”.
É una questione di interesse nazionale, conclude Vogue: “Ci sono in gioco sette miliardi di euro di indotto e un ancor più prezioso arricchimento culturale”.
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I politici non hanno mai lavorato un giorno in vita loro quindi anche questa poverina non ci arriva. Per esempio le coppie gay.sposate straniere con bambini vogliono essere sicure di non essere oggetto di omofobia da parte degli albergatori o altri clienti. Ci vorrebbe una legge anche per questo. Altrimenti vanno in Paesi come Spagma o Francia.