Questo venerdì 25 Marzo si inaugura al Teatro Palladium di Roma, la prima edizione di Orbita: con la direzione artistica di Spellbound Contemporary Ballet – dal 25 Marzo fino al prossimo 21 Maggio – sei appuntamenti per dieci progetti performativi, che portano sul palco artisti emergenti e affermati – provenienti da Argentina, Olanda, Regno Unito, e Italia – e narrare attraverso la stagione della danza identità queer, effetti della pandemia e del colonialismo, violenza domestica, memoria e rielaborazione del trauma, e gli effetti del transumanesimo: ad inaugurare l’edizione c’è Un Poyo Rojo, acclamatissima opera che dal 2008 ad oggi, vanta più di 1400 repliche in oltre 30 paesi, e più di 120 rappresentazioni annuali in tutto il mondo. Nata dalla mente e i corpi dei coreografi, acrobati, e attori Hermes Gaido, Alfonso Baron, e Luciano Rosso, è un’opera che è un’esplosione di libertà espressiva. Ambientato dentro uno spogliatoio, tempio del testosterone e della mascolinità più stereotipata, Un Poyo Rojo racconta il combattimento tra due galli, due uomini che si sfruttano, sfidano, e innamorano. Uno spettacolo esilarante e carico di vita, che ha permesso al regista Hermes Gaido di esplorare le mille possibilità espressive del corpo, connettendo fisico e cuore. L’abbiamo intervistato per scoprirne di più.
Quando avete cominciato a lavorare allo spettacolo e qual è stato l’elemento di questo concept ad attrarvi di più?
Abbiamo iniziato a creare l’opera nel 2008, con Luciano Rosso e Nicolás Poggi. All’inizio l’idea era quella di realizzare un lavoro di danza contemporanea con un linguaggio astratto, ma poi abbiamo deciso di raccontare una storia d’amore basata sul legame che Luciano e Nicolás avevano in quei giorni. Non pensiamo lo spettacolo come uno spettacolo gay ma come uno spettacolo sui sentimenti che riguardano tutti noi, l’attenzione non è sull’omosessualità, non ci interessava parlarne in maniera ideologizzata, è una condizione naturale, per questo al centro dello spettacolo ci sono i sentimenti.
Due uomini che combattono in uno spogliatoio può sembrare quanto di più stereotipicamente maschile ma anche molto gay. Qual è la vostra posizione sulla mascolinità tossica e come si riflette nello spettacolo?
Vediamo l’opera come la storia di un primo bacio, al momento della sua creazione non abbiamo mai pensato se fosse eterosessuale o omosessuale o non binario, ecc. Per il resto, non abbiamo mai nemmeno pensato di ritrarre un legame tossico, la nostra intenzione è sempre stata quella di creare qualcosa che toccasse le fibre universali della seduzione in modo sano. La scelta dello spogliatoio è dovuta a una scena in cui c’è un cambio di vestiti, solo dopo abbiamo realizzato che lo spogliatoio è un vero cliche dei porno gay e lo abbiamo trovato molto sensuale, nel nostro spettacolo non c’è mascolinità tossica.
Com’è stato lavorare con Luciano Rosso e Alfonso Barón? Come avete trovato il giusto equilibrio tra teatro, danza, e performance acrobatica?
Lavorare con Luciano e Alfonso è la cosa più vicina a un sogno, non sono solo attori e ballerini eccezionali, inoltre sono i miei migliori amici. La miscela che c’è nello spettacolo è il frutto della nostra formazione nello sport, nella danza, nel teatro e nella musica, in Argentina noi artisti tendiamo ad allenarci un po’ in modo eclettico e soprattutto lavorando su tutto quello che viene fuori, per questo la commistione dei generi è uscita naturalmente, senza neanche pensarci. In quel periodo ci piaceva molto guardare i video del gruppo DV8 e penso che questo ci abbia influenzato un po’, ma la vera influenza si trova in Charles Chaplin, Buster Keaton e nei vecchi cartoni animati.
Quali emozioni sperate di trasmettere e cosa vorreste lasciare al pubblico con il vostro spettacolo?
Ci auguriamo che il pubblico possa provare tenerezza e identificarsi con le avventure che attraversano i personaggi per realizzare finalmente il loro desiderio di amare senza identità, in termini di linguaggio teatrale il nostro intento è sempre stato quello di profanare il teatro e la danza, insomma pensiamo che a complicare le cose ci pensano già la vita e le clausure.
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