Una chiesa a due velocità: una che, pur con tanti distinguo e ancora molti tabù, tenta di aprire un dialogo con le persone lgbt che vada oltre la condanna e perfino, nei casi più gravi, la negazione perfino del diritto ad esistere, e un’altra più retriva e fondamentalista che non intende schiodarsi da posizioni ostili. E’ il quadro che emerge sempre più di frequente dalle notizie di cronaca degli ultimi mesi, come confermano due fatti recenti.
Il vescovo della cittadina belga di Anversa, in vista del Sinodo sulla famiglia in programma a ottobre, ha inviato una lettera al Vaticano in cui chiede maggior rispetto per le persone omosessuali e per le realtà che le famiglie vivono quotidianamente.
“Come vescovo ho avuto modo di ascoltare molta irritazione da parte delle persone – scrive monsignor Bonny -. Un fratello si arrabbia perché sua sorella si è sposata di nuovo e non può più accostarsi ai sacramenti. Un padre chiede più comprensione per suo figlio omosessuale che si sente rifiutato dalla chiesa. Una nonna non riesce a capire perché il parroco non vuole benedire la relazione tra sua nipote e un uomo divorziato”. “Per queste persone – continua il vescovo -, la solidarietà è un insegno importante della vicinanza di Dio con ogni persona, al di là di quanto accade. La chiesa non può essere carente sul piano dell’accoglienza quando le famiglie danno testimonianza viva di questo spirito di apertura”.
Ed è proprio sull’accoglienza, invece, che un altro esponente della chiesa, questa volta in Irlanda, fa sapere che non c’è spazio per le persone lgbt.
Secondo il vescovo di Galway e Kilmacduagh, Martin Drennan, infatti, non è giusto donare ad associazioni lgbt i fondi previsti per sostenere le persone meno abbienti. A donare quei soldi era stata la Society of Saint Vincent de Paul che li aveva fatti avere all’associazione LGBT Galway per progetti di sostegno a persone emarginate. Ma Drennan non ha sentito ragioni: “ai nostri occhi (l’omosessualità) è un comportamento moralmente sbagliato e non possiamo mettere i fondi al servizio di ciò che noi non crediamo sia moralmente corretto”, ha dichiarato.
Nel 2010, Drennan era rimasto coinvolto nello scandalo della pedofilia nella chiesa e accusato di avere insabbiato i casi di cui era venuto a conoscenza. Con lui, altri alti prelati erano stati chiamati in causa, ma mentre alcuni decisero di dimettersi, Drennan si rifiutò, restando saldamente al suo posto nonostante le pressioni ricevute.