Tre anni fa Jean Pierre Moreno, attivista LGBTQIA+, veniva insultato e picchiato nella stazione metropolitana Valle Aurelia di Roma da uno sconosciuto solo e soltanto perché aveva baciato il suo ragazzo. Dinanzi a quel semplice bacio l’uomo attraversò i binari, gridando loro “non vi vergognate?”, per poi cominciare a tirare calci e pugni. Le immagini dell’aggressione fecero il giro del mondo.
Dopo tre anni è finalmente arrivata la sentenza, con una condanna per lesioni personali, senza alcuna aggravante specifica, ai danni dell’aggressore, chiamato a pagare una multa di 600,00 € più 1000,00 € di risarcimento danni.
A prescindere dall’entità delle sanzioni, che definire lievi è dir poco, il caso dimostra come sia praticamente impossibile in Italia riconoscere e punire l’odio omofobico in quanto tale. Senza una legge specifica contro l’omobotransfobia, bocciata in Senato tra gli applausi della destra, questi sono i risultati.
“La sentenza – dichiara l’Avvocata Martina Colomasi di Rete Lenford – non tiene conto della sproporzione tra il motivo e il reato commesso e non contempla l’aggravante per futili motivi. In assenza di un inquadramento della matrice omofobica tra le fattispecie legate ai reati di istigazione all’odio e alla violenza (ex legge Mancino, 604 bis e ter c.p.), l’aggravante era l’unico modo per ottenere una sentenza che potesse riconoscere almeno in parte la gravità di quanto commesso”.
Immediato anche il commento di Rosario Coco, Presidente di Gaynet, associazione LGBTQIA+ a cui è iscritto Jean Pierre Moreno: “Mentre la nostra classe politica dà sempre più ascolto a chi urla al “gender nelle scuole” ogni volta che si prova a prevenire il bullismo e l’odio omotransfobico, l’Italia resta il Paese in cui l’omofobia, per legge, non esiste, nonostante ne venga colpita una persona ogni due giorni e più di 6 persone LGBTI su 10 in Italia hanno paura di tenere persi per mano pubblicamente quando sono in coppia (dati FRA)”. “Inoltre questo caso sconfessa definitivamente anche il mantra del ‘le leggi ci sono già’, perché non è stata riconosciuta nemmeno l’aggravante per futili motivi. In attesa delle motivazioni della sentenza, è ormai chiaro che un caso di violenza omofobica di risonanza planetaria, è stato trattato come una banale lite per un parcheggio e sanzionato come un eccesso di velocità”.
“La battaglia delle realtà associative – ha dichiarato Vincenzo Miri, Presidente Rete Lenford – per una giusta legge contro i crimini d’odio omolesbobitransfobici proseguirà fino a quando, come ormai in tutta l’Europa occidentale, anche il nostro sistema giuridico riconoscerà l’orientamento sessuale e l’identità di genere quali caratteristiche essenziali della persona e possibili moventi di istigazione all’odio e alla violenza, così come avviene per etnia, nazionalità e religione”.
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