“La Bocca del Lupo” divora il teddy Award di Berlino

L’unico italiano premiato alla Berlinale è l’ispirato “La bocca del lupo” di Pietro Marcello, miglior doc glbt e premio Caligari. Standing ovation per Werner Schroeter. L’Orso d’Oro va al turco "Bal"

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Per la prima volta nella storia del Teddy Award, il prestigioso premio glbt del Festival di Berlino arrivato alla 24esima edizione, un riconoscimento va a un italiano: il mirabile poema visivo intergenere “La bocca del lupo” di Pietro Marcello, uscito nelle sale italiane venerdì scorso grazie a Bim Distribuzione, vince come miglior doc e si aggiudica anche il Caligari riservato ai film del Forum (è tra l’altro l’unico titolo nostrano premiato alla Berlinale quest’anno). È stato scelto per la “costruzione poetica di uno spazio geografico e personale e per aver spostato i confini del documentario tradizionale. Una bella riflessione sull’amore che sopravvive  al passare del tempo”.  Il regista, alla consegna del premio, ha detto che avrebbe portato il prezioso orsacchiotto ai protagonisti del film, la trans Mary e l’ex carcerato Enzo.

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Come da previsioni, l’applaudito lungometraggio “The kids are alright” di Lisa Cholodenko su una coppia lesbica con prole a caccia del padre naturale trionfa come miglior film per “lo sguardo colmo di humor sul tema d’attualità della genitorialità lesbica, la complessità della sessualità, delle relazioni e dei legami famigliari”. Uscirà in Italia distribuito dalla sempre avveduta Lucky Red. Alla giuria è comunque piaciuta anche la commedia queer “Mine vaganti” di Ozpetek, scelta nella terna finalista insieme a “Howl” di Epstein e Friedman, il cui protagonista James Franco si è visto premiare per il suo esordio di regista in “The feast of Stephen”, un cortometraggio di quattro minuti sulle fantasie sessuali di un adolescente minacciato da coetanei omofobi. 

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Il transgender “Open" di Jake Yuzna si è infine aggiudicato il premio della Giuria mentre i lettori della Siegessaeule hanno segnalato lo choccante “Postcard to daddy” di Michael Stock in cui il regista rivela gli abusi sessuali subiti in gioventù dal padre.
Una standing ovation ha accolto il sessantacinquenne Werner Schroeter, “uno dei grandi della cultura gay nel movimento di emancipazione postbellico, autore di immagini esteticamente rivoluzionarie”, come l’ha definito la Fondazione del Teddy. Un commosso Rosa Von Praunheim gli ha consegnato il Teddy Award alla carriera mentre il pubblico lo travolgeva di applausi. 

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Se il lupo di Marcello ‘divora’ i premi laterali, l’Orso ‘ufficiale’ è attratto dal “Miele” del regista turco Semih Kaplanoglu che si aggiudica con “Bal” (appunto, ‘miele’) il Golden Bear come miglior film, un bucolico racconto di formazione – è il terzo capitolo di una trilogia composta anche da “Uovo” e “Latte” – sul percorso educativo di un bambino di sei anni, Yusuf, figlio di un apicoltore nei fitti boschi a est del Mar Nero. Roman Polanski non ha invece potuto ritirare il suo Orso d’Argento come miglior regista per il thriller “The Ghost Writer”con Ewan McGregor e Pierce Brosnan (da noi uscirà il 9 aprile col titolo “L’uomo nell’ombra”) poiché si trova agli arresti domiciliari nel suo chalet svizzero di Gstaad per una vicenda di stupro risalente al 1977 .

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La coppia maschile più applaudita è stata quella composta dagli avvenenti attori russi Grigori Dobrygin e Sergei Puskepalis, premiati ex-aequo per l’interpretazione in “How I ended this summer” di Alexei Popogrebsky in cui si fronteggiano isolati in una sperduta stazione meteorologica nell’Artico. Non era presente invece la migliore attrice Shinobu Terajima che nel drammatico “Caterpillar” di Koji Wakamatsu si trova il marito di ritorno dalla guerra ridotto a un torso senza gambe né braccia.

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