Dopo otto anni di governo, Nicola Sturgeon, 52enne premier scozzese, ha ieri annunciato le sue dimissioni. Un fulmine a ciel sereno che la stessa Sturgeon ha voluto motivare nel corso di un’affollata conferenza stampa.
“Nella mia testa e nel mio cuore so che è arrivato il momento, che è il momento giusto per me, per il mio partito e per il paese, e annuncio quindi oggi la mia intenzione di dimettermi da Primo ministro e leader del mio partito”.
Esattamente come la dimissionaria premier neozelandese Jacinda Ardern, che poche settimane fa ha annunciato il suo addio alla politica perché “esausta“, anche Sturgeon ha candidamente parlato di necessità private, famigliari, del non poter banalmente prendersi un caffè con suo marito in un qualunque bar. “Sono un essere umano oltre che un politico”, ha precisato Nicola, sottolineando di aver potuto vivere per otto anni “il lavoro più bello del mondo“. Ma evidentemente anche uno dei più stressanti.
Sturgeon ha smentito i rumor circolati poco dopo il suo annuncio, legati ad un’eventuale rottura dopo alcune decisioni politiche prese negli ultimi mesi, parlando di una decisione maturata da tempo. Fino a quando il suo partito non deciderà il suo successore rimarrà premier.
La recente legge sull’autodeterminazione di genere ha sancito una storica rottura con il governo del Regno Unito, che ha per la prima volta impugnato quanto deciso dal governo scozzese, ma Sturgeon, a domanda precisa se fosse stato proprio questo a far traboccare il vaso, ha negato, per poi definirsi “una voce per l’inclusione, l’uguaglianza, i diritti umani e la dignità. Sono stata e sarò sempre una femminista. Combatterò per i diritti delle donne e mi opporrò a chi minaccia i diritti delle donne ogni giorno che avrò fiato in corpo. Ma difenderò anche qualsiasi gruppo stigmatizzato, discriminato, emarginato e vulnerabile nella società”.
E ha insistito: “Chiamatemi ottimista, ma credo che queste cose debbano, in qualsiasi società progressista, liberale e inclusiva, trovare il modo di coesistere. Qualunque sia il ruolo che svolgerà in politica nel prossimo futuro, cercherò sempre di fare tutto il possibile per trasformarlo in realtà”.
Il governo scozzese, che vuole anche vietare le terapie di conversione, ha detto sì all’autodeterminazione transgender a fine dicembre del 2022. Una legge che semplifica il processo per cambiare genere da un punto di vista legale, abbassando l’età in cui le persone possono richiedere un certificato di riconoscimento di genere (GRC) – un documento legale che conferma un cambiamento di genere – da 18 a 16 anni. La legge elimina anche la necessità di una diagnosi medica di disforia di genere, con i richiedenti che dovranno aver vissuto il sesso acquisito per tre mesi anziché due anni – o sei mesi se hanno 16 o 17 anni.
Il governo del Regno Unito ha bloccato la legge scozzese, perché a loro dire in conflitto con la tutela all’uguaglianza in vigore in tutta la Gran Bretagna. È la prima volta che una legge scozzese viene bloccata perché in contrasto con una legge del Regno Unito. Nicola Sturgeon, sconcertata da simile decisione, l’aveva definito un “attacco frontale” al parlamento scozzese, annunciando una dura opposizione. Il dibattito si è poi riaperto a fine gennaio quando una donna trans è stata accusata di aver stuprato un’altra donna in un carcere femminile.
Le associazioni LGBTQI+ britanniche hanno ringraziato Sturgeon per i suoi otto anni di governo, definendola “un’alleata” nonché un esempio per i leader di tutto il mondo. Ora c’è preoccupazione per chi ne prenderà il posto, temendo che chiunque essə sia potrebbe abbandonare la strada dei diritti delle persone transgender, onde evitare lo scontro frontale con il governo del Regno Unito.
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