‘Il coming out è solo il primo step’, la storia di Andrea e suo figlio trans Alexein

Continua la nostra serie sulle testimonianze di genitori di persone LGBTQIA+

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Andrea ha sempre percepito la difficoltà di suo figlio Alexein.

A dodici anni per lui la scuola è un inferno: lo segue uno psicologo, per curare una depressione che lo porta a fare moltissime assenze. Così, per quanto giustificate dal medico, i professori vorrebbero bocciarlo. Inoltre i compagni gli fanno bullismo, e nonostante gli verrà diagnosticato un disturbo dell’apprendimento, Alexein riesce a superare l’esame di fine anno.

A quindici anni tenta il suicidio. Lo ricoverano presso il Reparto Psichiatria di Lodi e successivamente presso la clinica privata dell’Ospedale Mondino a Pavia. “Andavo a trovarlo ogni giorno” racconta Andrea “Non perché volesse vedermi, ma perché sentiva il bisogno della mia presenza”.

Da lì in poi, il coming out arriva per tappe.

 

Dapprima dice a sua madre che le piacciono le ragazze, ma Andrea già aveva percepito alle medie la confusione di Alexein circa la propria identità: “Ho sempre usato un linguaggio inclusivo, dicendogli  che poteva invitare qualche amico o amica a casa, senza chiuderlo in un contesto eteronormativo” ci racconta “Parlavo di ciò in modo spontaneo quando l’argomento lo permetteva. Non volevo mettergli pressione per il coming out, e quindi cercavo di essere indiretta.”

Dopo una settimana, Alexein dice a sua madre di essere una persona non binaria. A volte si sente maschio, altre femmina, e preferirebbe usare un altro nome. All’epoca Andrea non sa nemmeno cosa significhi essere non binariə. Ma spiega che va tutto bene, che l’importante è restare vicinə, risolvere quella depressione e tornare a casa.

Finché il 31 Ottobre del 2018, la notte di Halloween, Alexein ha qualcos’altro da dirle: è un ragazzo transgender.

Io non sapevo cosa pensare, ma ho capito che qualunque cosa avessi detto in quel momento avrebbe determinato il nostro rapporto” racconta a Gay.it “Non ricordo nemmeno cosa ho risposto, fu qualcosa come: sei sempre mio figlio e lo affronteremo insieme. Ero molto consapevole dell’importanza delle mie parole: dovevo essere accogliente”.

Dopo il coming out segue un periodo travolgente, dove cambiano anche le priorità.

Andrea si prende un congedo da lavoro, e dedica il suo tempo a cercare un nuovo psicologo e mettersi in contatto con la NPI del territorio: “Il mio lavoro era di studiare, cercare, chiamare e scrivere infiniti email finché trovavo le soluzioni più adatte per lui” racconta “C’erano tanti aspetti in ballo: la richiesta del 104, la ricerca di un centro diurno, tanti appuntamenti e colloqui.  Era tutto burocratico, ma il coming out almeno ha risolto i dubbi. Ci ha dato più certezza e permesso di risolvere tutto questo con serenità“.

Inoltre a 15 anni, per Alexein la scuola è ancora obbligatoria. Ma grazie ad una psicologa, riescono a mettersi in contatto con la scuola di recupero Saletti, dove Alexein passa dal liceo classico al corso di scienze umane, riesce a preparare i crediti del 1° e 2° anno, e soprattutto a re-inserirsi nel contesto sociale, conoscendo altri ragazzi trans che sono tuttora grandi amici. Dopo aver superato gli esami di recupero in sei mesi, viene ammesso al 3° anno ad un liceo pubblico.

Ma il percorso di transizione segue un iter che sembra infinito: una richiesta all’Ospedale Niguarda nel 2018, un primo appuntamento fissato per il 2019, e l’inizio del percorso psicologico solo nel Febbraio 2020, con lo scoppio del Covid che rallenta ancora di più i tempi.

Alexein e sua madre Andrea
Alexein e sua madre Andrea

L’aiuto di Arcigay e Agedo Milano è fondamentale per entrambə: Alexein scopre un ambiente fatto di ragazzə come lui, dove sentirsi meno solo e prendere sempre più coraggio e sicurezza (su tuttə, ricorda l’incontro con Gianmarco Negri, primo sindaco italiano transgender). Andrea si interfaccia con una realtà dove imparare, chiedere, e conoscere senza giudizio. All’epoca non c’erano così tantə genitori di figli transgender, ma nel giro di cinque anni sono aumentati gli incontri e i punti di riferimento.

Fuori dai safe space, per evitare coming out forzati, è lei a dire alle persone che suo figlio si chiama Alexein e utilizza pronomi maschili. “Era il mio modo di preparare il campo” ci racconta. “Ricordo una seduta dal dentista. Quando dissi che preferisce essere chiamato Alexein, il dentista ci chiese perché. Ci guardammo nel panico, perché non sapevamo come affrontare la domanda. Ma poi è stato proprio Alexein a chiarire: perché sono un ragazzo transgender”.

Tra le mura scolastiche i professori si mostrano subito disponibili a chiamarlo con i pronomi e il nome scelto. Tuttavia, la mancanza di un regolamento non garantisce mai piena sicurezza: “Aveva l’ansia di incontrare i supplenti, perché l’avrebbero chiamato con il suo nome anagrafico, e sul registro elettronico rimaneva sempre il suo deadname. È un sistema ancora da perfezionare”.  (leggi qui le ultime notizie su carriera alias)

Dopo aver cambiato tre istituti, Alexein, a 18 anni, si iscrive all’Istituto Paolo Frisi, ed è proprio un professore a consigliargli di fare domanda per le carriere alias. Una battaglia che ha voluto combattere silenziosamente, senza attirare troppo l’attenzione su di sé (proprio in questi giorni Fratelli d’Italia ha preso di mira le carriere alias con una mozione ‘transfobica senza precedenti’, a cui Agedo ha risposto, insieme a studentə e altre associazioni con un presidio lo scorso lunedì 11 Settembre).

Nel giro di qualche mese Alexein recupera gli esami persi e riesce a diplomarsi con 100 alla maturità.

Oggi Andrea è un’attivista di Agedo, ha fatto corsi di formazione per accogliere genitori che partecipano agli incontri dell’associazione Agedo, portando la sua testimonianza come madre di un ragazzo trans nelle aziende durante le loro iniziative di diversità ed inclusione. Ma lei si è sempre battuta per le ingiustizie: anni prima del coming out di suo figlio, rispondeva ai commenti omofobi dei colleghi, destabilizzandoli e invitandoli a leggere di più. “Mi ha sempre fatto soffrire sentire robe del genere. Anche senza fare parte della comunità LGBTQIA+ o prima del coming out” ci dice.

Questa estate Alexein ha fatto la mastectomia in Spagna (in Italia avrebbe dovuto aspettare la sentenza del tribunale e non sarebbe stato possibile). L’ha voluto fare subito a Luglio, dopo la maturità. Per stare bene nel modo più veloce possibile. Fino a due anni fa, si è dedicato anche a svariati spettacoli di stand up comedy in diversi locali di Milano, riuscendo a raccontare la transizione al pubblico, con ironia e vulnerabilità.

Andrea mi dice che le cose vanno meglio, tra alti e bassi.

Ci sono giorni dove sta bene, giorni dove non vuole guardarsi allo specchio o alzarsi dal letto. Con i pensieri negativi ci lotta ogni giorno, ma sta imparando a non ascoltarli. Ci convive. A volte è più facile, altre meno. “La disforia è debilitante, crea ansia e depressione, e ogni decisione richiede un’energia mentale incredibile” racconta Andrea, specificando che non vuole dare una brutta visione di questa esperienza, ma solo realistica.

Quando racconta la sua storia, Andrea consiglia ai genitori di avere pazienza perché: “Il coming out è solo il primo passo di un percorso più lungo“.

Invita ad ascoltare i figli e non trattare quello che vivono come ‘una fase passeggera’. A partecipare agli incontri e seguire associazioni come Agedo, perché anche ai genitori come ai figli, servono indicazioni su come muoversi e sentirsi meno solə. Nella sicurezza di un contesto che sappia accoglierli, qualunque siano le loro paure.

Ci ricorda: “Rispettate i vostri e i loro tempi”.

 

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