Si è spento a 91 anni Aldo Braibanti, artista, poeta e scrittore piacentino. Negli anni ’60 divenne famoso per l’accusa di plagio rivoltagli da parte di Giovanni Sanfratello, giovane 19enne piacentino che aveva seguito Braibanti, con cui aveva una relazione, quando questi si trasferì a Roma, prima del 1968.
Secondo Sanfratello, Braibanti, omosessuale dichiarato, aveva “sottomesso” alla sua volontà il giovane figlio, plagiandolo e imponendogli il suo stile di vita. Braibanti fu condannato per plagio, reato previsto dal codice penale fascista, allora ancora in vigore. “Il giovane Sanfratello – dichiarò il pubblico ministero durante il processo – era un malato, e la sua malattia aveva un nome: Aldo Braibanti, signori della Corte! Quando appare lui tutto è buio”. Il “caso Braibanti” è diventato famoso come il primo e unico di condanna per plagio.
“Fu in verità uno strumento per colpire la relazione omosessuale di Braibanti e affermare con violenza un conservatorismo bieco – si legge in una nota del Circolo Mario Mieli -. La risposta del mondo della cultura italiana e internazionale fu corale e contribuì ad alimentare nel paese il dibattito, ma non evitò a Braibanti la dura condanna a nove anni, poi ridotta in appello a sei”: Braibanti scontò solo due anni in quanto riconosciuto come partigiano antifascista. “Braibanti era un intellettuale gentile che subì le purghe di Stato per essere omosessuale – ha commentato Franco Grillini, presidente di GayNet -. Quel processo rappresenta una pagina vergognosa sulla condizione degli omosessuali nell’Italia democristiana”.
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