É morta, all’età di novant’anni, Monica Vitti.
Da tempo affetta dal morbo di Parkinson, l’attrice era assente dalle scene dal 2001, quando fu premiata al Quirinale per i David di Donatello.
A comunicarlo è Walter Veltroni sui social: “Roberto Russo, il suo compagno di questi anni, mi chiede di comunicare che Monica Vitti non c’è più. Lo faccio con grande dolore, affetto, e rimpianto”.
All’anagrafe si chiamava Maria Luisa Ceciarelli, ma su consiglio del maestro Silvio D’Amico, decise di cambiarlo in Monica Vitti (Vitti come la madre Vittiglia, e Monica perché l’aveva letto in un libro e le piaceva).
Nata a Roma il 3 Novembre del 1931, era l’icona del cinema italiano: ha lavorato con i nomi più importanti del grande schermo, dalla “tetralogia dell’incomunicabilità”(L’avventura, L’Eclisse, La Notte) di Michelangelo Antonioni ai grandi classici della commedia italiana con Ettore Scola, Monicelli, affiancata da attori come Marcello Mastroianni, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, e Vittorio Gassman.
Nell’arco della sua carriera si perde il conto dei riconoscimenti che ricevuto: 5 David di Donatello, 3 Nastri d’Argento, 12 Golden Globes, un Ciak d’Oro alla carriera, un Leone d’Oro alla carriera, un’Orso d’Argento, una Concha de Plata a San Sebastián e una candidatura al premio BAFTA.
Lei era Claudia che si perde tra le rocce delle Isole Eolie, contemplando il nulla esistenziale.
Adelaide che vende i fiori al Parco del Verano, contesa tra Mastroianni e Giannini.
Giuliana a cui “fanno male i capelli, gli occhi, la gola, la bocca”.
Era “la ragazza con la pistola” che arrivava fino a Londra per farla pagare all’uomo che l’aveva disonorata.
Era mille donne diverse, che ridevano e piangevano in equa misura, con il magnetismo di chi non può distinguere mestiere e vita, ma ne fa un tutt’uno. “Non è un lavoro che non fa parte della mia vita” diceva: “Ogni cosa che io vivo è una cosa che utilizzo, è tutto mescolato.”
Dicevano si fosse ritirata in una clinica in svizzera, ma il compagno Roberto Russo racconta che è sempre stata nella sua casa a Roma. Insieme a lui dialogava con gli occhi, che nella sua carriera hanno sempre saputo comunicare l’indicibile.
Monica, come i suoi personaggi, celebrava il bello del dolce-amaro, l’incertezza dell’esistenza, il saper stare da sole.
Una diva che riusciva non prendersi sul serio e non reclamava di sapere tutto, in grado di accompagnarci nella sua complessità con garbo e autoironia, dentro e fuori lo schermo.
“Che cos’è una persona? E chi lo sa.” rispondeva: “Se l’avete trovato voi poi me lo raccontate. Mi mandate un biglietto a casa e mi dite: sai Monica tu sei fatta così. Poi magari non lo leggo nemmeno perché non lo voglio mica sapere come sono fatta.”
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