Amelia, la cameriera che ammalia. Conquisterà anche voi questo piccolo scricciolo d’oltr’Alpe dagli occhioni scuri grandi e lucenti, il caschetto nero con frangetta compatta, il sorriso un po’ intimorito: sta per arrivare in Italia con insostenibile ritardo, più precisamente il 25 gennaio, il film francese dei record, ‘Il favoloso destino di Amélie Poulain‘ (ma la versione italiana titolerà ‘Il favoloso mondo di Amélie‘) di Jean-Pierre Jeunet, regista di ‘Delikatessen‘ e ‘Alien 4‘.
Più di 8 milioni di spettatori in patria, massimo incasso per un film francese all’estero (e negli Usa secondo in termini assoluti dopo ‘La vita è bella‘), sfracelli in Gran Bretagna, Giappone, Corea, Canada; anche la critica sorride e piovono premi ovunque: César, EFA come miglior film europeo, candidatura ai Golden Globe e ormai quasi certa all’Oscar. Ma chi è Amélie Poulain (‘poulain’ significa ‘puledra’), responsabile imprevista di cotanto successo? Innanzitutto la sua interprete, la delicata e quasi inedita Audrey Tautou, ventitreenne di Beaumont capace di scavalcare una diva come Emily Watson per la quale era stato scritto il ruolo, segnalata da un César come miglior attrice esordiente nella bella commedia inedita in Italia ‘Venus Beauté’ e ora richiestissima e lanciata a livello internazionale (è nel cast di ‘Dirty Pretty Things‘ di Stephen Frears). Il suo alter ego cinematografico Amèlie è invece la timida cameriera del Café des 2 Moulins di Montmartre capace di scrivere i menù sui vetri al contrario, dall’infanzia inquieta e solitaria, convinta di essere la causa delle disgrazie altrui (la madre è morta sul sagrato di Notre-Dame grottescamente investita dal corpo di una donna suicida mentre col padre non ha alcun contatto fisico) che si propone di fare del bene agli altri (tutti i personaggi del film hanno perso qualcosa o qualcuno) facendo ritrovare il senso delle cose con elaborati stratagemmi: tutto inizia la fatidica notte del 30 agosto 1997 in cui Lady Diana morì a Parigi, quando Amélie scopre per caso, nascosta da una mattonella, una scatola piena di ricordi di un ex-inquilino dell’appartamento.
E’ l’inizio di una girandola di avvenimenti a catena che le faranno conoscere Nino Quincampoix (Mathieu Kassovitz), bizzarro e disturbato commesso di un pornoshop impiegato come scheletro figurante nei trenini al luna-park, collezionatore di fototessere malriuscite e proprietario di un affezionatissimo album smarrito che li farà innamorare.
Romanticismo sfrenato, la riscoperta del realismo magico in chiave tecno-retrò (effetti speciali che fanno liquefare Amélie quando sviene e le illuminano il cuore quando si emoziona), tante piccole idee geniali intrecciate tra loro e disseminate in una storia dal ritmo velocissimo e accumulatorio che ricorda gli splendidi libri enciclopedico-combinatori di Georges Perec (il conto degli orgasmi dei parigini ad una determinata ora, un nanetto da giardino viaggiatore per il mondo, le piccole cose che fanno star meglio Amélie, come immergere una mano in un sacco di legumi o far rimbalzare un sasso in un ruscello) ma senza quel buonismo melassoso che ha fatto la disgrazia di tanto cinema contemporaneo americano (Amélie sa essere anche cattivissima quando perseguita il perfido droghiere Collignon facendogli dispetti fino a farlo impazzire) e una sfrenata voglia di fantasia, buon umore, divertimento infantile e liberatorio. E sicuramente il bisogno di positività, di bontà, di un inevitabile happy end che sa essere commovente (dopotutto chi non spera ancora che nella società degli iperconsumi minata da mille tragedie far del bene faccia star meglio che spendere soldi?) ha contribuito non poco al successo meritato di un piccolo grande film francese.
Sarà anche perché i francesi hanno imparato a valorizzare l’industria cinematografica nazionale col 46% del mercato, ben 190 milioni di spettatori nel 2001 e un incremento del 14% rispetto all’anno precedente; a esportare l’immagine vincente di una forte identità nazionale garantita in Amélie dalla rappresentazione di un Montmartre da fiaba con colori vivi e acidissimi, mille personaggi buffi e impacciati che fanno fatica a sorridere tra i labirintici viottoli e i microscopici negozi alle spalle del Sacre-Coeur mentre imperversano le trascinanti fisarmoniche di Yann Tiersen che una volta ascoltate non ti lasciano più.
E se sentirai il bisogno di circondarti di poster, cartonati, persino il mitico coffret di latta come quello del film col volto rassicurante di Audrey Tautou (è tra i gadget acquistabili in Francia), non ti preoccupare: Amélie sarà sempre nel tuo cuore.
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