CIAO SILVIO. (ANALISI DI UN VOTO)

La parte laica del Parlamento è in minoranza. L'Unione ha davanti un futuro di scarsa governabilità. Menomale che nel programma qualche promessa per noi c'è.

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Hanno arrestato Provenzano, il capo della mafia: nel cielo plumbeo di questa giornata, è forse questa l’unica vera nota di colore di oggi, insieme allo splendido violetto della camicia che ieri sera Vladimir Luxuria – uno dei pochi trionfatori di questa campagna elettorale – indossava ospite di Enrico Mentana.
Per il resto, la situazione è assolutamente desolante.
Il paese esce lacerato, diviso, spaccato in due da una campagna elettorale in cui nessuna delle grandi questioni irrisolte del nostro paese (lo sviluppo economico, la ricerca, la formazione, le infrastrutture, per dirne solo alcune) sono state seriamente affrontate ma, anzi, in cui si è ragionato dei metodi di bollitura dei bambini e di parti anatomiche così care alla nostra comunità. 25.000 cittadini italiani, una piccola cittadina di provincia, fanno la differenza tra centro-sinistra e centro-destra e la maggioranza che il centro-sinistra ha alla Camera e ancor più al Senato è risicatissima, sul filo del rasoio. Governare sarà difficilissimo, una agonia quotidiana ed è questa la vera mela avvelenata che Berlusconi ha lasciato al centro-sinistra: vincerete, ma governare sarà più lacerante che stare cinque anni all’opposizione.
Dal punto di vista degli interessi della comunità glbt, non ne parliamo. Alla desolazione generale, per quel che riguarda i nostri temi si sostituisce la disperazione.
Ecco qualche dato. I partiti laici in questo paese non superano il 35% dei voti al Senato e il 36% alla Camera. In termini di seggi, 105 senatori su 315 soltanto sono sicuri dal punto di vista laico e 252 deputati su 618: stiamo quindi parlando del 33% dei membri del Senato e del 40% dei membri della Camera. La Rosa nel Pugno, partito verso il quale si sono rivolti tantissimi gay, non ha neppure sfondato il tetto del 2,5% ed addirittura al Senato sembra non essere riuscita a conquistare nemmeno un senatore, a causa dello sbarramento di questa pessima legge elettorale. Al Senato, il nostro “amico” Mastella sarà determinante coi suoi tre seggi.
Con questi dati qualche riflessione è d’obbligo. Anzi, una riflessione è doverosa
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Con questi dati qualche riflessione è d’obbligo. Anzi, una riflessione è doverosa: grazie al cielo che nel programma dell’Unione sono presenti quelle quattro righe dedicate alle coppie gay e così criticate, altrimenti sì che sarebbe stata una vera e propria debacle dal punto di vista glbt. Se non avessimo avuto quel “minimo garantito” di cui vi parlavo nel mio editoriale di venerdì scorso, probabilmente non ci sarebbe rimasta che la certezza assoluta di dover aspettare altri cinque anni per vedere un pur minima conquista legislativa da parte della nostra comunità.
Ma questo ci conduce anche ad un’altra riflessione: quanti danni hanno fatto in questi mesi quelle sirene che sapevano solo urlare proprio contro quel “minimo garantito” cui oggi ci aggrappiamo con disperazione? Cosa ci diranno oggi i Lo Giudice o i Dall’Orto, massimalisti dell’ultima ora, che tuonavano contro una Unione – tutti i partiti, fuorchè la Rosa nel Pugno – che secondo loro li aveva traditi non includendo i PACS nel programma di governo? Che effetto fa oggi ripensare alle contestazioni del Cassero bolognese a Romano Prodi o rileggere il comunicato stampa – tra i tanti emessi in queste settimane – dell’Arcigay di Milano, che ancora venerdì invitava a non votare neppure per quei Democratici di Sinistra che proprio in Lombardia candidavano l’uomo simbolo della battaglia per il riconoscimento delle coppie gay, Franco Grillini? Quante tutte queste pressioni negative hanno di nuovo allontanato parte del mondo gay e lesbico dall’unica parte politica che, anche se in modo non così forte come avremmo voluto, ci garantiva qualcosa già nel suo programma di governo?
Arcigay in particolare, in questa vicenda, ha una enorme responsabilità. Come ebbi già modo di dire, in quei giorni di febbraio, quando la Rosa nel Pugno abbandonò il tavolo in cui si stava decidendo il testo del programma dell’Unione per poi firmarne la versione definitiva, Arcigay sbagliò completamente tattica, scegliendo una strada massimalista che non è stata mai parte della sua cultura: anzichè rilevare che il bicchiere era mezzo pieno e che quelle quattro righe rappresentavano una garanzia che, comunque fosse andata, il governo di centro-sinistra avrebbe realizzato, la strada scelta fu l’opposta, e cioè quella di iniziare un corpo a corpo impossibile contro uno schieramento che si apprestava a fare una campagna elettorale difficilissima e contro dei partiti politici con cui la stessa Arcigay aveva fino a quel momento avuto rapporti di fortissima collaborazione, Rifondazione, Verdi e DS in testa. Che fosse stato il massimalismo radicale a vincere dentro Arcigay fu così chiaro a tutti in quei giorni e fu confermato un mese dopo, quando il Parlamentino dell’associazione pensò bene di modificare ulteriormente linea politica, iniziando improvvisamente a parlare non più di PACS ma di “piena uguaglianza giuridica” delle coppie glbt. Traduzione: visto che qui non ci danno neppure il PACS, noi pensiamo bene di chiedere addirittura il matrimonio. La vittoria a tavolino della strategia politica, insomma. Un’opzione ovviamente condivisibilissima in linea di principio, ma assolutamente fuori dalla realtà per un paese che, lo ripeto, esce dalle urne con un numero di membri del Parlamento sicuri dal punto di vista laico non superiori al 40%. Una linea politica da marziani, insomma, del cui fallimento gli artefici principali dovrebbero prendere atto, rassegnando le dimissioni.
La pagina che si apre, nella politica italiana, con la vittoria risicatissima del centro-sinistra è già di per sè difficile. Dal nostro punto di vista, si tratta però di capire se il movimento glbt saprà finalmente mettersi in sintonia con le aspettative reali delle tante, troppe coppie glbt che aspettano un riconoscimento, abbandonando ogni troppo facile strada massimalista e cercando di portare risultati reali e concreti a casa. A guidare questo processo ci saranno tre, forse quattro, splendidi “nostri” deputati: Vladimir Luxuria, Franco Grillini, Titti De Simone e, lo speriamo con tutto il cuore, quel Giampaolo Silvestri che diventerà senatore se i Verdi lo vorranno, grazie al gioco delle opzioni. A loro va il nostro personale augurio di buon lavoro per una legislatura che si preannuncia difficile e dalla quale molti di noi si aspettano ben più che qualche striminzita riga di programma.
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