I suoi nudi naturali, disinvolti e burrosi, hanno fatto sognare intere generazioni di omosessuali (soprattutto i diciottenni del ’68, loro sì che apprezzavano!). Il suo fisico perfetto, definito ma non gonfiato, così maschile – modi spicci e profilo netto – ma anche così soavemente femminile – che dolcezza in quello sguardo, nel morbido capello fluente – è stato il nostro ‘The Body’, il vero sdoganatore del nudo maschile frontale che esibiva con serena disponibilità, ma soprattutto uno dei sexyback più rigogliosi e memorabili nella storia del cinema gay (che non a caso apre Trash in primo piano celando un blowjob e in Flesh giace nudo durante il sonno accidioso del protagonista per poi rivedersi nature per quasi tutto il film).
Stiamo parlando del leggendario Joe Dallesandro, classe ’48, vera superstar warholiana, ‘corpo assoluto’ del cinema di Paul Morrissey, quell’indelebile marchio di fabbrica tatuato sul bicipite destro (è lui il “Little Joe” della canzone Walk on the wild side di Lou Reed), massima icona bisex – queste sì che sono icone – ospite nel ruolo di presidente della giuria lungometraggi all’imperdibile 22° Festival Gay di Torino Da Sodoma a Hollywood (19-26 aprile) diretto dal tenace Giovanni Minerba.
Rivedere oggi la celebre trilogia Flesh, Trash e Heat di Paul Morrissey, un vero e proprio monumento artigianale al fascino incasellabile di Joe Dallesandro, dà sensazioni contrastanti: saranno anche un po’ datati, ok, ma quella libertà espressiva da home movie d’autore, quella schietta scioltezza nei dialoghi (ricordiamo che il doppiaggio di Trash – i rifiuti di New York fu curato da Pier Paolo Pasolini e di Flesh da Alberto Arbasino) fanno rimpiangere quella spensieratezza svagata di fine anni ’60, tra marchette sbadate e gioiosa promiscuità, quando si comunicava più col sesso che con i soldi.
E poi c’è quell’erotismo sottile, quel brivido…
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E poi c’è quell’erotismo sottile, quel brivido da risveglio dei sensi casalingo che l’hard massiccio di questi tempi ha inevitabilmente narcotizzato, ma anche quell’ironia beffarda (che cosa c’è di più camp di una grinzosa Sylvia Miles che s’accoppia con Dallesandro sul divano mentre lui le sbatte in faccia i capelli lunghi?). E poi quel look unico diventato di riferimento per i tardohippy americani: fascia intorno alle tempie, jeans sdruciti o short sportivi, droga come se piovesse (l’iniezione endovena commentata in primo piano fa ancora il suo effetto).
Al festival potremo rivederlo proprio nel ruolo di ‘Little Joe’ nell’insolito western queer Lonesome Cowboys di Andy Warhol, festeggiato nel ventesimo anniversario della morte anche con My Hustler e Chelsea Girls.
L’altro atteso ospite a cui è dedicata una ricca retrospettiva, il grande regista sperimentale Kenneth Anger, purtroppo non potrà essere presente per seri motivi di salute.
Sarà invece l’anno della possibile riscossa del cinema gay italiano, con ben due titoli in concorso, Schopenhauer di Giovanni Maderna su un anziano scrittore avvolto dal mistero e Riparo di Marco Simon Puccioni, dramma lesbico con Maria De Medeiros già apprezzato a Berlino. La superfriendly Luciana Littizzetto apparirà nel dramma fuori concorso Cover Boy … L’ultima rivoluzione di Carmine Amoroso: «un ruolo piccolo piccolo, sarò la vicina di casa del protagonista straniero. Se gli impegni me lo consentiranno, verrò volentieri al Festival Gay a presentare il film». Tra gli special screenings, Lino Banfi presenterà Un difetto di famiglia di Alberto Simone e l’edizione in dvd de Il padre delle spose.
Tornando al concorso, oltre ai già annunciati Tuli del talentuoso Aureaeus Solito vincitore nel 2006 con The Blossoming of Maximo Oliveros, The Bubble di Eytan Fox e il Teddy taiwanese Spider Lilies di Zero Chou, potremo vedere i francesi Chacun sa nuit di Pascal Arnold e Jean-Marc Barr e L’homme de sa vie di Zabou Breitmann.
Si apre con leggerezza grazie alla commedia balneare francese Crustacés et coquillages di Olivier Ducastel e Jacques Martineau con Valeria Bruni Tedeschi ma non mancherà l’anima nera dell’eros più torbido (sì ragazzi, quest’anno si gioca duro) con gli omaggi al performer hard Ron Athey e all’artista fetish Franko B. – ma attenzione, lui rifugge questa definizione – che farà il deejay durante la festa più spinta
della manifestazione, XtremeLove3. Possibile sorprese fuori concorso il surreale Brand Upon the Brain! di Guy Maddin con la voce narrante di Isabella Rossellini, la commedia horror-camp francese Poltergay di Eric Lavaine, il lesbopunk Itty Bitty Titty Committee e il bisex Puccini for Beginners che decreta il ritorno alla regia dopo dieci anni di Maria Maggenti (The Incredibly True Adventure Of Two Girls In Love). All’ennesimo film, chiusura americana con Another Gay Movie di Todd Stephens, pare spassosissimo.
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