Può una cartolina, superato e innocuo ricordo di viaggi in terre lontane da inviare ad amici e parenti, rappresentare un simbolo di oppressione colonialista? In Marocco, sì.
Come sottolineato da un articolo di Hamza Bensouda su Mykalimag.com, cartoline come quelle in copertina hanno svolto un ruolo chiave nella creazione e perpetuazione di un’immagine sessualizzata delle donne maghrebine, soprannominate “beurette“, svelando un intricato e dannoso groviglio di stereotipi di cui gli effetti percepiscono ancora oggi.
Foto che rappresentavano spesso queste donne in pose seducenti, a petto nudo e in posizioni di sottomissione, configurando un’immagine dell’Oriente esotico e facilmente accessibile. Questa rappresentazione visiva non era solo un riflesso dei desideri coloniali, ma uno strumento per giustificare e consolidare il potere europeo.
Le cartoline erano diffuse non solo tra i colonizzatori in Marocco ma anche in Francia, rafforzando ulteriormente il mito dell’esotico Oriente e contribuendo alla costruzione dell’immagine della “beurette“.
Non erano solo semplici foto ricordo, ma potenti strumenti di propaganda che hanno lasciato un’eredità di percezioni distorte e stereotipate.
Il prezzo del colonialismo: l’Orientalismo e la sessualizzazione delle donne maghrebine
L’impatto devastante del colonialismo ha plasmato profondamente la percezione delle donne maghrebine in Europa e nel Mondo. Attraverso il prisma dell’Orientalismo, il Marocco e il Maghreb in generale sono visti come luoghi esotici e misteriosi, le cui donne erano oggetti di desiderio e fantasie.
Queste percezioni, alimentate da opere d’arte, letteratura e, soprattutto, cartoline, hanno contribuito alla sessualizzazione delle donne maghrebine, rappresentate come oggetti da conquistare.
Il distretto di Bousbir, situato nella vibrante città di Casablanca in Marocco, rappresenta un capitolo particolare nella storia coloniale e urbana del paese. Durante il periodo coloniale francese, Bousbir fu designato come “quartiere riservato”, divenendo essenzialmente un distretto a luci rosse organizzato e supervisionato dalle autorità coloniali.
Le donne che si prostituivano in questo quartiere erano spesso sfruttate e presentate come attrazioni esotiche ai visitatori, principalmente ai soldati e ai coloni europei. Le strade di Bousbir erano piene di cabaret, bar e bordelli, e il quartiere divenne noto per la sua atmosfera di “decadenza orientalista”.
Oltre alla sessualizzazione, la visione colonialista ha portato a una semplificazione e generalizzazione delle donne maghrebine. Le distinte identità culturali e nazionali sono state fuse in una singola narrativa, quella della “donna araba” esotica e seducente. Questa costruzione ha avuto ripercussioni durature, influenzando la percezione delle donne maghrebine non solo in Europa ma in tutto il mondo.
Il passato, presente e futuro della “donna araba”
Mentre le cartoline e le opere d’arte dell’era coloniale sono ormai relitti del passato, le loro ripercussioni persistono nel presente. Come sottolineato dall’articolo su Mykalimag.com, le donne maghrebine affrontano ancora oppressioni, discriminazioni e abusi derivanti da queste vecchie percezioni.
Ad esempio, nel mondo arabo, la sessualizzazione delle donne maghrebine continua a essere una realtà, con etichette come “donna marocchina” che vengono utilizzate per alludere a promiscuità o disponibilità.
Tuttavia, dove c’è oppressione, c’è resistenza. Da qui, la nascita di un movimento – #enazeda – crescente per sfidare e de-costruire questi stereotipi, contro la resistenza sia da parte delle forze conservative all’interno delle società maghrebine che da coloro nel mondo occidentale che si attaccano alle vecchie percezioni.
Donne e attivisti in tutto il Maghreb e oltre stanno alzando la voce contro le rappresentazioni coloniali e orientaliste, cercando di creare un futuro in cui le donne maghrebine siano viste per chi sono veramente, al di là dei vecchi cliché.
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