Da Milano il caso di Blu ci ricorda come la battaglia per tenere fuori lo Stato dalla propria identità non riguarda solo la comunità LGBT.
La Procura della Repubblica di Milano ha convocato i genitori di Blu, una bambina di un anno e mezzo, per chiedere loro di cambiarle il nome. Dopo 18 mesi dalla sua nascita. Ci sarebbe da ridere se non fosse una dimostrazione della capacità violenta e intrusiva della legge italiana nei confronti dell’identità delle persone.
Come si sentirebbe una bambina di un anno e mezzo se improvvisamente mamma e papà fossero costretti a chiamarla diversamente da come hanno fatto finora? Cosa capirebbe Blu se non fosse più Blu? Il caso è stato raccontato dalle pagine de Il Giorno, secondo cui ci sarebbe altre quattro famiglie nella stessa situazione nel solo capoluogo lombardo.
La convocazione della Procura segue quanto stabilito dall’articolo 35 del Dpr 396/00, secondo cui il nome del bambino deve corrispondere al sesso biologico. Altrimenti il nominativo può essere cambiato d’ufficio dal giudice.
“Se giovedì non ci presenteremo con un’alternativa sarà il giudice a decidere per noi il nome di nostra figlia – spiega il papà, Luca – Quando ci siamo presentati all’anagrafe per la registrazione ci avevano avvisato che poteva esserci il rischio di venir richiamati, ma ogni anno, secondo i dati Istat, ci sono circa sette Blu, in prevalenza bimbe. Non ci aspettavamo di dover cambiare nome un anno e mezzo dopo, quando ormai anche nostra figlia sa di chiamarsi Blu ed è scritto ovunque”.
Fortunatamente secondo quanto riportato, il pm Luisa Baima Bollone dovrebbe rinunciare al ricorso contro i genitori di Blu, così come avvenuto precedentemente in un altro caso analogo. Blu dovrebbe quindi continuare ad essere ciò che è. Blu.
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