Taiwan è il baluardo asiatico dei diritti LGBTQIA+. Il Paese è molto più avanti di tutti gli altri Paesi anche a livello legislativo e nel 2019 è stato il primo Paese asiatico a legalizzare il matrimonio egualitario. La libertà di Taiwan, tuttavia, ha sempre dato fastidio alla vicina Cina, dove il governo di Pechino tenta periodicamente di operare pressioni e ingerenze sul governo di Taipei.
Ora Taiwan è arrivato a un altro storico passo: il governo è riuscito a sciogliere l’ultimo nodo che rimaneva sul matrimonio egualitario, e cioè i matrimoni tra persone dello stesso sesso provenienti da Paesi diversi. I matrimoni transnazionali sono un punto cruciale soprattutto in quei Paesi, principalmente asiatici e dell’America latina, dove il conservatorismo è più forte e l’appartenenza alla propria nazionalità e cultura è più sentita.
Prima, le persone straniere potevano sposarsi con il proprio partner taiwanese solo se il matrimonio egualitario era legale anche nel Paese di provenienza. Ora anche quest’ultimo paletto è stato tolto e il governo di Tsai Ing-wen ha passato il decreto già approvato dal precedente premier che permette di sposarsi a Taiwan anche alle persone che provengono da giurisdizioni in cui il matrimonio tra persone dello stesso sesso è vietato.
Una vittoria non da poco, anche se dalla vicenda sono nate osservazioni interessanti. Intanto, le associazioni LGBTQIA+ di Taiwan, capitanate dalla Taiwan Alliance to Promote Civil Partnership Rights (Tapcpr), chiedono un ulteriore passo avanti. Visto che il governo è arrivato fino a qui, dicono, tanto vale finire il lavoro e chiarire la legislazione anche sulle adozioni da parte delle coppie dello stesso sesso. L’adozione per le famiglie omogenitoriali a Taiwan è ancora vietata. È previsto solo che, in una coppia di persone dello stesso sesso, una persona possa adottare i figli biologici dell’altrə. Un piccolo controsenso, dato che il governo di Taipei consente le adozioni anche per le persone single.
Ma si tratta di un’altra lotta per un altro giorno. Ancora più interessante è, invece, come sul tema dei matrimoni LGBTQ+ transnazionali, ci sia un Paese che è stato tagliato fuori dal decreto. Tutte le persone straniere potranno sì sposarsi a Taiwan, a patto che non siano cinesi. Non sarà possibile quindi, almeno nel Paese, convolare a nozze se la coppia in questione è formata da una persona taiwanese e una cinese. Non è razzismo, più che altro il fatto è dovuto alle tensioni tra Cina e Taiwan che, seppur sempre esistite, ultimamente sono diventate molto più forti.
Sui diritti LGBTQ+, sappiamo come la Cina sia assolutamente contraria e retrograda, minacciando anche la libertà e la vita della comunità locale. Il governo di Pechino non vede certamente di buon occhio l’apertura liberale di Taiwan che, dal punto di vista politico, considera ancora da rivendicare come parte del suo territorio (e questo a partire dalla proclamazione della Repubblica che non è mai stata riconosciuta né dalla Cina né dai quattro membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU).
Proprio a livello politico, nelle ultime settimane i rapporti tra Cina e Taiwan si sono fatti sempre più tesi, soprattutto dopo che la Cina ha dato il via a delle simulazioni sui possibili esiti di una mossa militare contro l’isola. I recenti sviluppi hanno certamente scosso Taiwan, la sua politica e la sua società. Il che ha avuto ripercussioni anche sulle nuove disposizioni. Per ora i matrimoni transnazionali escludono i cittadini cinesi, in futuro si vedrà.
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