Ancora oggi, più giornali arrancano per raccontare le persone queer con le parole giuste. Che sia recidiva ignoranza o insuperabile pigrizia, un tempo ce la passavamo anche peggio. In una ricerca di Ticino7 curata da Mauro Stanga, i giornali ticinesi del primo Novecento non solo utilizzavano le parole sbagliate, ma riflettevano l’intolleranza dell’epoca, insultando e demonizzando la comunità omosessuale su ogni prima pagina.
Stanga nota come l’omosessualità fosse in principio identificata con qualcosa di “lontano” dal nostro paese, ma sempre associata alla depravazione mentale: già sulla Libera Stampa del 1934, riportando gli eventi della cosiddetta “notte dei lunghi coltelli”, il Fürher e i suoi soldati venivano appellati come “omosessuali degenerati, cocainomani, falliti morali, giovinezza sopravvissuta alla guerra“. Sempre sulla Libera Stampa nel 1949 si parla di “invertiti” in relazione alla retata di quattro persone arrestate dalla polizia di Venezia per “atteggiamenti sospetti” (con tanto di numero civico).
Nel 1921 la Gazzetta Ticinese ci chiama “moderni sodomiti” che perpetuano “continue offese alla moralità”, mentre nel 1945, gli incontri notturni di Via Nassa vengono considerati un “letamaio tra persone anormali”.
“Si è iniziata l’altra sera con un primo successo (per fortuna!) l’azione repressiva contro il campo vasto (purtroppo!) degli invertiti” scrivono nel 1963, esultando per l’arresto di una coppia di confederati.
In tre lettere risalenti agli anni Sessanta quella contro gli omosessuali è una guerra da combattere in tutta Europa: veniamo ritratti come “maialotti” che si riconoscono al volo grazie a “camicie sgargianti” e “pantaloni attillatissimi“, che ancheggiano presso il Parco Ciani di Lugano – definito “luogo di convegno e covo degli invertiti” – per celebrare i nostri “luridi riti” , manifestare atteggiamenti che “fanno ribrezzo agli uomini normali“, e riducendo l’amore tra uomo e donna una “pratica reazionaria e conformistica”.
Negli anni Settanta, le testate riportano le fantomatiche e sempreverdi cure “ripartive” per “guarire” l’omosessualità, ma anche un primo faro di speranza: in un articolo del 1974 sul Corriere del Ticino, Eros Constatini insieme ad altri quotidiani, parla finalmente di numerose organizzazioni a difesa dei diritti delle persone omosessuali, affrontando ill tema con la serietà e il rispetto che ci è stato negato per decadi. I primi piccoli grandi passi per riscrivere la nostra storia da capo, con le parole giuste e una nuova narrazione.
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