Lo scorso Lunedì 16 Ottobre, l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, ha ospitato tra le sue aule un’ospite d’onore: Judith Butler, filosofa, scrittrice, teorica e fondatrice degli studi di genere (che vi racconta meglio il nostro Federico Colombo qui), accolta dal rettore Stefano Manzini, ha ricevuto il Dottorato Honoris Causa in “Gender Studies”, per poi emozionare l’intera Aula Magna Aldo Cossu del Palazzo Ateneo, con la sua lectio magistralis Imagining beyond Fear and Destruction, inaugurando il convegno annuale della rete internazionale di ricerca filosofica Nosotrxs.
La lettura ha ripreso i temi portanti dell’attivismo di Butler, dal genere come ‘imitazione di un ideale’ alla possibilità di più famiglie, in relazione al nostro clima politico mettendone in discussione gli ‘spauracchi’ e le false informazioni.
Per la destra, dice Butler, il gender è diventato un tema portante, ridotto a “‘ideologia demoniaca” ai danni dei bambini.
“Quello che dovrebbe essere un dibattito ma non lo è” legge Butler, evidenziando come al contrario, si esaspera la paura che il gender stia venendo a toglierci qualcosa: “La paura che qualcosa chiamata gender rubi l’identità, che sia una mistificazione, che sia una forma di colonizzazione che invada come fanno gli immigrati indesiderati, che rappresenti l’ascesa di poteri totalitari o che segni il punto estremo dell’iper-capitalismo”.
Butler specifica che sebbene le nozioni e paure sul gender siano “estremamente contraddittorie” tra loro, la destra continua a presentarlo “come una forza distruttiva che deve essere fermata”.
“Il movimento anti gender, o contro l’ideologia gender, è pieno di paura e attribuisce a qualcosa chiamato gender il potere di cancellare e appropriarsi del sesso” legge la filosofa davanti l’Aula Magna Aldo Cossu “Si tratta di una affermazione potente, ed è ben nota nel contesto italiano come dimostrano le dichiarazioni della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni“.
Nella sua lettura, Butler sottolinea che lo stesso termine ‘gender’ è diventato surrogato di tutta una serie di paure di diverse fonti, incluse le condizioni economiche e quelle ecologiche. Sono tre le principali ansie: la paura che il gender indottrini i bambini (“che venga imposto in classe o, peggio, che sia un modo per sedurre gli studenti ingenui e innocenti“), che vada a cancellare “il carattere specifico dei valori maschili e femminili”, e diventi così “una minaccia all’identità spirituale o culturale o alla sicurezza naturale“.
“Il gender oggi rappresenta una serie di ansie sociali ed economiche che non riguardano il gender” continua Butler “Queste paure si sono coagulate e dislocate nel discorso sul gender. Quando il gender è visto come un segnale di pericolo, può diventare il segnale di molti altri pericoli adiacenti”.
Ma come evidenzia Butler, l’utilizzo delle parole è essenziale: se intendiamo il gender come qualcosa che ci ruberà l’identità, è facile intenderlo come una “forza mostruosa e minacciosa”. Ma se ci dicessero che stiamo vivendo “una specifica concezione storica di maschile e femminile”, ci accorgeremmo solo che “questa disposizione può cambiare” e non avremmo motivo di temere che qualcuno venga a portarci via l’identità sessuale.
Butler sottolinea che viviamo un’epoca dove la violenza che c’è sempre stata (“contro le donne, contro i bambini, contro le persone omosessuali e contro le persone transessuali. E dobbiamo includere anche i migranti”) oggi è ancora più pubblicizzata alla luce di “guerre, distruzioni climatiche, migrazioni, e precarietà economica che sta producendo più paura e rabbia”:
“Penso che sia estremamente importante opporci a queste forme di violenza, focalizzare l’attenzione pubblica su questi temi e prendere posizione contro la violenza domestica, di genere. E questo nelle scuole, nei discorsi pubblici, a livello di istituzioni religiose, ma anche attraverso la legge. Abbiamo bisogno di più esponenti politici che prendano posizione contro queste violenze“.
Se il presidente Meloni chiama la GPA un reato universale, Butler ci invita a riflettere su cosa intendiamo per “famiglia tradizionale”: perché se tutte le famiglie “divorziano, vivono secondi matrimoni, diventano famiglie allargate”, cosa distingue davvero le famiglie buone da quelle cattive? “Le famiglie sono buone quando i figli sono amati, protetti, curati“ legge la filosofa “Quando una famiglia protegge i figli e crea per loro un ambiente ideale per farli fiorire, è una buona famiglia. Ci sono famiglie buone e cattive, sia fra quelle tradizionali sia fuori da questo paradigma”.
Il discorso ha visto le lodi e gli applausi dell’intera aula magna, con il rettore Manzini che ha definito l’Aldo Moro un’università “plurale” (con l’obiettivo di “educare e ricercare nuove vie di sviluppo”) dove “voci della saggezza”, come quella di Butler, meritano “di assumere tonalità sempre più alte”.
Dichiara il rettore: “Questo non vuol dire che domani il mondo sarà diverso, o più buono, ma bisogna lavorare in questa direzione”.
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