Roma – Una vita fatta di teatro, cinema, amore, trucchi e paillettes. Si è spento ieri, mercoledì 23 dicembre, presso la Casa di Cura S. Antonio, Vinicio Diamanti.
Nato nella capitale negli anni 20, Vinicio rappresenta ed ha rappresentato un’importante fetta di movimento glbtiq, fatto di lotte e coraggio. A soli 18 anni viene riformato al militare poichè "non abbastanza uomo". La sua omosessualità, palesata e mai nascosta, viene difesa con forza dai suoi famigliari, che lo considerano un artista.
Poco dopo la fine della seconda guerra mondiale si iscrive alla Facoltà di Medicina, iniziando a studiare canto e recitazione, passioni che porterà con sè per il resto della propria vita. Negli anni 50 conosce Mario, l’amore di sempre, dando inizio ad una tormentata storia, che si concluderà solo 15 anni dopo, con la sua improvvisa morte.
Sono gli anni 60/70, gli anni in cui il movimento glbtiq italiano non è ancora nato, iniziando però a crescere e a farsi pressante in paesi come gli Stati Uniti d’America. A Roma i gay sono ‘costretti’ a vedersi di nascosto, ad appartarsi in zone strategiche, come il Circo Massimo e il Colosseo, negli orinatoi, dove Vinicio spesso viene identificato e trattenuto dalla polizia, per poi essere sempre rilasciato. La capitale è una città del peccato, con il sesso, anche omosessuale, vissuto spesso anche alla luce del giorno.
E’ in questo decennio che Diamanti sposa l’arte, innamorandosi del teatro, che non lascerà più. Estremamente effeminato, Vinicio riesce a rendere questa sua ‘caratteristica’ un punto di forza unico, affinando la sua veste di attore grazie a mostri sacri dell’epoca come la Cordero, George o’Brian, Dominot e Giò Staiano, celebri "en travestì" teatrali. Vinicio canta e balla, fa la soubrette, domina i palchi più "in" della capitale, dall’Ambra Jovinelli al Principe di via Cola Di Rienzo, passando per l’Oriente e l’Espero.
Diventato un volto noto del teatro capitolino, per Vinicio si spalancano le porte del cinema. Lo vediamo ne Il Vizietto, in Delitto al Blue Gay, ne Er Moretto e La Ragazza del metrò, ma è il teatro l’unico suo amore, tanto da rifiutare una parte ne La Dolce Vita di Federico Fellini. Erano troppo allettanti i mesi da passare in tournèe rispetto ai pochi giorni di presenza su un set, anche se ‘celebre’ come quello del regista Premio Oscar.
Negli ultimi anni si dilettava come raffinata drag queen, sempre pronto a dimenarsi, anche tra il pubblico, tanto da essere diventato un habituè della Muccassassina. Perennemente in prima fila ai Gay Pride della capitale, ma mai sotto i riflettori dei fotografi in cerca di ‘colore’, Vinicio Diamanti ha vissuto fino all’ultimo una vita d’artista a tutto tondo.
Ieri, mercoledì 23 dicembre, se n’è andato un pezzo della nostra cultura queer.
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