Dopo la vincita della medaglia d’oro a Berlino, giudici e appassionati di atletica avevano cominciato a chiedersi se Caster Semeya fosse bilogicamente una donna. La diciottenne dall’aspetto mascolino aveva cercato in tutti i modi di difendere la sua identità sessuale, peggiorando addirittura la situazione facendosi ritrarre su una rivista in abiti femminili. Ma la femminilità non era affatto emersa da quel servizio.
Le indagini sono infatti continuate. Oggi i risultati: Caster non è una donna, è un ermafrodita. Gli esami ginecologici, dei cromosomi e del sangue hanno dimostrato che la campionessa sudafricana possiede sia organi sessuali maschili che femminili. La Semeya avrebbe, al posto delle ovaie, due testicoli interni che le provocherebbbero un sensibile aumento di testosterone e di conseguenza la renderebbero fisicamente avvantaggiata rispetto alle sue compagne di gara.
Dovrà passare del tempo prima che la Federazione internazionale di atletica decida in merito alla vicenda. Secondo il portavoce dell’Iaaf esiste l’eventualità di non rendere nulla la vittoria in quanto l’atleta è «naturalmente fatta così». Decisione che calmerebbe gli animi delle più alte autorità del Sudafrica, che stanno già protestando in quanto ritengono questo tipo di esami una forma di razzismo e di sessismo.