Le drag queen “ribelli” del Libano conservatore: quando essere sè stessə è un atto politico

Nella penombra di un camerino a Beirut, sotto strati di trucco e abiti sfavillanti, c'è una storia di speranza, resistenza e di lotta.

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Nel cuore di Beirut, tra le anguste vie e gli edifici imponenti, un’ombra di resistenza cresce e si fa strada attraverso il trucco, i vestiti e la passione della ballroom culture libanese.

Con la sua storia millenaria e i suoi profondi contrasti culturali, Beirut potrebbe sembrare un luogo insolito per una tale espressione artistica e personale, considerando che in Libano Barbie è stato bandito con l’accusa di promuovere l’omosessualità. 

Tuttavia, in un’epoca di crescente tensione e polarizzazione, la presenza delle drag queen rappresenta non solo una forma d’arte, ma anche un atto politico, un grido di ribellione contro un sistema che le marginalizza e le demonizza.

Emma Gration, con il suo carisma e la sua audacia, è diventata una sorta di portavoce non ufficiale per la scena drag libanese. La sua storia personale, con i suoi alti e bassi, rispecchia le complesse sfide affrontate dalla comunità LGBTQ+ in Libano.

Siamo sempre a rischio di essere molestati, picchiati, abusati… E quando ci rivolgiamo alle autorità? Le nostre denunce vengono dimenticate“.

 

 

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Sebbene la Costituzione libanese garantisca teoricamente la tutela dei diritti umani e l’uguaglianza di tutti i cittadini, la realtà è ben diversa per la comunità LGBTQ+. L’articolo 534 del codice penale criminalizza le relazioni omosessuali, definendole “comportamenti contro natura”.

Una legislazione obsoleta volta a giustificare violenze, discriminazioni e abusi a livello sistematico, e che costringe la comunità LGBTQIA+ libanese a vivere nell’ombra e nella clandestinità.

Ma oltre alle sfide legali, ci sono profonde divisioni sociali e culturali che rendono la vita di Emma e delle sue consorelle particolarmente difficile. A livello di società, le opinioni sui diritti LGBTQ+ sono profondamente polarizzate: non ci sono vie di mezzo.

Nel 2022, una circolare del ministero degli interni ha sottolineato questo divario, chiedendo un divieto completo di qualsiasi manifestazione a tema LGBTQ+. Una mossa percepita come un attacco diretto alla comunità, che ha rivelato l’influenza degli ambienti conservatori e religiosi sia musulmani che cristiani nel Paese.

Eppure, in mezzo alle avversità, emerge la resistenza. Molte drag queen, nonostante il pericolo, scelgono di esibirsi in luoghi semi-clandestini, creando spazi sicuri per l’espressione e la celebrazione della loro identità.

Ma il pericolo persiste anche al di fuori dei luoghi di esibizione. Tornare a casa dopo uno spettacolo può trasformarsi in un’odissea pericolosa.

“Esporsi in pubblico significa superare la paura per la propria incolumità“, racconta Emma.

Molte drag queen vengono spesso accompagnate da amici e sostenitori mentre si avventurano fuori, cercando sicurezza nel numero e nella solidarietà.

La telecamera del giornalista libanese Mohamad Chreyteh, che ha documentato le sfide affrontate da Emma e altre drag queen, fornisce una testimonianza in prima persona di questa realtà. Un’opera riconosciuta a livello internazionale, che mette in luce la resilienza della comunità LGBTQIA nello sfidare norme sociali e legali, a costo della propria incolumità.

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