Un documentario che probabilmente passerà alla storia per le storiche parole sulle Unioni Civili pronunciate dal protagonista, Papa Francesco Bergoglio : stiamo parlando ovviamente di “Francesco”, di Evgeny Afineevsky, già noto agli addetti ai lavori per il docufilm ““Cries from Syria”, candidato agli Oscar nel 2018.
Ma per il grande pubblico questo regista del Tatarstan (ex URSS) di 47 anni che ha avuto l’onore di filmare niente meno che il Papa era probabilmente, fino a poche ore fa, uno sconosciuto
Evgeny Afineevsky, il regista russo di “Francesco”
Nato nel 1972 a Kazan, storica capitale della regione del Tatarstan, già da teen ager vince un premio in un festival sul Mar Nero e viene invitato al Camp dei Pionieri del cinema russo.
Si sposta poi in Israele, e dalla metà degli anni 90, poco più che ventenne, produce e dirige ben 30 musical teatrali, ed esordisce anche in TV dirigendo la serie “Days of love”, nel ’99.
Da lì la sua carriera decolla, e riceve dei premi per il suoi corto “Death Game” (2002), mentre Israele diviene la sua patria di elezione
Nel 2008 riceve il Gold Remi Award ed il Monaco Charity Film Festival Award per la migliore sceneggiatura originale, intitolata “Oh no! Mio figlio è gay!”, che diviene anche il suo primo lungometraggio girato tra il 2008 e il 2010.
Nel frattempo scrive e produce anche la docufiction “Divorce: A Journey Through the Kids’ Eyes,” (Divorzio: un viaggio visto dagli occhi dei bambini”).
La consacrazione avviene poi nel 2016, con la candidatura agli Oscar e agli Emmy nel 2016 con “Winter on Fire” sulla guerra in Ucraina, e nel 2018 con la nomination all’Oscar per “Cries from Syria”, sulla guerra Siriana.
Ed è proprio questa pellicola probabilmente quella per cui Evgeny Afineevsky è entrato in contatto con il Papa, da sempre attento alla questione Siriana.
Nel docufilm sul Papa un ragazzo abusato da un prete
Terminato lo scorso giugno, in pieno post lockdown, il documentario racconta le moderne piaghe globali: discriminazioni, razzismo, abusi sessuali, ricorrendo a immagini di grande impatto.
Afineevsky, intervistato dal Corriere.it ha spiegato di aver seguito il Pontefice “in Argentina, Cile, Armenia, Bangladesh” perchè interessato a raccontarne le azioni concrete, non a costruire un ritratto agiografico.
L’opera “non riguarda il Papa ma i disastri che noi abbiamo creato. In questo viaggio ho trovato una enorme interconnessione tra gli argomenti affrontati“.
Nel docufilm appare anche Juan, un diciassettenne cileno abusato da un prete pedofilo, che viene ricevuto dal Papa in Vaticano:
«Juan — gli ha detto Francesco — il fatto che tu sia gay non importa. Dio ti ha fatto in questo modo e ti ama in questo modo e a me non interessa. Il Papa ti ama come sei. Devi essere felice di chi tu sia».
Nel film poi si parla della guerra in Siria e Ucraina ma anche della persecuzione dei Rohingya.
Il Papa, si legge nel comunicato nel quale si presenta il film, risponde alle domande “con saggezza e generosità” .
Con l’obiettivo di ” costruire un ponte verso un futuro migliore e crescere come comunità globale”.
E senza dubbio le sue parole su Unioni Civili e omosessualità vanno in questa direzione.
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