La nuova edizione del GFVip ha riservato notevoli sorprese – dal potente discorso di Elenoire Ferruzzi sulla condizione delle donne trans in Italia alle parole di Giovanni Ciacci e la stigmatizzazione dell’HIV – ma nonostante i miglioramenti, il programma inciampa in una superficialità di base che non permette mai davvero di sensibilizzare chi guarda. Il caso eclatante è stato quello di Marco Bellavia, ex star di Bim Bum Bam oggi mental coach, entrato nella casa per poter parlare apertamente della sua depressione e possibilmente, normalizzare in prima serata su canale nazionale, una tematica che ancora tendiamo a prendere sottogamba. Ma a quanto pare al GFVIP non c’è spazio per la salute mentale: Bellavia ha detto addio al programma in seguito alle continue battutine, pressioni, e frasi pressapochiste che non hanno fatto altro che ridicolizzare una realtà concreta ma non sufficientemente visibile all’occhio meno preparato, tanto da sminuirla.
Che schifo trattare la salute mentale con questa leggerezza.
Deluso da questo cast. #GFVIP— INDIFFERENZA ASTRALE (@trashastrale) September 29, 2022
“Se una persona ha bisogno e gli altri 22 la aiutano ce la farà. Da solo non ce la fa” ha dichiarato Bellavia, ma il resto dei concorrenti ha reputato la sua presenza un “peso”: dall’influencer Daniele del Moro che accusa Bellavia di “farlo di proposito” a Patrizia Rossetti che dice “se sta male non doveva venire al GF ma se ne doveva stare a casa. Se sta così va in psichiatria”. Ferruzzi lo manderebbe alla “neurodeliri” e Ginevra Lamborghini commenta “Per me ti meriti di essere bullizzato, te lo meriti”. Bollato come “frignone”, “ridicolo”, “pazzo”, “malato” e “scemo”, Bellavia è stato costretto ad allontanarsi dal gioco per preservare emozioni che ancora faticano ad integrarsi in un reality show. Non fingiamoci troppo sorpresi: parliamo di un programma che strumentalizza a tavolino anche la tematica più delicata, e se portare sul palco personaggi come Ferruzzi o Ciacci può avere anche effetti positivi su chi guarda, il caso di Bellavia dimostra tutti i limiti di un’operazione così calcolata: piuttosto che sensibilizzare concorrenti e spettatori, si preferisce togliere dai piedi la parte lesa, troppo pesante e scomoda per stare al gioco. L’uscita di scena di Bellavia ha generato una risposta accesa e indignatissima da parte dei social, incluso lo sponsor Amica Chips che ha preferito dissociarsi dal programma in quanto “sinonimo di amicizia, condivisione, integrazione, e non fautori né sostenitori di ciò che i protagonisti fanno e dicono”.
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“Sto leggendo tante cose, troppe, ricordate che dietro a tutto ciò c’è mio figlio, un ragazzino di 15 anni” interviene Elena Travaglia, ex moglie di Bellavia “Marco è una brava persona, forse troppo sensibile, e ha chiesto aiuto varie volte nella casa ma nessuno l’ha aiutato. A me hanno insegnato di aiutare le persone in difficoltà, non di sotterrarle”. Nel suo messaggio di supporto, Travaglia ha anche pubblicamente ringraziato Antonella Fiordelisi, influencer e sportiva di scherma, unica tra i concorrenti ad aver manifestato vicinanza e ascolto a Bellavia: “È stata forse l’unica concorrente della casa ad aver dimostrato un minimo di empatia verso il dolore di Marco, cercando di sensibilizzare gli stessi coinquilini, con scarsi risultati” commenta Travaglia.
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Poco prima dell’uscita di scena, Signorini aveva dichiarato in prima serata di voler approfondire la situazione di Bellavia: “Tutto lo staff vuole andare più a fondo su questo disagio espresso a Marco Bellavia” dice Signorini, “Ha bisogno dal suo punto di vista di un aiuto. Avremo modo di analizzare a dovere questo disagio. Perché se fossee legato ad una patologia più seria, cercheremo di capire cosa può aiutarlo in questo momento”. Nonostante le buone intenzioni, la sensazione è ancora quella di dover maneggiare un “capriccio”, di indagare sulle emozioni di qualcun altro e prenderle sotto gamba finché non vengono confermate e validate su carta scritta. Perché se è vero, come dice Signorini che “Le regole del gioco attengono alla superficie” anche un programma leggero e disimpegnato diventa specchio riflesso dei retaggi culturali di un paese – che ancora dopo tre anni di pandemia globale – fatica a tenere una conversazione preparata su un dolore che non sia solo fisico.
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