Omobitransfobia sanitaria, ecco perché celebrare il 17 Maggio in Italia è un falso storico

I protocolli scaduti e non aggiornati. I genitori di figli LGBTQIA+ che non parlano con medici che non sono preparati. L'intervista al presidente di Amigay, Manlio Converti.

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Ne parlano tutti i giornali e sui social sono molte le campagne di sensibilizzazione per la Giornata Mondiale contro l’Omobilesbotransfobia. Ma, forse, non tutti conoscono la sua vera origine.

La Giornata Mondiale contro l’Omobilesbotransfobia è stata istituita per commemorare un evento significativo nella storia dei diritti umani. Nel 17 maggio 1990, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato la decima edizione della Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-10).

Questa edizione ha segnato un importante passo avanti eliminando definitivamente l’omosessualità e la bisessualità come diagnosi psichiatrica, ponendo fine alla classificazione precedente dell’ICD-9 che considerava questi orientamenti sessuali come malattie mentali curabili.

Il 17 maggio si festeggia quindi (anche) una grande vittoria per la comunità LGBTQIA+ nel mondo, perché finalmente l’omosessualità e la bisessualità vengono definite per quello che sono, varianti naturali e non fonti di patologie.

Eppure, il dottor Manlio Converti, presidente di Amigay APS, organizzazione impegnata nella promozione e nel sostegno dei diritti sanitari e del benessere delle persone LGBTQIA+, ci tiene a puntualizzare come in realtà il 17 maggio sia una data non rilevante per l’Italia, almeno per il momento.

 

Dottor Converti, cos’è esattamente l’omobilesbotransfobia sanitaria?

Partiamo dal principio. L’introduzione dell’ICD-10 ebbe una certa rilevanza sui giornali dell’epoca anche in Italia e la cosa è rimasta da allora lettera morta. E spiegherò perché.

Nel 2020 è stato addirittura pubblicato lICD-11 dove si depsichiatrizza anche il transgenderismo, eliminando tutte le voci di riferimento nel concetto delle malattie mentali di disforia di genere e creando un capitolo diverso relativo al corpo della persona, chiamato incongruenza di genere nel minore prepubere nell’adolescente e nell’adulto.

Di fronte a queste enormi novità, oggi che siamo nel 2023, il PNRR, che stanzia diversi fondi per implementare il fascicolo sanitario elettronico, quale ICD utilizzerà?

L’ICD-9, in cui omosessualità, bisessualità, transgenderismo sono ancora viste come una malattia. Insomma, un manuale scaduto proprio il 17 maggio del 1990, e che in Italia non solo è ancora valido, ma lo sarà anche in futuro perché è quello che sarà utilizzato con i soldi del PNRR nel fascicolo sanitario elettronico. Una situazione gravissima.

 

Che avrà sicuramente un impatto sul modo in cui le persone LGBTQIA+ ricevono assistenza sanitaria…

Esatto. Noi il 17 maggio del 1990 non abbiamo eliminato ICD 9, siamo nel 2023 e ce l’abbiamo ancora. E invece quella data serve proprio a ricordare questo che è un evento sanitario. Il 17 maggio è una data sanitaria, il giorno in cui termina la persecuzione sanitaria di gay, lesbiche e bisessuali.

In che modo questa cosa ha un impatto concreto sul modo in cui le persone LGBTQIA+ ricevono assistenza?

Ecco, noi abbiamo calcolato che esistono circa 22 protocolli sanitari completamente assenti nel nostro Paese, necessari e specifici per le persone LGBTQIA+, molti dei quali esistono già negli altri Paesi. In Italia si inizia solo ora a parlare, ad esempio, di gratuità della PREP (l’Aifa ha approvato rimborsabilità qualche giorno fa ndr) .

Constatiamo che l’omobilesbotransfobia sanitaria si strutturi in più livelli.

Il primo è quello che ho detto prima, il fatto che il sistema considera ancora l’omosessualità,la bisessualità, il lesbismo e il trangenderismo come malattie mentali.

Il secondo livello è che la deontologia professionale medica non è mai stata cambiata. Anzi, quando nel 2014, quando come semplice medico – Amigay non esisteva ancora – provai a farla cambiare, loro cancellarono l’equivalente dell’articolo 3 della costituzione italiana pur di non aggiungere le voci orientamento sessuale e identità di genere.

Mentre gli psicologi lo cambiarono per primo nel 2008, inserendo orientamento sessuale – ancora non il transgenderismo – e sempre per orientamento sessuale e genere fu cambiato anche quello.

Gli infermieri l’hanno modificato nel 2019 inserendo la parola genere ed orientamento sessuale, perché nel frattempo, nel 2018, l’Italia aveva pubblicato una legge sulla medicina di genere (art. 3 legge 3/18), che in include anche orientamento sessuale e identità di genere.

Che in include anche orientamento sessuale e identità di genere. Quindi da una parte abbiamo grossi problemi, dall’altra qualcosina si sta muovendo, anche se troppo lentamente.

Parliamo però di protocolli. In America, grazie a un protocollo chiamato “anagrafica inclusiva”, si è potuto vedere esattamente nella popolazione generale come le persone che si identificano come LGBTQIA+ abbiano o meno delle esigenze di salute.

E sulla base di queste, si sono cominciate a stilare – chiaramente nei paesi occidentali più avanzati come UK, Francia, Spagna anche il Sudafrica ci sta pensando e il Brasile – ad elaborare dei progetti per salvaguardare in modo specifico questa minoranza.

Che poi tanto minoranza non è, perché siamo il 10% della popolazione. Siccome il grosso dei lavori scientifici sono americani, noi dobbiamo adattare il contesto americano al contesto italiano, perché il sistema sanitario Americano è molto diverso dal nostro.

Ma senza questo protocollo preziosissimo, per noi è impossibile conoscere i dati reali epidemiologici rispetto alla salute delle persone LGBTQIA+ nel nostro paese. 

Perché qui c’è il terzo problema: noi non sappiamo quali sono le condizioni di salute delle persone LGBTQIA+ nel nostro paese, ci possiamo basare solo sui dati epidemiologici che vengono dall’Inghilterra, dall’America, dal Canada.

 Se è vero che siamo paesi occidentali, e che più o meno i dati sanitari sono abbastanza simili, per esempio il suicidio – un rischio sanitario gravissimo per le persone LGBTQIA+, soprattutto per le persone trans – non è equivalente a quello degli altri paesi. In Italia, per fortuna, il tasso di suicidio è molto basso rispetto ad altri paesi.

Abbiamo poi visto, sempre sulla base di dati epidemiologici stranieri, che noi abbiamo però comunque grossi problemi di mortalità.

Non dati dal fatto stesso di essere LGBTQIA+, ma per il fatto di vivere in un contesto omotransfobico e di non ricevere un’adeguata assistenza sanitaria. Abbiamo molte persone LGBTQIA+ che non si fanno curare, o che addirittura vengono rifiutate dai loro medici – parlo per esperienza personale.

Lei si immagini un adolescente, un bambino LGBTQIA+, o una persona anziana che ha qualcosa di grave. Come reagisce davanti a un medico che lo maltratta perché è LGBTQIA+. Esiste questo gravissimo problema.

A fronte poi di emergenze sanitarie gravissime: le persone transgender, secondo i dati esteri – hanno come prima causa di mortalità omicidio e suicidio.

Come seconda causa di mortalità, problemi cardiovascolari in parte causati dall’aumentato tabagismo, dall’obesità derivanti dallo stress e dall’utilizzo non corretto degli ormoni. Altra causa prevalente di mortalità è invece il cancro, ancora una volta dovuto alle cause sopra descritte ma anche da altri fattori come alcune malattie virali non trattate o per non essere vaccinati per HPV e HBV.

Ora, per quanto riguarda persone gay, bisessuali e lesbiche, le prime due cause sono cardiovascolare e tumori. Il suicidio viene solamente dopo.

Questi e altri problemi sono generati come conseguenze di maltrattamenti – il cosiddetto minority stress – subiti fin dall’infanzia nella propria stessa famiglia oppure a scuola, all’università, cacciati di casa da casa da giovani, abusi sul lavoro e appunto in sanità. 

Senza contare che, per i motivi sopracitati, in molti evitano di recarsi dal proprio medico curante per paura di essere discriminati. Ecco bisogna citare anche altri due fattori. 

Noi abbiamo personale sanitario LGBTQIA+. Quindi l’omobilesbotransfobia sanitaria ricade anche sul personale sanitario. Lei può immaginare che, se abbiamo detto che il personale non è preparato, non c’è formazione.

Lei può immaginare poi che, se abbiamo detto che il personale non è preparato, perché non c’è formazione, tranne quella fatta da noi di AMIGAY, da SIGIS e da ISS, neanche il personale sanitario LGBTQIA+ avrà conoscenza delle specifiche sanitarie dei pazienti da trattare o da prendere in carico.

Infatti, nonostante la legge del 2018, solo da qualche giorno è stato firmato un protocollo dal Ministero della Salute e dal MIUR, che permette la formazione medicina di genere e di includere anche la medicina di genere LGBTQIA+.

L’assenza di conoscenze specifiche si somma ai comportamenti omobitransfobici dei colleghi, in più non c’è la deontologia professionale medica e non c’è ICD-11. Veda come si accumulano le problematiche. E tutto questo ricade anche sul personale sanitario.

La differenza la fa il coming out.

E a questo punto cito il caso di due infermiere di Lecco. Una di loro si trovò sull’armadio una frase lesbofobica. Lei aveva però fatto coming out, e aveva quindi denunciato l’azienda. Tempi lunghi, non sappiamo come sia finita, ma c’è stata una denuncia. Questo non è un caso isolato.

Questa cosa ha fatto scoprire che pochi anni prima un altro collega che aveva subito gli stessi abusi, però lui non aveva fatto coming out. Pochi giorni dopo, si suicida, buttandosi giù dal quarto piano dell’ospedale. Un fatto gravissimo, che evidenzia la gravità della situazione nel nostro paese. 

 

Quali azioni concrete possono essere intraprese da parte delle istituzioni sanitarie, dei professionisti della salute e della società nel suo complesso per garantire che le persone LGBTQIA+ ricevano cure adeguate, prive di discriminazione e rispettose della loro identità di genere e orientamento sessuale?

Proprio alla fine del 2022, almeno per i colleghi e le colleghe transgender all’interno del CCNL, è stato passato una voce molto importante che è la possibilità di attivare una carriera alias per chi lavora nel comparto.

La stessa norma dovrebbe passare nel contratto per la dirigenza sanitaria ancora non firmato.

Che cosa manca per la tutela dei nostri colleghi? Delle cose abbastanza importanti. Anzitutto, i corsi di formazione, e abbiamo detto che da pochi giorni è stato firmato questo protocollo. Si dovrà vedere se verrà attuato. Dopodiché il bilancio di genere inclusivo, ovvero una categoria LGBTQIA+ nei documenti medici oltre quella M/F anche solo il gruppo generale LGBTQIA+ per valutare la presenza e le possibilità paritarie di carriera. La terza cosa è la carriera alias, la quarta è l’obbligo di supporto al coming out. Posso fare Coming Out e lavorare per la ASL? E se faccio Coming Out i miei colleghi devono supportarmi o possono maltrattarmi?

Un sistema sanitario più tollerante verso i propri dipendenti sarebbe sicuramente anche più tollerante verso i propri pazienti.

 

Quali dati sono disponibili per evidenziare l’esistenza e l’impatto dell’omobilesbotransfobia?

Ci sono pochissimi dati in Italia, e molti non sono affidabili. Spesso gli studi vengono condotti dalle associazioni, in maniera sporadica, il che non ci consente di avere un quadro completo della situazione.

È proprio a questo che serve l’anagrafica inclusiva. Bisogna disporre di dati a tappeto, come facciamo per la differenza di età, M/F e per i migranti.

Come AMIGAY proprio adesso stiamo implementando questa ricerca molto semplice, più qualitativa che quantitativa, sui bisogni sanitari e sulle discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere subite dalle persone LGBTQIA+, dai loro parenti e dal personale sanitario e rivolte a tutti questi gruppi.

CLICCA QUI PER PARTECIPARE ALLA RICERCA DI AMIGAY ED AIUTARE IL PERSONALE SANITARIO A OTTENERE DATI EPIDEMIOLOGICI SPECIFICI PER LA COMUNITÀ LGBTQIA+. 

A parte questi sforzi indipendenti, no, non ci sono dati affidabili, perché non riusciamo a condurre indagini della mole di quelle dell’ISTAT. L’unica soluzione rimane davvero solo l’anagrafica inclusiva, che andrebbe a fornirci dati a tappeto su tutta la popolazione.

Questo perché i fascicoli sanitari vengono spesso utilizzati per estrapolare dati utili a comprendere la situazione di specifiche fasce di popolazione. I dati vengono estrapolati in automatico, non potrebbe essere più facile di così. Eppure, siamo bloccati, siamo assenti, siamo negati. 

Quali suggerimenti o risorse potrebbero essere utili per le vittime di omobilesbotransfobia sanitaria in Italia? Come possono le persone affrontare e documentare casi di discriminazione o maltrattamenti e quali opzioni di tutela legale o supporto psicologico sono disponibili per aiutare coloro che hanno subito questa forma di discriminazione nel contesto sanitario?

Noi abbiamo già provato a denunciare azioni di omobilesbotransfobia sanitaria. Gli ordini professionali ci hanno però ignorato, ci hanno risposto che dal punto di vista loro, siccome non è inserita nessuna voce nella deontologia professionale, i medici possono dire quello che vogliono.

Se c’è un atto violento che riguarda il mobbing lavorativo si può fare qualcosa. Però nell’ambito del mobbing non c’è una legge contro l’omobilesbotransfobia sanitaria. Le cose cambieranno se cambierà la deontologia professionale.

Anche se comunque, a parere mio, è sempre il caso di porre il caso alla giurisprudenza. Ma la giurisprudenza risponderà che non esiste una norma specifica nel merito.

Le linee guide sanitarie relative all’ICD-11 potrebbero aiutare, ma in Italia non esistono. Quindi io consiglio sempre di fare la denuncia, ma si tratta di un procedimento debole, perché mancano le salvaguardie a supporto di questi casi specifici.

La salvaguardia vera, però, sta nella prevenzione.

La prevenzione si fa con la formazione sanitaria, con l’ICD-11 e l’anagrafica inclusiva, così da avere dati epidemiologici. E poi facendo i corsi pre parto.

 

In che modo i corsi pre parto possono aiutare?

Medici, ostetriche, ginecologi, continuano a dire che il figlio nasce o maschio o femmina, e stanno commettendo un errore scientifico. Il 10% della popolazione nasce LGBTQIA+. L’1% dei neonati è intersessuale, l’1% dei minori è gender variant.

Siccome lo sappiamo, perché continuiamo a commettere questo errore scientifico? I corsi pre parto devono includere questa formazione ai genitori.

Gli studi americani dimostrano che i genitori LGBTQIA+ soffrono di grave stress, di depressione, di ansia, disturbo post traumatico, perché loro stessi devono fare coming out come genitori di persone LGBTQIA+.

Noi, rispetto alle famiglie, andiamo sempre sulla prevenzione. Non ci interessa aiutare solo i ragazzi che hanno genitori maltrattanti, ma ci poniamo il problema “Perché quel genitore è maltrattante?”.

Perché lui stesso soffre di omobilesbotransfobia interiorizzata. Perché nessuno gliel’ha detto che è normale essere genitore LGBTQIA+. E chi glielo deve dire? Almeno il personale medico! E dev’essere fornito un supporto psicologico di tipo affermativo per tutta la famiglia. Sennò è una catena continua di violenza, che non riusciremo mai a rompere.

Il supporto di Psicoterapia Affermativa è fondamentale per le persone LGBTQIA+ per cancellare tutti i rischi di Salute Mentale ed anche quelli di Salute Fisica, sono una forma di terapia efficace, che diventa una forma di prevenzione se attivata sui genitori di figli LGBTQIA+ per aiutare loro nel percorso di Coming Out come genitori di figli LGBTQIA+.

Dobbiamo creare davvero formazione adegauta, corsi preparto ai futuri genitori e psicoterapia affermativa per prevenire l’omobilesbotransfobia sanitaria e migliorare fin dall’infanzia la salute delle persone LGBTQIA+.

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bollo1951 16.5.23 - 10:59

Come Psychiatry on line Italia abbiamo pubblicato sul nostro Canale Tematico YouTube il primo corso completo su "IL LAVORO PSICOTERAPICO CON PERSONE LGBT" realizzato appositamente da Andrea Crapanzano. Credo sia importante proprio in una giornata come questa segnalare il link all'indice nella speranza che i video siano visti e diffusi quanto meritano: [Link deleted]

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