In un momento in cui i rapporti con la civiltà mediorientale sono quantomeno tesi e in cui abbondano posizioni ricche di pregiudizi sulle persone che a quella cultura appartengono, “Le rondini di Tunisi“, settimo romanzo di Alessandro Golinelli, è una perla rara. Rara perché senza essere partigiano – cosa che può sorprendere chi conosce l’autore – riesce a scardinare luoghi comuni rendendo vivida la peculiarità degli uomini maghrebini anche nel loro rapporto con l'”Occidente”.
Protagonista della vicenda un “io narrante” che sarebbe troppo facile accostare allo stesso autore: il “finlandese”, come viene soprannominato dal tassista che lo accoglie appena giunto a Tunisi, vive nella città circondato da amici e amanti con cui ha occasionali rapporti erotici, ma con cui soprattutto condivide giornate che si svolgono all’insegna della precarietà, del non definito, dei rapporti profondi eppure fuggevoli. Non si può dare nome alla relazione che lega il protagonista con Amir, il giovane con cui condivide quasi tutte le sue notti, così come non lo si può dare ai lavori che la maggior parte dei ragazzi si trovano a fare. Assurdo sarebbe poi cercare di dare un nome (“omosessualità”?!) alla disinvoltura con cui i maschi che circondano il finlandese approfittano della sua disponibilità sessuale. Golinelli è bravo nel tracciare questa parte del mondo tunisino dimenticando completamente le categorie di riferimento cui siamo abituati e restituendo così il fascino che il luogo svela a chi lo vuole scoprire.
Quasi come controcampo alla facilità con cui il finlandese vive Tunisi , l’autore traccia alcune figure di stranieri che si ostinano a restare tali pur lavorando e vivendo in questa realtà: un gruppaccio di italiani che passano le serate ritrovandosi tra loro per consumare cene snob e commenti sprezzanti sulla società che li circonda, in cui non mancano esemplari di omosessuali nel perfetto stile “checca acida”. Eppure nessun carattere risulta stereotipato e ogni situazione, grazie alla penna dell’autore, acquista vita e interesse. Soprattutto la vicenda della donna d’affari italiana che si innamora di un uomo tunisino e che difende con passione questo amore non solo dagli attacchi che possono venire dall’esterno, ma soprattutto dalle mille difficoltà che lei stessa crea nel tentativo di convivere con le evidenti differenze di cultura.
Il piano del racconto si sposta, a metà dell’opera, in Italia dove parte dei ragazzi che compongono la compagnia del finlandese riescono a sbarcare dopo alcuni tentativi fallimentari. Il viaggio in gommone, l’approdo, l’incertezza della destinazione, l’arrivo a Milano e il disperato tentativo di condurre qui una vita dignitosa: l’Italia vista dai tunisini è quasi l’immagine capovolta di Tunisi vissuta dal finlandese.
Non ci sembra azzardato dire che “Le rondini di Tunisi” è il più bel libro di Alessandro Golinelli. Lo scrittore pisano trapiantato a Milano impiega qui le sue migliori risorse in termini di costruzione del plot, di capacità nella descrizione di personaggi e situazioni, e anche nell’uso della lingua. Godibile e scorrevole, il libro propone riflessioni attualissime – ma sganciate dal mero cronachismo – sul rapporto tra occidente e cultura islamica o, meglio, maghrebina. Da regalare a chi nutre pregiudizi.
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