Grassofobia, la discriminazione subdola e spietata verso le persone grasse

Colpisce sopratutto le donne e le persone feminine-presenting: la grassofobia. Fa male a tutti e non accontenta nessuno, perché non si è mai troppo magrǝ, troppo tonichǝ o troppo fissatǝ con il proprio corpo.

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grasso fobia discriminazione verso le persone grasse
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A volte è rumorosa ed eclatante – come sulle copertine dei giornaletti di gossip che parlano di chi ha superato la prova costume chi no  – a volte è più subdola – come l’amicǝ che ti parla di una dieta fantastica che le ha fatto perdere 10kg in 5 giorni, che TU dovresti provare assolutamente.

La grassofobia e il body shaming sono così automatici e normalizzati da rendere difficile accorgersi quando li mettiamo in pratica. Tuttavia, il nostro interlocutore ne percepirà distintamente gli effetti, e il messaggio sarà chiarissimo: essere grassǝ è qualcosa di cui vergognarsi, ed è perfettamente accettabile farlo notare.

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Cos’è esattamente la grassofobia?

La grassofobia è la paura e l’odio verso le persone grasse, che ci fa vedere la parola “grassǝ” come un insulto e non come un aggettivo.

È lo stigma a causa del quale vediamo le persone grasse come pigre, stupide e disgustose, o – nel migliore dei casi – come la spalla comica e buffa. Questi stereotipi negativi hanno anche un impatto sistematico, che si traduce in una discriminazione spietata e subdola.

Secondo Virgie Tovar – arrivista del movimento body positive –, la grassofobia è una “forma di bigottismo e discriminazione che ritiene inferiori le persone che pesano di più sia dal punto di vista fisico, intellettuale, morale e di salute”.

Perchè la grassofobia esiste?

Una serie di fattori ha contribuito alla nascita della grassofobia – dal classismo al razzismo, fino a un desiderio di controllo sul corpo femminile da parte delle istituzioni -, quindi identificarne la causa esatta non è un compito facile. Ma possiamo tuttavia osservarne la più prominente.

Il peso è da sempre associato con lo status sociale e il benessere: un tempo, essere “in carne” era positivo, perché il cibo scarseggiava e solo poche persone potevano permettersi di mangiarne in quantità. Oggi, in un mondo dove essere grassi banalmente costa meno (pensiamo alle merendine processate dei discount), essere magri è sintomo di ricchezza.

Avere più tempo per a pensare a cosa mangiare, non badare a spese per prodotti sani e di qualità e potersi permettere la palestra è percepito come uno stile di vita ammirevole e rispettabile – e siamo tutti d’accordo che lo sia. La salute è importantissima. Tuttavia, non è detto che una persona grassa non si occupi di sé stessa tanto quanto una magra. Non possiamo saperlo.

Ma è molto confortante invece sapere che – con il giusto impegno e sacrificio – tutto è possibile. È ciò che il capitalismo vuole da sempre farci credere, mentendo spudoratamente. Quindi, quando vediamo una persona che invece crediamo non si stia prendendo cura del proprio peso – e quindi della propria salute – irrazionalmente ci sentiamo autorizzati ad arrabbiarci e a giudicarla anche se non la conosciamo.

Ma ci dimentichiamo che, nel suo momento peggiore, Amy Winehouse pesava 44kg.

Un altro fattore decisamente prominente, ma di cui si parla meno è quello del controllo. Una persona che impiega tutto il suo tempo a cercare d’incontrare canoni di bellezza spesso irraggiungibili  non ha tempo di pensare a questioni più importanti. E non è un caso che la grassofobia sia una questione a prevalenza femminile.

Quali sono i pericoli della grassofobia?

Gli effetti devastanti della grassofobia impattano costantemente sulla vita delle persone grasse. Secondo gli studi, il fenomeno ha ripercussioni maggiormente sulle donne e sulle persone feminine-presenting. Il corpo maschile non subisce lo stesso tipo di giudizio da parte dei media e delle persone comuni.

E proprio come per ogni forma di bias psicologico, una persona grassa – e quindi marginalizzata– è più soggetta a discriminazioni ed esclusioni, dall’ambiente di lavoro fino al sistema sanitario.

Come per ogni forma di bigottismo, però, la grassofobia non fa sconti a nessuno. Proprio come per il razzismo e l’omofobia, la grassofobia non fa bene né alle persone grasse né a quelle magre. Nessuno vince, e anche se ci sentiamo al sicuro, non lo siamo. Potremmo sempre prendere peso in futuro.

Mettiamo da parte per un secondo il fatto che non si possa dedurre lo stato di salute di una persona dal suo peso. Qualsiasi sia l’intenzione della persona che fa un’osservazione o un appunto riguardo al fisico non sta aiutando, anzi, tutt’altro.

Qualsiasi persona grassa potrà dirti che lo stigma relativo al suo peso è associato ad ansia, depressione e bassa autostima. In tantissimi credono che le critiche siano utili a motivare una persona ad andare in palestra e mangiare meno, ma in realtà l’ansia derivante da esse non fa altro che incrementare gli episodi di binge eating come forma di autolesionismo.

Inoltre, lo stigma fa sì che una persona grassa subisca discriminazioni in ogni aspetto della propria vita. In uno studio della Vanderbilt University Law School è stato riscontrato che in America le donne grasse arrivano a prendere fino a 19.000$ in meno annualmente rispetto a quelle magre. Questo perché le persone che non dimostrano “bella presenza” – un termine che in Italia piace tantissimo – vengono relegate a lavori più usuranti e meno pagati. Alla faccia dello stereotipo che associa le persone grasse con la pigrizia.

Le persone grasse inoltre subiscono discriminazioni anche dal sistema sanitario. Quante volte una donna è andata dal medico per un problema non correlato al proprio peso corporeo e si è sentita dire: “Forse, se perdessi peso, non avresti di questi problemi”.

Una persona che va da un medico vuole una diagnosi, non un’ipotesi basata sul proprio aspetto fisico. E tante volte questa diagnosi non arriva perché si assume che il problema sia il peso, quindi non vengono prescritte analisi né trattamenti a cui invece una persona magra ha accesso.

Le ricerche evidenziano infatti che – in alcuni casi – le persone grasse evitano gli studi medici di proposito a causa dell’ansia derivante dal body-shaming messo in atto da alcuni professionisti. Il che risulta rischiosissimo nei casi in cui una diagnosi precoce potrebbe determinare vita o morte.

Ma non finisce qui. Lo stress causato dal body-shaming spesso sfocia in patologie come depressione e ansia, che non vanno via con i chili persi. Le ferite lasciate nella psiche di una persona rimangono anche quando questa perde peso. E queste ferite non fanno che rifornire un circolo vizioso a causa del quale una persona arriva a pensare di non valerne la pena, e quindi dimentica di prendersi cura di sé stessa, sia a livello fisico che mentale.

Il lato oscuro del body positive

Il body positivity movement è nato con l’obiettivo di alleviare lo stigma derivante da quelli che sono definiti come difetti corporei: il grasso, le cicatrici, le smagliature, amputazioni etc. Il messaggio da veicolare è che

Non importa come si presenta il nostro corpo, abbiamo il diritto di amarci e di essere amati”.

Il che è sacrosanto e di beneficio per le prossime generazioni, che potranno perseguire i propri obiettivi e le proprie aspirazioni senza farsi frenare dal proprio aspetto fisico. Questo è anche ciò che vuole mostrare il lato buono della grassopositività.

Il numero sulla bilancia è irrilevante se sei felice, ti prendi cura di te stessǝ e ti ami per come sei. Tuttavia, esiste un lato oscuro del movimento body positive, e per onestà intellettuale è bene parlare anche di questo. Soprattutto perché è proprio questo tipo di estremizzazione che rovina la percezione verso tutto il movimento.

Ci ricordiamo tutti una Kate Moss alta 1.70 e pesante 47kg scarsi appariva su tutte le copertine con il suo motto “Nothing tastes as good as skinny feels.

Grassofobia, la discriminazione subdola e spietata verso le persone grasse - katemoss - Gay.it

E ci ricordiamo anche delle pesantissime polemiche – giustificate – riguardanti l’impatto che questo tipo di messaggio poteva avere sulle bambine di tutto il mondo. Non è un caso che tra gli anni 90’ e i primi del 2000 si sia riscontrato un picco di disordini alimentari portati dalla celebrazione della magrezza estrema.

Quindi, qual è la differenza con una Tess Holliday alta 1.65 e pesante 140kg sulla copertina di Cosmopolitan? Non si tratta forse di un’ennesima glorificazione di una fisicità estrema – non raggiungibile dai più?

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Il discorso è piuttosto controverso, perché se non si può assumere lo stato di salute di una donna estremamente magra, non si può farlo neanche per una estremamente grassa. Tuttavia, siamo d’accordo che entrambe non debbano essere viste in ottica aspirazionale per le nuove generazioni.

La felicità non deriva dal rientrare in dei canoni di bellezza estremi in contrapposizione a quelli che abbiamo visto fin’ora, e non è questo ciò che il movimento body positive vuole trasmettere, sebbene tantissime frange estreme vorrebbero fartelo credere, minacciando la tua salute.

Ma purtroppo, l’essere umano manca di equilibrio ed è prono agli estremismi.

Potremo davvero raggiungere la felicità quando tutti avranno la possibilità di prendersi cura di sé stessi al meglio, a prescindere dall’aspetto fisico e dalle aspettative della società. Quando non esisterà più una diet culture che ci prepara al fallimento perché solo così risulta profittevole.

Ma soprattutto, quando non dovremo più fare questo tipo di discorso.

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