Nel 2014 Iris sognava una donna bionda e dagli occhi azzurri. Quando su una dating app ha conosciuto Giada ha trovato questo e molto altro. Tra le due è scattata una scintilla che le ha portate a convivere nel giro di sei mesi.
Entrambe psicologhe, dopo essersi sposate nel 2018 e dopo l’arrivo della cagnolina Kora, un giorno, lungo una spiaggia di Miami, scelgono di allargare la propria famiglia: “La gente non va a Miami per decidere di fare un figlio” scherza Giada, eppure è stato proprio in quel momento che le due donne hanno iniziato a far spazio a quel desiderio, maturando un nuovo capitolo della propria storia d’amore.
Percorso semplice a dirsi, ma nel concreto più imprevedibile del previsto: “Quando i medici chiedono chi delle due ha desiderio di portare avanti la gravidanza non è così scontato, perché non è per tutte uguale” racconta Iris “A noi interessava capire a livello medico chi delle due fosse più adeguata e abbiamo scoperto velocemente che i programmi non servono a nulla, almeno nel nostro caso.”
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Dopo alcuni cambi di clinica, le due si sono spostate in Spagna per avviare il percorso di ROPA, trattamento di riproduzione assistita che permette ad entrambe le donne di partecipare attivamente alla gravidanza. “Non penso che serva la ROPA per vivere una maternità condivisa” sottolinea Iris “Anche le donne che fanno percorsi di inseminazione intrauterina (IUI) vivono la maternità insieme, ma per noi però la ROPA è stata la risposta che ci ha trovate a metà strada”.
L’acronimo ROPA sta per “Recepción de ovocitos de la pareja”, ovvero “Ricezione di ovociti dalla coppia”. È un trattamento di fecondazione in vitro (FIVET) in cui una delle donne fornisce gli ovuli e l’altra porta avanti la gravidanza. In Italia la pratica è vietata, ma due donne italiane possono andare in Spagna e avvalersi di questo metodo scientifico. È quel che hanno fatto Iris e Giada.
Dopo la donazione degli ovuli di Iris, le due donne si trovano ora (Marzo 2023) nella fase di preparazione endometriale, che letteralmente ‘prepara’ il corpo di Giada ad accogliere l’embrione nell’utero (gli ovuli prelevati sono stati fecondati con il seme di un donatore con le sue stesse caratteristiche). Sostanzialmente una sorta di ‘riscaldamento‘ del corpo alla gravidanza.
Step fondamentale di un percorso in costante salita e dall’esito ancora sconosciuto: “Non è detto che vada tutto come vogliamo” spiega Iris a Gay.it “Va vissuto giorno per giorno, e vogliamo rimanere ancora con i piedi per terra”.
Un viaggio a due nel quale non mancano preoccupazioni e insicurezze, ma in cui entrambe fanno la propria parte: quando non arriva una, subentra l’altra.
È proprio partendo da queste paure che hanno dato vita a Mamme a Modo Nostro, profilo Instagram attraverso il quale condividono il proprio ‘diario di bordo’ verso la maternità, tra gioie, incertezze, attivismo, e l’obiettivo di sfatare quei cliché qualunquisti che la nostra classe politica continua a rafforzare: “Il nostro governo ci ha dato purtroppo del materiale per ampliare il discorso” dice Giada. “Ma la psicologia è molto chiara a riguardo, abbiamo scelto di raccontare il nostro percorso ma anche dare voce nel nostro piccolo al fatto che ci sono cinquant’anni di studi che dimostrano il benessere dei bambini nati in famiglie omogenitoriali, e normalizzare la nostra esperienza senza stereotipi o disinformazione.”
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Il profilo è diventato anche un punto di ritrovo per chiunque stia intraprendendo un percorso simile e necessita confronti, domande, o delucidazioni apparentemente banali, ma di cui non si parla mai abbastanza.
“È un percorso a pagamento, in tutto e per tutto” spiega Iris “La fecondazione ha un costo e ogni clinica ha il suo. In aggiunta al viaggio e la permanenza. I farmaci in primis costano molto, in aggiunta a tutti i controlli medici che bisogna fare”.
Pur non avendo vissuto episodi omobitransfobici – se non qualche commento inopportuno – le ripercussioni di un governo che non vuole riconoscere l’omogenitorialità sono sempre dietro l’angolo: “Anche solo l’atto di dover espatriare per un percorso che in Italia è permesso solo coppie eterosessuali è una discriminazione gigantesca“.
Il percorso di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) in Italia è vietato alle coppie formate da due donne e permesso a quelle eterosessuali, mentre la GPA (Gestazine per Altri) non è permessa né alle coppie eterosessuali che omosessuali (Non solo, Governo Meloni intende renderlo reato universale: 4 ad oggi le proposte di legge depositate dalla destra per punire le coppie omosessuali italiane che vanno all’estero per avvalersi di GPA).
In Spagna Giada e Iris sono state accolte in modo egregio, ma non dovrebbe essere la norma ovunque? “Il fatto che ci stupiamo di non venire discriminate è già un problema” dice Iris.
Eppure Iris e Giada continuano il loro percorso senza schiodarsi, rispondendo a queste paura con cultura, studio, e grande empatia.
“Associazioni come Famiglie Arcobaleno sono importantissime, perché fanno supporto in più territori e creano spazi di confronto” spiega Iris, sottolineando l’importanza di non farsi scrupoli a fare rete e domande di ogni tipo. Anche combattendo quei retaggi che senza accorgercene, potremmo aver sedimentato dentro di noi: “Nel mio caso ero molto frenata dall’omofobia interiorizzata con cui sono cresciuta” spiega Iris “Il supporto psicologico mi è stato davvero molto utile, perché mi ha permesso di ascoltare il mi desiderio di maternità, accettando le mie paure e preoccupazioni e vivendo questo percorso con più consapevolezza”.
Non resta che aspettare, ma non c’è timore in grado di spegnere il loro entusiasmo. Come dice Giada: “A volte le cose si fanno senza badare alle conseguenze. Le conseguenze verranno dopo. Le paure si affrontano quando ci sono“.
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