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“It’s a Sin”, intervista a Omari Douglas: “Un personaggio black orgogliosamente gay può essere di grande ispirazione” – VIDEO

L’acclamatissima serie britannica di HBO sbarcherà in Italia su Starzplay a partire dal 1 Giugno. Ecco la nostra intervista ad un altro dei suoi protagonisti!

5 min. di lettura

Continua il nostro ciclo di interviste ai protagonisti del Pink Palace londinese. Quando anche voi vedrete i cinque episodi di It’s a Sin dal prossimo 1 Giugno in esclusiva su Starzplay vi innamorerete del personaggio di Roscoe e dei giovani attori che interpretano un gruppo di amici alle prese con un nemico ancora sconosciuto nella Londra degli anni Ottanta.

Per Omari Douglas, che interpreta il ruolo di Roscoe, la fortunata serie britannica è stata un’esperienza unica e occasione di riflessione personale su temi importanti.

Gay.it ha potuto vedere in anteprima la serie e intervistare Omari, dopo aver fatto altrettanto con Nathaniel Curtis.

Penso che quella del tuo personaggio sia una delle migliori introduzioni di un personaggio di sempre (mi riferisco a quando Roscoe lascia la casa dei genitori). Che cosa ammiri di Roscoe e com’è stato calarsi nei suoi panni?

Ammiro la sua audacia, la sua sfacciataggine, il suo coraggio, ammiro che sia un ragazzo così audace e a cui non importa cosa pensano gli altri. Quello che penso lo renda così interessante è anche il prezzo da pagare per essere così, penso che tutta la sua tenacia e la sua forza vengano dall’essere stato rifiutato dalla sua famiglia. Vivere quel rifiuto gli ha dato la carica per andare avanti nella vita, pensando “se loro non mi accettano, troverò il mio posto altrove”. È per questo che riesce a costruirsi una corazza, sia emotiva che estetica; c’è un che di artistico in questo. Ho anche fatto un po’ di ricerca per conto mio e ho realizzato che per molte persone che hanno vissuto in quel tempo, specialmente per le persone queer di colore, valeva lo stesso discorso: erano persone che volevano solo esistere, vivere, muoversi come gli pareva, comportarsi liberamente. Essere se stessi. Ed è proprio questo che Roscoe fa: è unicamente se stesso, la sua unicità è quello che mi ha attirato a lui maggiormente, volevo essere anche io parte di quel processo ed è stato davvero meraviglioso.

Non possiamo nasconderci che ancora nel 2021 c’è un’importante mancanza di personaggi queer di colore sul piccolo schermo. Cosa ha rappresentato per te la serie da questo punto di vista, proprio in termini di rappresentazione?

Penso che la priorità sia rendere giustizia alla storia, e lo è stato anche per me, ma in alcuni momenti me ne dimenticavo. Ho dovuto imparare a lasciarmi andare perché non si possono accontentare tutti, specialmente per qualcuno che non si è mai visto rappresentato. Si creeranno sempre delle aspettative che non si possono soddisfare. Per le persone queer di colore, siccome ognuno vive la propria specificità diversamente e siccome ci sono sempre stati tanti ostacoli affinché le persone queer di colore raccontassero le proprie storie, quando finalmente si vedono rappresentati ognuno di loro avrà delle aspettative in base a come loro stessi vorrebbero che il personaggio fosse. Io mi sono voluto distaccare da questo e rendere solo giustizia alla storia, ma la risposta proprio della comunità queer di colore è stata molto positiva. Questo per me era molto importante: perché in termini di visibilità, specialmente per i giovani che stanno cercando di scoprire chi sono o di capire chi sono, o per le persone che si sentono sole, vedere un personaggio come questo può farle sentire validate. Vedere un personaggio che è stato in qualche modo rifiutato uscire da quell’ambiente e trovare un mondo in cui è circondato da persone che lo amano credo sia una grande ispirazione, Roscoe ispira in questo senso.

Personalmente, ho amato lo stile di Roscoe. Che ne pensi dei suoi look e cosa ci dicono di lui come personaggio? So anche che tu sei un grande amante della moda: come vivi questa tua passione?

Per Roscoe penso che ci sia un elemento di “fai da te” in ogni cosa che fa. Lui crea, rielabora, tutto ciò in cui lo vediamo è stato oggetto di riflessione e costruito attentamente. C’è un senso di punk in lui e quella cultura è riflessa in ogni cosa che fa. Anche quando mette l’abito, lui abbina il chocker. C’è una scena nel quarto episodio in cui ha una sorta di camicia coreana e in cui indossa il papillon come chocker. È sovversivo, va contro il sistema nella sua unicità e questo viene espresso nel modo in cui si presenta ed esprime al mondo. Penso che la sua esteriorità veicoli il messaggio che lui vuole comunicare al mondo. Penso che lui voglia dire molte cose in realtà, vuole dire “non sarò conforme a come voi volete che io sia”, e anche “sono un uomo di colore e non sarò conforme neanche alle aspettative che avete su di me per questo”. È sé stesso ma elevato all’ennesima potenza, ha un punto di vista molto unico del mondo e lo presenta con un atteggiamento alla “prendere o lasciare”, essenzialmente. Ho amato ogni capo del suo guardaroba, era fantastico, ogni cosa era pensata al dettaglio, con il costumista abbiamo parlato della sua evoluzione nel tempo e di come sia passato da abiti più eccentrici ad abiti più tenui mantenendo sempre il suo stile. Ma il mio stile non è stravagante come il suo. Penso di avere uno stile perlopiù referenziale! Sono sempre ispirato da immagini degli anni 60 e 70, amo le camicie con grandi colletti, se dovessi scegliere un periodo in particolare direi che gli anni 70 sono quelli da cui prendo più ispirazione. Mi piace provare cose nuove ma mi piace anche reinventare, in questo io e Roscoe siamo simili! Mi piace recuperare dal mio armadio vecchi capi che non metto da molto e reinventarli. Inoltre, è una pratica di sostenibilità, mi piace fare la mia parte anche nella tutela dell’ambiente!

It’s a sin, trailer e trama

https://www.youtube.com/watch?v=5VvQjhLEnh4&ab_channel=STARZPLAYItalia

Ritchie, Roscoe e Colin sono tre giovani ragazzi estranei tra loro che, pieni di speranza, ambizione e gioia, nel 1981 vanno via di casa, a soli 18 anni, per vivere a Londra. Ma si trovano a scontrarsi con un virus che la maggior parte del mondo ignora.

Ritchie viene dall’Isola di Wight: intelligente e presuntuoso, è l’anima della festa ed è determinato a diventare un attore. A casa è il figlio perfetto, eppure non riesce ad ammettere ai suoi genitori e alla sorella la verità su se stesso – un problema che cresce e peggiora con il passare degli anni.

Roscoe, al contrario, ha fatto coming out, ad alta voce e con orgoglio, ed è fuggito da una famiglia fortemente religiosa. È un duro, un sopravvissuto e un lupo solitario. Vuole avere successo ad ogni costo, il che lo porterà in situazioni estreme dove dovrà testare il proprio limite.

Colin viene dal Galles del Sud, dove ha lasciato sua madre per iniziare un apprendistato a Savile Row. Silenzioso, timido e divertente, è il cuore del gruppo, il più gentile e onesto.

Insieme ai loro amici Jill e Ash, i ragazzi affittano un appartamento nel cuore della città. Anno dopo anno, episodio dopo episodio, la serie attraversa il decennio dal 1981 al 1991. La vita che scorre – nuovi lavori, nuovi amori, nuove avventure – con il mistero di un nuovo virus costantemente sullo sfondo. Parte come una voce, per diventare prima una minaccia, poi un timore, e infine un qualcosa che li lega insieme nella lotta.

La serie parla dei loro amici, degli amanti e delle famiglie, e parla in particolare di Jill, la ragazza che li ama, li aiuta e li galvanizza nelle battaglie a venire. Insieme sopporteranno l’orrore dell’epidemia, il dolore del rifiuto e i pregiudizi che gli uomini gay hanno affrontato durante il decennio.

Ci sono perdite terribili e amicizie meravigliose, e famiglie complesse, spinte al limite se non oltre. Questa è una serie che ricorda i ragazzi che abbiamo perso e celebra quelle vite che hanno vissuto con tanta intensità.

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