In un articolo intitolato “Unioni civili: la fretta e gli interessi della Cirinnà” il sito Notizie ProVita , una delle voci del popolo del Family Day, accusa Monica Cirinnà di avere degli interesse economici che la spingono a intestarsi la battaglia sulle unioni civili della cui legge è relatrice.
Il sito prende spunto da un articolo scovato sul sito Dagospia e uscito originariamente su Libero a firma di Franco Bechis, uno dei nomi più autorevoli di quel quotidiano. L’articolo di Bechis, ripreso da ProVita, racconta che Monica Cirinnà e suo marito Esterino Montino sono proprietari di locali nel quartiere romani di Testaccio frequentati anche da clienti gay e che, quindi, trarrebbero profitto da queste attività legate al mondo lgbt.
“Quello che ProVita non sa – ci racconta Monica Cirinnà al telefono – è che per quell’articolo Franco Bechis è stato accusato di diffamazione e condannato ad un risarcimento di 50 mila euro a mio marito e 20 mila a me”.
Ma ricostruiamo i fatti e facciamo chiarezza.
“Quell’articolo risale a quando mio marito divenne presidente reggente della Regione Lazio dopo che Piero Marrazzo, travolto dallo scandalo, si dimise – spiega la senatrice del Pd -. Il primo a scoprirlo fu mio figlio, il piccolo, che la mattina segue la rassegna stampa di RaiNews24 in cui diedero conto di quel pezzo di Bechis”.
Un articolo, come dimostra la condanna, pieno di inesattezze. “Era un momento molto delicato: mio marito alla Regione Lazio, io impegnata con le mie battaglie in Campidoglio e Libero si intestò una campagna durissima contro Marrazzo e la sua giunta: scoppiò un putiferio – continua Cirinnà -. La verità è un’altra: io e mio marito comprammo moltissimi anni fa dei locali a Testaccio, al numero civico accanto all’Alibi (noto locale della zona, erroneamente citato da Bechis come di proprietà della coppia). Abbiamo quattro figli e decidemmo di fare un investimento per il quale paghiamo ancora un mutuo acceso presso la Banca di Credito Cooperativo di Roma. Noi, però, facciamo un altro mestiere, non abbiamo mai gestito alcuna attività: quei locali sono in affitto ad altre persone che li gestiscono un ristorante al piano terra ed un pub, il Coyote, al piano di sopra. Per altro non siamo mai stati proprietari dell’Alibi”.
Uscito l’articolo, in cui si diceva che “Marrazzo dà i soldi ai trans e il suo vice dai trans li prende”, Cirinnà e Montino presentano querela per diffamazione contro Bechis e vincono la causa: i giudici decidono per un risarcimento pari a un totale di 70 mila euro.
Allora, perché tirare fuori questa storia, che risale al 2009, adesso? La senatrice, che si riserva di sottoporre la questione ai suoi legali, non ha dubbi.
“Per dirla alla romana, vuol dire che sono alla canna del gas – spiega -. Siamo alla macchina del fango pura. E la macchina del fango parte quando gli altri metodi di opposizione sono falliti o non si sono mai tentati. Perché vorrei ricordare che io sono disposta al dialogo con chiunque lo voglia. Ho girato e sto girando l’Italia in lungo e in largo per confrontarmi, non solo con la comunità lgbt (questa sera la senatrice è ospite del circolo Arcigay di Pistoia, ndr), ma anche con altri. Ho fatto anche un incontro con le chiese evangeliche che me l’hanno chiesto. I cattolici dialoganti non usano questi mezzi“.
“Stiamo arrivando a livelli di ingiuria personale e di fango incredibili – continua -. Ricevo offese di ogni genere, mi arrivano tweet che augurano sciagure a me e alla mia famiglia e stanotte ho ricevuto una svastica”.
Quello che c’è da fare, per la senatrice è chiaro. “Questo è un motivo in più per accelerare sul DDL – dice -, prima che si arrivi a livelli di polemica e di scontro più elevati”. Accelerare, dunque, ma in che termini? “Martedì mattina avremo la relazione del ministero dell’Economia e delle Finanze sulle coperture – garantisce – e non escludo che si possa arrivare in aula nei giorni tra il 3 e il 6 agosto, prima che il Senato chiuda per la pausa. Ci sono moltissime ragioni per accelerare: opporre al fango i fatti è una di queste”.
di Caterina Coppola
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