“Addio al DDL Zan. Il Pd si oppone alla calendarizzazione del testo perché non ha i voti. La finta “priorità” può aspettare“, titola Il Giornale in prima pagina. E ancora. “Resa del Pd. Rinviato il DDL Zan“, continua Libero. E ancora. “Il Pd teme il flop sul DDL Zan e fa rinviare tutto a dopo il voto“, insiste Il Tempo.
I quotidiani vicini alla destra nazionale si sono concessi capriole di giubilo, questa mattina, dinanzi alla decisione della Conferenza dei Capigruppo di Palazzo Madama che ha deciso di rinviare a dopo le elezioni amministrative il ritorno in Senato del DDL Zan. Che non è morto e/o sepolto, come scritto da più parti. Molto semplicemente, i tempi della politica, quelli tecnici, hanno vinto.
Il DDL Zan deve ancora terminare la discussione generale, resa indimenticabile lo scorso luglio dagli interventi dei senatori leghisti, berlusconiani e meloniani. Poi c’è il rischiosissimo voto sul “non passaggio agli articoli“, a scrutinio segreto, chiesto da Lega e FDI. Successivamente, eventualmente, i mille emendamenti. Tornati dalle vacanze i senatori dovranno votare la riforma Cartabia sulla giustizia, che ha priorità su tutto. DDL Zan compreso. A ottobre ci sarà la legge di Bilancio, senza dimenticare che a inizio 2022 bisognerà eleggere un nuovo Capo dello Stato. In quei 90 giorni, ovvero tra inizio ottobre e capodanno, conosceremo che fine farà il DDL Zan. Se sarà votato e confermato, a un anno dal passaggio a Montecitorio, oppure modificato, e di fatto costretto a ricominciare l’iter da zero, con il serio rischio di andare a giacere su un binario morto.
Poi è evidente che si stia giocando una partita politica, a cavallo del DDL Zan e sulla pelle di un’intera comunità. Con Italia Viva decisiva e pronta a votare insieme a Salvini e Berlusconi, la legge contro l’omotransfobia sarebbe appesa ad un filo se tornasse domani in aula nell’ipotesi astratta di un Senato libero da altri impegni. Tra un mese, a elezioni amministrative archiviate, il bilancino politico della maggioranza potrebbe cambiare scenario, con una campagna elettorale alle spalle ed eventuali vittorie (e sconfitte) da poter far pesare. L’urgenza c’era a giugno e c’è ancora oggi. Ma andare allo sbaraglio dopo 30 anni d’attesa sarebbe da irresponsabili. Quell’irresponsabilità su cui certi quotidiani continuano a soffiare, alimentando fake news.
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