Diego Moreno è un fotografo messicano basato in Svizzera, nato nel 1992 a San Cristóbal de La Casas, in una famiglia profondamente cattolica. I ricordi d’infanzia segneranno la sua produzione artistica interamente incentrata sulla tradizione messicana e la religione.
Diego Moreno inizia a studiare fotografia in modo indipendente e nel 2012 gli viene assegnata una borsa di studio dal World Press Photo, grazie alla quale riesce frequentare un master in Fotonarrativa e New Media, a Città del Messico. Successivamente si laurea in fotografia contemporanea presso il Centro de la Imagen e il Centro de las Artes de San Agustín, Etla a Oaxaca.
Il suo lavoro fa parte di numerose mostre personali e collettive in tutto il mondo e gli ha fruttato due importanti pubblicazioni:
HUÉSPED
Un album di famiglia che attraverso immagini e testi racconta la complessità della sua storia familiare, segnata da inquietanti cicli di violenza domestica, maschilismo e attaccamento alla religione cattolica.In my mind there is never silence
Ppubblicato tre anni dopo, questo lavoro è incentrato sui Panzudos che rappresentano i peccati: più una persona deve espiare, più grande e brutto sarà il suo abbigliamento, e solo così potrà curare i suoi peccati.
Abbiamo incontrato Diego Moreno per voi.
Che rapporto hai con la religione?
Decisamente troppo intenso, sono cresciuto in un ambiente estremamente religioso, infatti sono stato completamente immerso nella religione cattolica sin da piccolo. Tutta la mia famiglia fa parte di questa dottrina religiosa da molte generazioni e nella mia città gran parte dei suoi abitanti è stata governata sotto questa “struttura”. Per dodici anni quando ero bambino ho servito la chiesa, facevo il chierichetto, frequentavo molto spesso la chiesa, aiutavo nei riti cattolici e questo è stato un fatto che ha segnato completamente la mia vita.
La religione ti ha segnato.
Sono cresciuto con il senso di colpa per le mie preferenze sessuali. Sono bisessuale, ma da piccolo non sapevo dare un nome alle cose, e quello che sentivo in chiesa era sempre una condanna. Le preferenze sessuali diverse sono condannate con la punizione dell’inferno, per vivere nel peccato. Ciò ha fatto sì che durante l’infanzia, a parte la violenza che ho ricevuto nella mia famiglia e nel mio ambiente per essere diverso, sono cresciuto con molti sensi di colpa per essere quello che ero, in chiesa la punizione che hanno ricevuto gli omosessuali è stata qualcosa che mi ha riempito di paura. Questi pensieri mi rendevano molto infelice da bambino, la religione punisce la differenza .
Dicevi della famiglia.
Sì, a casa mia ho subito molta violenza fisica e psicologica per essere diverso, quindi praticamente ho vissuto in una realtà in cui ero un mostro, un mostro per essere diverso dalle regole stabilite nella mia famiglia. Penso alla famiglia e alla religione come sistemi di violenza silenziosa, motivo per cui ho riflettuto su questi due elementi principali nel mio lavoro.
Penso che l’iconografia cattolica sia ancorata nella mia mente e nel mio modo di intendere l’estetica nella mia vita. Come ho detto, ho passato molto tempo in chiesa, ricordo perfettamente di aver provato molta paura nel vedere i santi avvolti nel velluto, le vergini che piangevano e i santi pieni di sangue, come se per tutto il tempo fossi stato in un luogo misterioso, un luogo di terrore. Ecco perché la mia suggestione per l’iconografia, ora la uso nel mio processo creativo come detonatore di nuove possibilità nel mio immaginario, mi avvalgo della sua visione apocalittica, dei personaggi del “male” nella religione come protagonisti della mia storia, che sono i disubbidienti, i ribelli, come il diavolo, li uso per dire la mia stessa verità, come una sorta di buffa vendetta contro tutta la violenza che la religione cattolica e la mia famiglia hanno esercitato su di me.
Qual è per te il legame tra sessualità e arte?
Penso che sia fondamentale riflettere sulla sessualità nel mio lavoro, perché fa parte della complessità della condizione umana. Nel mio contesto la sessualità è un tabù, perché è associata al corpo, e questo è sempre stato visto come qualcosa di ripugnante, come un peccato. Pensare al piacere è qualcosa di brutto, si crede che il corpo sia solo per la procreazione e tutto ciò che accade al di fuori di quello è sbagliato. L’ambiente conservatore in cui vivo è quello che indica sempre il corpo e la sessualità come qualcosa di negativo. Ecco perché ho trovato l’urgente necessità di riflettere sullo spettro della sessualità nel mio lavoro fotografico. È molto triste pensare che spesso gli esseri umani preferiscono vedere un corpo violato o mutilato piuttosto che un corpo nudo. Nel mio lavoro di artista pongo la domanda: cosa sono la sessualità e il corpo e il desiderio all’interno del nucleo familiare? È una domanda molto semplice, ma nell’ambiente familiare è difficile rispondere. Molte famiglie hanno difficoltà a parlare apertamente del sesso, del piacere, della complessità del corpo.
Perché la nudità?
Nella mia serie HUÉSPED, ho iniziato a usare la nudità nella mia famiglia perché questo gesto, spogliarci tutti, era qualcosa di impensabile, a causa dei pensieri di vergogna dettati dalla religione. Mia madre, nonna, zie, fratelli, cugini, si sono spogliati davanti a me come atto d’amore. È stato molto interessante vedere come i membri della mia famiglia hanno riflettuto sul proprio desiderio, sul proprio corpo e sulla propria identità attraverso l’atto fotografico. Fortunatamente il mio lavoro ha riformulato il loro modo di pensare conservatore e ho potuto conoscerli a fondo senza pregiudizi. Ecco perché la sessualità mi sembra un asse fondamentale nel mio lavoro, perché mi permette di conoscere l’altro in modo profondo, di esplorare la mia stessa sessualità in compagnia degli altri; nel mio lavoro di artista, suscita la riflessione del desiderio come qualcosa che ci riempie continuamente di nuovi contenuti, penso al corpo, alla sessualità e alla fotografia come generatori di legami profondi, detonatori del desiderio, del contatto con l’altro. La sessualità come parte delle questioni fondamentali del mondo contemporaneo.
Com’è la vita LGBTQ+ in Messico?
Complessa come in tanti altri posti nel mondo, per via dei contesti di maschilismo, di religione, ma anche molto arrabbiata e radicale, ribelle. Il Messico è il secondo posto dei transfemminicidi nel mondo, è una statistica molto triste e dolorosa. Credo che lo spettro LGBTQ+ sia uno dei più violati nella storia del Messico ma anche uno dei più resistenti. Esiste perché resiste e questo è speranza. A Città del Messico ci sono stati grandi passi avanti in termini di diritti e welfare per la comunità LGBTQ+, in altri stati del Messico c’è ancora un progresso molto lento. Credo che internet serva da luogo di denuncia e visibilità per tutto questo spettro. Sono molto entusiasta nel vedere le nuove generazioni vivere una maggiore fluidità e creare luoghi di confronto con gli altri. È incoraggiante vedere che ci sono sempre più persone che cercano un modo per rendere visibile il loro mondo, per raccontare la loro storia. La vita LGBTQ+ in Messico è vissuta in modi diversi in un territorio così vasto, ma quello di cui posso essere certo è che è vissuta con intensità, con ribellione e con molta empatia.
Qual è la tua foto preferita?
Ho molte serie e ho alcune foto preferite di ognuna. Ma ultimamente c’è un pezzo che mi fa impazzire solo a guardarlo ed è: Dos lunas de Octubre I (autoritratto) è un intervento grafico con acrilici e matite colorate su una fotografia d’archivio di un bambino, sono intervenuto sul viso, l’ho sfigurato. Sento che questo pezzo mi definisce molto, perché è un bambino che vive tra due mondi, diciamo, tra il bene e il male e l’uno non esiste senza l’altro.
Da dove prendi ispirazione?
Mi ispiro a tutto ciò che mi circonda e da tutto ciò che la maggior parte delle persone considera “anormale”; la mia principale fonte di ispirazione sono i mostri, il terrore, la paura, la visione apocalittica della religione, il sesso, il desiderio, l’affetto e la complessità della condizione umana. Ma credo anche che la mia più grande ispirazione sia mia nonna materna Clemencia e la mitologia popolare della mia gente e l’affascinante scontro di culture che esiste nel mio paese: il Messico.
Cosa pensa la tua famiglia della tua arte?
È stato un processo lungo e affascinante di comprensione per molto tempo. Posso dire che la mia famiglia ora capisce molto bene chi sono e il mio modo di vedere il mondo attraverso il processo artistico. Vengo da una famiglia in cui l’arte non è un fatto importante della vita. Tutta la mia famiglia si dedica all’istruzione nelle scuole pubbliche. Sono sempre stato il tipo strano della famiglia, fin da quando ero molto giovane avevo l’interesse per disegnare, dipingere ma gli uomini della mia famiglia dicevano che era solo per donne. Quindi parte della mia vita è stata mutilata dal machismo. Anni dopo quando avevo quattordici anni ho deciso che la fotografia era quello che volevo fare da molto tempo, ma a casa non si vedeva mai bene che mi ci dedicassi perché tutti mi dicevano che non mi avrebbe fatto guadagnare, che non mi sarebbe servito a niente.
Eppure la tua famiglia è protagonista della tua arte.
Hho camminato da solo contro il mondo per diversi anni seguendo la mia intuizione e trovando nella fotografia un modo per abitare il presente, che a quel tempo era per me molto violento. E in un certo senso mi sono aggrappato alla fotografia da quando avevo quattordici anni. Pochissime persone credevano in me. Anche anni dopo che il mio nome ha cominciato a essere conosciuto dal mondo, la mia famiglia ha capito che ero un artista e mi ci sono voluti diversi anni per capire che quello che stavo facendo era arte e che potevo guadagnarmi da vivere. Il mio soggetto principale è stata la mia famiglia da più di quindici anni, ed è stato un apprendimento reciproco, mai avrei pensato di creare legami così profondi facendo fotografia e trasformandoci nel tempo. Accettano molto bene il mio modo di fare arte e negli ultimi anni sono stati parecchio coinvolti nel mio lavoro, nel posare per le foto, nell’aiutarmi a costruire scenari, personaggi e sebbene molti membri della mia famiglia trovino difficile accettare di toccare temi delicati come la religione o il corpo, hanno cambiato posizione, è una cosa che mi rende molto felice perché mai me lo sarei immaginato.
https://www.instagram.com/diiegotv/
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.