Omotransfobia, drammatico report Emilia Romagna: “Una persona LGBTQI+ su 5 ha subito aggressioni fisiche”

Sono i primi risultati emersi da un'indagine promossa dalla Regione e rivolta alle persone LGBTQI+, con oltre 1000 questionari.

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bologna
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In Emilia-Romagna è attivo dal 2021 un tavolo tecnico con funzioni di Osservatorio, previsto dalla “Legge regionale contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamenti sessuale o dall’identità di genere” (L.R. 15/2019). Composto da 34 persone – in rappresentanza dell’Agenzia regionale del lavoro, dell’Ufficio scolastico regionale, dei diversi servizi regionali e comunali, oltre alle associazioni LGBTQI+ – il tavolo ha tre compiti: raccogliere dati, monitorare i fenomeni di violenza ed elaborare buone prassi.

Ed è da alcuni di questi dati che emerge un dato a dir poco allarmante, per quanto riguarda la comunità LGBTQI+ regionale.

Una persona LGBTQI+ su cinque ha subito aggressioni fisiche, una su due ha ricevuto minacce o insulti, tre su quattro è stata calunniata o derisa.

Sono i primi risultati emersi da un’indagine promossa dalla Regione e rivolta alle persone LGBTQI+, per indagare sul fenomeno, spesso sommerso, delle discriminazioni e violenze determinate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere. La ricerca si è svolta tra il 15 luglio e il 9 ottobre attraverso un questionario disponibile sul sito Parità della Regione, diffuso in collaborazione con le associazioni LGBTQI + dell’Emilia-Romagna, che rientra nell’ambito di un più ampio progetto che la Regione ha avviato nel 2021 in collaborazione con il Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia applicata (FISPPA) dell’Università degli Studi di Padova.

Sono stati 1.125 i questionari raccolti, di cui 1.054 ritenuti validi (93,6%). Di questi: il 98,2% da persone di nazionalità italiana, l’88% residenti in Emilia-Romagna e per la quasi totalità dei casi (99,2%) domiciliati nella regione.

Dei 1.054 questionari validi, il 47% è stato compilato da uomini (l’87,7% dei quali si definisce gay, l’8,1% bisessuale , mentre il 4,1% dichiara altre autodefinizioni); il 38,7 % da donne (il 56,7% delle quali si dichiara lesbica, il 25,6% bisessuali, mentre la percentuale che opta per altre definizioni è del 17,2%).

Il 14,3% dei questionari validi raccolti fa riferimento a persone che si definiscono trans/non binarie.

Vogliamo rafforzare e sostenere con misure concrete la battaglia contro le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale. E conoscere è il primo passo per mettere in campo politiche efficaci. Questa indagine ci fornisce un primo interessante spaccato che vogliamo approfondire con successive ulteriori elaborazioni – ha spiegato l’assessora regionale alle Pari opportunità Barbara LoriRingrazio tutti coloro che hanno compilato il questionario, ripercorrendo un vissuto spesso doloroso, e le associazioni che hanno contribuito a metterlo a punto e a diffonderlo”.

I sociologi Luca Trappolin e Paolo Gusmeroli dell’Università di Padova hanno sottolineato il valore del campione analizzato “quantitativamente importante e qualitativamente molto eterogeneo, ad esempio in termini di definizioni dell’identità. Cosa questa che ci permetterà di esplorare le violenze e le discriminazioni gettando luce sulle diverse forme in cui esse si manifestano”.

Marco Tonti, Presidente Arcigay Rimini “Alan Turing”, ha definito questi dati “drammatici“, anche perché spesso tutto questo “succede proprio in famiglia, il luogo dove dovrebbe esserci proprio la massima sicurezza. Questi dati ci restituiscono una realtà che le associazioni di frontiera come Arcigay conoscono bene e che qualcuno invece si affanna a negare sia nella dimensione quantitativa che nell’impatto drammatico che ha sulla vita delle persone. L’omo-bi-transfobia colpisce i corpi e dilania le anime delle vittime con delle cifre ed effetti impressionanti”.

Tutela delle vittime, ha sottolineato Tonti, che “trova difficoltà nella mancanza di risorse e di strutture dedicate, laddove invece la colpa della mancata prevenzione è da addossare principalmente alla politica nazionale che si disinteressa della vita delle persone LGBTQI e che anzi le deride, come successo con gli applausi sguaiati in occasione della decadenza della legge Zan“.

Le istituzioni locali possono fare qualcosa per colmare queste mancanze nei confronti dei cittadini e delle cittadine LGBTQI, sostenere la prevenzione – con un’attività culturale regolare e visibile –, per tutelare le vittime sostenendo il volontariato che se ne occupa e per la creazione di spazi sicuri dove le persone LGBTQI possano vivere libere da queste aggressioni, minacce, insulti, calunnie e derisioni (per usare i termini della rilevazione). “Come Arcigay Rimini“, ha concluso Tonti, “riceviamo frequenti richieste di sostegno, aiuto, denunce da parte di persone LGBTQI di cui facciamo di tutto per dare risposta, ma questi dati raccontano di un fenomeno enorme che ancora stenta ad emergere nella sua pienezza e che deve essere preso in carico anche da quelle istituzioni locali che sono le più vicine alla vita delle persone“.

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