Oscar 2021, tutti i registi dichiaratamente LGBT ad aver vinto la statuetta

Nel 2003 l'ineguagliabile (?) record di 3 registi dichiaratamente gay nominati. Da oltre mezzo secolo un regista dichiaratamente LGBT non vince la statuetta.

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Dopo aver visto tutti i film a “tematica” LGBT candidati in 93 anni di Oscar e tutti gli attori dichiaratamente LGBT ad aver vinto la statuetta, proseguiamo il nostro avvicinamento alla notte delle notti di domenica guardando ai registi.

Nella Hollywood d’oro, quella degli anni ’40 e ’50, diversi registi dichiaratamente omosessuali hanno infatti scritto indelebili pagine di cinema. Se tra gli attori era praticamente impossibile vivere il proprio io più o meno apertamente, tutto cambiava dietro la macchina da presa, con non poche nomination e statuette vinte. Il gigantesco George Cukor, celebre a L.A. per i suoi sfavillanti party in piscina con gigolò, modelli e chi più ne ha più ne metta, vinse l’Oscar nel 1966 con My Fair Lady dopo 4 nomination andate a vuoto: nel 1935 per Piccole donne, nel 1942 per Scandalo a Filadelfia, nel 1949 per Doppia vita e nel 1952 per Nata ieri. Ma nonostante tutti, ma proprio tutti, sapessero della sua omosessualità, Cukor non si è mai dichiarato, per quanto facesse a gara con Cole Porter su chi organizzasse i migliori party gay di Hollywood. Prima di lui, e dopo la nomination per Lili di Charles Walters, fu Vincent Minnelli ad infrangere il muro, vincendo la statuetta nel 1959 con Gigi 7 anni dopo la nomination per Un americano a Parigi. Secondo marito di Judy Garland, dalla quale ebbe la figlia Liza, Vincent era bisessuale, con 3 matrimoni che seguirono le nozze con Judy.

Nel 1962 fu Jerome Robbins, al fianco di Robert Wise e alla regia del suo primo e unico film, a vincere l’Oscar. Quel film era West Side Story. Il “comitato per le attività anti-americane” lo obbligò a fare nomi di “altri comunisti”, onde evitare l’outing pubblico, e alla fine cedette, facendo i nomi di Sterling Hayden, Burl Ives, Robert Montgomery, Zero Mostel, Elia Kazan e Lela Rogers, madre di Ginger Rogers.

Due anni dopo, nel 1964, è il bisessuale Tony Richardson a vincere la statuetta grazie a Tom Jones. Richardson, ex marito di Vanessa Redgrave, non dichiarò mai la propria bisessualità, morendo di AIDS all’età di 63 anni nel 1991. Nel 1970 è infine John Schlesinger, dichiaratamente gay, a vincere la statuetta grazie alla regia di Un uomo da marciapiede, che vedeva Jon Voight nei panni di un gigolò bisessuale. 12 mesi prima c’era stata la nomination del nostro Franco Zeffirelli, candidato come miglior regista con Romeo e Giulietta. Se vi state chiedendo perché non ci sia Luchino Visconti, il motivo è semplice. Non venne mai nominato agli Oscar per la regia, ma solo e soltanto per la  migliore sceneggiatura originale de La caduta degli dei,  nel 1970. Pier Paolo Pasolini, invece, non venne proprio mai candidato.

Pallottoliere alla mano, da oltre mezzo secolo, nessun altro regista dichiaratamente LGBT ha mai vinto l’Oscar, dopo 5 statuette in poco più di un decennio. James Ivory, 3 nomination tra il 1986 e il 1993, è riuscito a vincere l’Oscar per la sceneggiatura non originale di Chiamami col tuo nome nel 2018, a 89 anni. Gus Van Sant è stato nominato due volte, per le regie di Will Hunting – Genio ribelle e Milk; Stephen Daldry addirittura 3, per Billy Elliot, The Hours e The Reader; Pedro Almodovar una, per la regia di Parla con Lei, così come Rob Marshall e Lee Daniels, rispettivamente per Chicago e Precious.

Inarrivabile, in tal senso, la notte degli Oscar del 2003, con 3 registi nominati dichiaratamente gay su 5. Daldry, Almodóvar e Marshall, battuti però da Roman Polański con Il pianista.

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