Recitare. Fingere di essere qualcun altro. Inventarsi quindi un’altra vita. Molti gay ‘velati’ lo sanno bene, ma anche chi si è dichiarato più o meno pubblicamente sa che prima del coming out il passaggio obbligato è comunque celare la propria omosessualità fino al momento opportuno. Ma nella vita spesso si è costretti a nascondersi dietro una maschera anche per altri motivi, per esempio professionali. È questo il fulcro dell’attesa commedia “Scusate se esisto!” di Riccardo Milani, nei cinema da oggi in ben 400 copie grazie a 01 Distribution. Sì, è proprio il film con Raoul Bova nel ruolo di un gay irresistibile, Francesco, fascinoso ristoratore, di cui s’invaghisce l’architetto di origini abruzzesi Serena Bruno (Paola Cortellesi, anche cosceneggiatrice) di ritorno in Italia per amor di patria dopo una serie di successi professionali all’estero, per poi scoprire che lui, pur essendo divorziato e con un figlio, è gay. Eppure, dopo la rivelazione, i due diventano una coppia affiatata di amici ma forse anche qualcosa di più: “È una storia d’amore inusuale, profonda – ha spiegato la Cortellesi che aveva già recitato con Raoul Bova quattro anni fa in “Nessuno mi può giudicare” di Massimiliano Bruno – in cui viene condiviso tutto tranne che la sessualità”. Inoltre Serena, per avere maggiore considerazione da parte di uno studio di architettura che mal vede la presenza femminile, si spaccia per l’assistente di un fantomatico Bruno Serena, lo stesso Francesco, che dovrà proporre un progetto sulla riqualificazione urbanistica del quartiere romano di Corviale (ispirato alla vera idea di ‘chilometro verde’ dell’architetto romano Guendalina Salimei) in realtà pensato da Serena, con gli inevitabili e spassosi equivoci del caso. Sarà credibile Francesco nel ruolo di un irreprensibile architetto etero?
Il web è inoltre già impazzito per la scena di un bacio con Marco Bocci, che interpreta il suo amico effemminato, “in cui Marco ci ha messo pure un po’ di lingua” come ha scherzosamente commentato Bova.
“Mi è piaciuto il tema che si stava trattando, quello dell’apparire al di là di quello che si è veramente – ha spiegato l’attore alla presentazione romana al cinema Barberini – e sapevo che sarebbe stato scritto e diretto in maniera intelligente e delicata. Il mio è un ruolo che rischiava di essere stereotipato ma non è successo: qui tutto è trattato con estrema sensibilità. L’omosessualità è ancora un elemento discriminante. È preso come un insulto e una diversità mentre è una normalità. Così come il modo in cui è considerata una donna. Si pensa che abbiamo fatto dei passi avanti nel modo in cui viene considerata mentre siamo ancora indietro”.
“Faccio l’autrice per la tv da tanti anni – racconta la Cortellesi – e mi è capitato di trovarmi in riunioni dove ero l’unica donna. E lì molte volte si ha la sensazione di essere trasparenti. Se devono approvare qualcosa che hai detto, l’interlocutore comunque tende a guardare spesso l’uomo. In questo film c’è un altro personaggio che mi sta molto a cuore, ed è quello di Lunetta Savino. Lei è l’eterna seconda. È più preparata del suo capo ma rispetto a lui si trova sempre in una posizione subalterna. In questo Paese, come negli Stati Uniti, a parità di bravura, le donne sono considerate di meno”.
Nel film si affronta un altro tema importante, quello della paternità gay: Francesco deve trovare le parole e il momento giusto per rivelare al figlio il proprio orientamento sessuale. E in un Paese dove l’omosessualità è ancora un tabù soprattutto se accostata a qualunque cosa riguardi la minore età, sicuramente si tratta di uno snodo di sceneggiatura particolarmente significativo (ricordiamo che tra gli autori del soggetto c’è anche il ‘nostro’ Ivan Cotroneo).
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