Con l’avvento dei social media, e la loro rapida ascesa, il reato di sexstortion è sempre più in crescita – anche in Italia. Solo nel 2022 sono stati 130 i casi di ricatto sessuale nel nostro paese, e sembra che questo numero sia destinato ad aumentare quest’anno.
L’ultimo caso ha visto protagonisti due sex worker, che adescavano uomini gay su Grindr e filmavano – talvolta segretamente, talvolta con la scusa di una fantasia sessuale – i loro incontri. Un’attività apparentemente innocente, che però nelle mani dei due spregiudicati diventava un’arma per ricattare le vittime.
I criminali, dapprima dimostratisi accomodanti e disinteressati, cambiavano faccia subito dopo il termine del rapporto sessuale, passando alle minacce. “Pensi che sia venuto con te gratis? Adesso mi devi pagare, altrimenti carico queste foto in rete e ti sputtano”.
E, in molti, cedevano al ricatto. Anche perché il modus operandi dei criminali era meticoloso. Prima di incontrare una vittima, si informavano sulla sua rete di contatti: famiglia, amici, colleghi di lavoro, così da poter colpire il malcapitato sul suo punto debole.
Se il ricatto affettivo non era abbastanza, allora si passava alle maniere forti, con minacce violente. E così, le vittime pagavano somme ingenti per potersi lasciare alle spalle la vicenda: 100€, 300€, 500€, a seconda di quanti contanti la vittima aveva nel portafoglio. Se i soldi non bastavano, venivano sequestrati orologi e altri oggetti di valore.
Ma la questione raramente finiva con il primo incontro. Le minacce si protraevano nel tempo, e al malcapitato non restava che pagare le somme richieste dai ricattatori fino a data da stabilirsi.
Una realtà sommersa ma molto attuale, scoperchiata da un’indagine dei Carabinieri di Scandicci, coordinate da un pubblico ministero e dal colonnello Gianfranco Cannarile. Oggi, i due sex worker – di cui uno pregiudicato – sono detenuti in carcere in attesa dello sviluppo delle indagini.
Per uno dei due, infatti, non era il primo giro in giostra: aveva già subito una condanna per lo stesso reato, sempre nella provincia di Firenze. Non c’era un profilo preciso: gli uomini adescati avevano un’età compresa tra i 33 e i 61 anni. L’unico comune denominatore era la loro presenza su Grindr.
Dopo aver scontato la pena, il ventenne era tornato ai suoi sporchi affari, coinvolgendo anche un amico e rendendosi responsabile di otto rapine ed estorsioni. Purtroppo, questo tipo di truffe e ricatti si protraggono spesso nel tempo anche perché la vittima non osa denunciare, per paura o per vergogna.
Tuttavia, grazie al coraggio di uno degli uomini coinvolti, la polizia ha potuto avviare le indagini e scoperchiare un vero e proprio vaso di Pandora, tra accertamenti informatici e tabulati telefonici. Si spera che anche le altre vittime possano presto trovare il coraggio di denunciare.
Cadere nella sextortion: “Non potrebbe mai succedere a me”
Utilizzare un app di dating può essere più pericoloso di quanto si immagina. Ma le attività di sextortion possono avvenire su qualsiasi tipo di piattaforma sul web, anche a nostra insaputa. Un fenomeno che va di pari passo con le truffe amorose, sempre più comuni in Italia.
Possono arrivare con un’innocente notifica su Instagram, o con una mail da un mittente insospettabile, e hanno la capacità di rovinare la vita della vittima, che entra in un tunnel da cui sembra impossibile uscire.
Le vittime sono sempre più giovani: si parla di ragazz* in età compresa tra i 12 e i 19 anni che, ignar* del pericolo, inviano le proprie foto e video intime a sconosciuti sulle varie piattaforme social, per poi entrare in un circolo vizioso di estorsione.
A volte, i ricatti sono monetari. Spesso, il criminale chiede invece alla vittima di inviare più materiale sotto minaccia.
Uscirne è difficilissimo, perché nella vittima subentrano sensi di colpa, vergogna e paura, che spesso li spinge a non denunciare finchè la situazione non diventa troppo grave e insostenibile. Ed è proprio grazie a queste dinamiche che i cybercriminali proseguono le loro attività spesso impuniti.
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