Una famiglia semplice, in un quartiere non certo residenziale di Torino e un ragazzino di sedici anni che, più coraggiosamente di molti suoi coetanei, rivela la propria omosessualità ai genitori. E poi le urla che risuonano in tutto il cortile e qualcuno che chiama i Carabinieri.
All’inizio agli agenti sembra una "banale" lite familiare, per quanto animata, una di quelle che si vedono ogni giorno e che non fanno più neanche notizia.
Ma man mano che vengono interrogati i componenti della famiglia, viene fuori la verità. Il primo a dirla è il ragazzo di 16 anni. "Gli ho detto che sono omosessuale – racconta ai militari – lui (il padre, ndr) lo sa benissimo ma non lo vuole accettare". L’uomo, ascoltato dopo il figlio, conferma tra le lacrime della moglie.
Per fortuna, non ci sono feriti gravi, solo qualche contusione e, a parere dei Carabinieri, non ci sono gli estremi per procedere d’ufficio, servirebbe una querela di parte. E’ successo lunedì scorso e il giorno dopo la tensione si respirava ancora forte. Nessuna dichiarazione, nessun commento, neanche il fratello 19enne del ragazzo vuole parlare con i giornalisti che sono andati a cercare di capire cosa succeda in quella casa di via Monterosa: "Non c’è niente da dire, nulla di nulla – dice il maggiore dei figli a ‘La Stampa’-. Niente da spiegare. Cose nostre. Altrimenti finisce male". Un clima di terrore tra padre e figli e una madre che non riesce ad affrontare la situazione: "Sono fatti di famiglia. È un brutto dolore, lasciateci stare", dice chiudendo le finestre.
Qualche vicino parla del ragazzo come di un giovane tranquillo, timido, simpatico che studia e passa i pomeriggi ai giardinetti dietro casa dove qualcuno ha pensato bene di scrivere il suo nome seguito da un "è frocio". Altri chiedono di lasciare in pace la famiglia perché "il padre soffre tantissimo" per quella che non esitano a definire "una vera disgrazia". L’unico a manifestare aperta solidarietà verso il sedicenne è un ragazzo marocchino di nome Rachid che al quotidiano torinese ha raccontato: "L’altra sera ho sentito il litigio. Non è la prima volta che succede. Ma è stato particolarmente violento. Ce l’hanno con il figlio minorenne. Per me è un bravissimo ragazzino, un tipo a posto, simpatico, qui gli vogliamo tutti bene. Ma ho sentito troppa rabbia in quella casa, non è giusto. Il piccolo italiano non va lasciato solo". Con buona pace di chi si affida ai luoghi comuni e associa l’ignoranza, l’intolleranza e la chiusura mentale al luogo di provenienza o al credo religioso.
© Riproduzione Riservata