Bologna, da sempre una delle città più “avanti” d’Italia nell’ambito dei diritti civili, ha segnato un altro traguardo storico proprio ieri. Il tribunale per i minorenni ha infatti permesso a una coppia di donne – unite civilmente dal 2018 e insieme da 11 anni – di adottare una bambina.
Emma è nata grazie alla procreazione eterologa con l’impiego di un donatore, ed è quindi figlia di entrambe – ma fino a oggi non secondo la legge.
Grazie alla decisione del tribunale, la compagna della madre biologica ha finalmente potuto adottare ufficialmente la bambina.
“Pienamente [secondo] il superiore interesse della minore, consentendole di godere della continuità affettiva, educativa ed emotiva di una famiglia solida e stabile. nella quale la stessa ha potuto costruire la propria identità”.
Un iter decisamente lungo e non scevro di ostacoli per la coppia di donne. Dopo un’iniziale apertura da parte delle istituzioni – con l’ex sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, che aveva iscritto la bimba all’anagrafe riportando entrambi i cognomi delle donne – è poi arrivata la batosta.
Un ricorso alla Procura aveva sovvertito l’ordinanza. La motivazione: un figlio nato fuori dal matrimonio può essere riconosciuto, ma solo se le persone coinvolte sono di sesso diverso. E così, in un susseguirsi di eventi sfavorevoli, Emma aveva perso il cognome della sua seconda mamma.
Oggi, il tribunale ha deciso nuovamente di sovvertire la sentenza sancendo una vera e propria “stepchild adoption”, che ha restituito a Emma una delle sue “mamme ufficiali” nonché il secondo cognome, a cui la coppia teneva particolarmente.
“Il cognome è una parte essenziale e irrinunciabile della propria personalità. La relazione affettiva tra due persone dello stesso sesso che si riconoscano come parti di un medesimo progetto di vita costituisce a tutti gli effetti una ‘famiglia’, luogo in cui è possibile la crescita di un minore, senza che il mero fattore ‘omoaffettività’ possa costituire un ostacolo formale” recita la sentenza del Tribunale.
Ma qualcuno non è d’accordo. Del resto, ce lo aspettavamo.
In prima linea, Fratelli d’Italia, che mostra il suo sdegno giocando la carta della “natura”: nessuno può essere figlio di due madri. No comment. E, come se non bastasse, i portavoce Isabella Rauti, Lucio Malan e Alberto Balboni si permettono di redarguire un tribunale su ciò che è legge e ciò che non lo è.
“Non dovrebbe essere necessario parlare di leggi per spiegare che nessuno può essere figlio di due madri, poiché la realtà è sufficiente. Ma la sentenza del tribunale dei minori di Bologna, che convalida l’iscrizione all’anagrafe di una bambina di Parma aggiungendo al cognome della madre quello della sua compagna, è anche contro la legge. L’adozione serve a ridare a un bambino, privo di uno o entrambi i genitori, la situazione di cui è stato privato dalle vicende della vita, non ad assecondare i desideri di chi si occupa di lui“
Al circo degli oppositori si è poi unita anche la ProVita e Famiglia. Jacopo Coghe, portavoce dell’associazione, ha definito la sentenza una “assurdità, un campanello d’allarme per il prossimo Governo”. E mentre queste persone chiedono a gran voce azioni alla “vera tutela dei bambini contro le ideologie”, qualsiasi cosa intendano, ci viene in mente una delle più celebri frasi del sommo poeta.
“Non ragioniam di lor, ma guarda e passa”
Pensando all’armonia ritrovata di una famiglia che oggi viene riconosciuta anche davanti alla legge, e alla felicità della piccola Emma nel ricevere il cognome di entrambe le sue mamme, non possiamo fare a meno di pensare che, un giorno, la storia ci darà ragione su tutti i fronti.
E qualcun altro, che oggi si permette di sputare sentenze e di ergersi addirittura al di sopra di ciò che oggi è legge, dovrà mangiarsi il cappello.
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