Il sold out di ieri sera a Milano parla chiaro: Troye Sivan è un idolo pop. Senza filtri, esile ma super grintoso, ha confermato di avere parecchia stoffa nonostante la giovane età (classe 1995). La platea è gremita, quando lo show inizia inaspettatamente con l’esibizione a sorpresa dalla balconata del Fabrique sulle note dell’inno generazionale Seventeen, che rivendica la maturità sessuale dei teenagers basandosi sul vissuto dello stesso Sivan. Poi è la volta di Bloom, title track dell’album omonimo, nonché riuscitissima perla indie-pop. La voce di Troye è densa, a tratti un po’ incerta, ma comunque ricca di sfumature, colori caldi e freddi come quelli del layout luminoso alle sue spalle.
In un crescendo di luci stroboscopiche lo spettacolo acquista via via consistenza. Tra i fan iniziano ad agitarsi moltissime bandierine arcobaleno, il pubblico in sala è in maggioranza composto da ragazze e ragazzi LGBTQ+, quando parte Heaven, pezzo ispirato al coming out dell’artista accompagnato da un suggestivo arcobaleno sullo sfondo. I pezzi più lenti, come The Good Side, si trasformano all’improvviso in “bops” e il Fabrique diventa una discoteca in cui scatenarsi. Troye Sivan è un folletto che salta e danza sul palco senza sosta, proprio come nel video di Dance to This con Ariana Grande. Tutti conoscono i testi dei pezzi a memoria e i cori diventano davvero da brividi quando, dopo Bite, compare in scaletta 1999, assente nelle date precedenti di Wien e Parigi. Dopo una breve pausa Troye torna in scena per chiudere alla grande con Youth e My My My!, che esplode come un vero e proprio inno da club mentre una cascata di coriandoli multicolor ricade sui presenti visibilmente entusiasmati dallo show a cui hanno appena assistito.
Dal successo conclamato di “Blue Neighbourhood”, concept album sui dolori e le incertezze di un adolescente omosessuale, alla maggiore maturità di “Bloom” (entrato al numero 4 della classifica americana, con oltre centomila copie vendute nel mondo durante la prima settimana), Troye Sivan è una continua sorpresa. La diffidenza dei primi tempi, probabilmente dovuta al personaggio (youtuber che trasmetteva dalla sua cameretta, il cui impegno musicale rischiava di risolversi in una carriera da social network) ha lasciato posto alle attestazioni di stima anche da parte della critica. L’abbiamo visto recitare in “Boy Erased” e abbiamo inserito il video di “Bloom” tra i 10 migliori del 2018, ma la cosa che più di tutte convince di questo giovane volto del pop è il suo non essere burattino. A differenza di qualche collega, all’occorrenza ben disposto a mettere da parte la propria sessualità per vendersi come l’ennesimo jolly pop del music biz, Sivan non conosce compromessi perché ha scleto di erigersi, con trasperenza e onestà, a personaggio di riferimento per gli adolescenti LGBTQ+ e la cultura queer contemporanea.
In apertura una foto scattata da Elena Di Vincenzo ©
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