La comunità trans ha recentemente festeggiato una vittoria in tutela di una persona non medicalizzata. Abbiamo successivamente saputo che si tratta di un impedimento temporaneo che non consente la terapia ormonale, e la domanda sorge spontanea: c’è una tutela legale anche per le persone che non potranno mai fare un adeguamento medico?
Ne abbiamo parlato con l’avvocato Giovanni Guercio.
Partiamo dall’inizio. Qual è l’iter legale standard da seguire per una persona transgender?
La legge 164 dell’82, ancora vigente, in realtà prevede che un soggetto debba chiedere l’autorizzazione per l’ intervento e la rettifica dei documenti anagrafici soltanto successivamente. Oggi grazie ad alcune sentenze e alla Suprema Corte del 2015, c’è l’opportunità di procedere anche senza intervento chirurgico.
Gli interventi chirurgici in un percorso trans sono svariati, a quali si riferisce?
Per i ragazzi FTM bisogna togliere obbligatoriamente utero e ovaie, alcuni tribunali richiedono anche le mastectomia. Per le ragazze MTF la vaginoplastica.
Per quanto riguarda gli uomini FTM, il superamento di fare la falloplastica risale già al 1997. A me capitò un caso particolare nel 1999. Non avevano acconsentito al cambio di documenti per un ragazzo. Io portai avanti il fatto che la legge parlava di eliminazione e non ricostruzione. Quindi la falloplastica non era indispensabile. Sostenni che un uomo lo è indipendentemente dai genitali. Feci un esempio: se a un uomo cisgender salta l’organo genitale in guerra, metterete sui documenti delle generalità femminili? No.
Ecco, quindi un uomo che nasce biologicamente donna può avere comunque un’identità maschile.
Ci sono differenze legali tra chi non può prendere ormoni e chi non può fare gli interventi?
Quando c’è un problema di salute i tribunali si sono dimostrati molto sensibili. Già nel ‘97 un ragazzo che non poteva prendere ormoni riuscì a far riconoscere la propria identità maschile, perché a prescindere da qualsiasi medicalizzazione, le relazioni degli psicologici attestavano una disforia di genere pienamente diagnosticata.
Sulla falsariga di questa sentenza, più casi sono stati consentiti.
La maggior parte dei giudici acconsente, ma vuole il supporto di documentazione medica. Ovvero certificati a suffragio di un reale problema di salute che renda pericolosa la terapia ormonale o gli interventi.
Purtroppo non va sempre così bene. Le sono capitati dei casi in cui i giudici si sono opposti fermamente?
Sì, ci sono anche casi ostici, ma si affrontano combattendo. E’ una questione di tempi, io sono sempre riuscito a far cambiare idea alla fine.
Ricordo il caso di un ragazzo già operato. Era in possesso di cartelle cliniche che lo certificavano ma il giudice voleva farlo visitare a tutti i costi…
Davvero il giudice voleva procurargli un umiliazione simile?
Sì, e insistette talmente tanto nonostante l’evidenza, che il perito del CTU (consulente tecnico d’ufficio), si rifiutò di visitarlo dicendo che a lui bastava già quel che vedeva. Addirittura non volle alcun compenso.
Capitano anche dei casi in cui ordinano di spogliarsi e farsi guardare dallo psichiatra. Non da un medico, da uno psichiatra. Ho saputo di un caso, non mio, in cui uno psichiatra voleva visitare le parti intime di un ragazzo. Uno psichiatra! Cosa c’entra con le parti intime?
La risposta è forse data dal fatto che c’è una certa morbosa curiosità verso i corpi delle persone transgender e poca voglia di conoscere le loro anime. E’ bene fare informazione ed è positivo che ci sia qualcuno che difenda e le tuteli queste persone forti, che si ritrovano ad avere un carico doppio di difficoltà nella vita. Quali sono secondo lei le speranze per il futuro? Quali sono i traguardi da raggiungere per i diritti LGBT e Trans in particolare?
Per i diritti trans scinderci un po’ da una medicalizzazione necessaria. Il Nord Europa è più avanti in questo rispetto a noi. Basta una brevissima verifica che la persona non sia pazza. Nel momento in cui la disforia è chiara si potrebbe andare avanti sull’autodeterminazione. Come il modello tedesco in cui è possibile una “piccola soluzione” con terapie minime, e una “grande soluzione”, cioè quella dell’intervento.
In conclusione, ringrazio i professionisti che si battono per le tutele della comunità trans e per quanto mi riguarda, penso che la cosa migliore che possiamo auspicarci è che la medicina faccia passi avanti per ottimizzare i risultati e minimizzare gli effetti collaterali, in modo che al di là dei documenti e delle tutele legali, ognuno possa avere un corpo il più possibile simile a quello del genere di appartenenza. E che sia, cosa che al momento pare passare in secondo piano, sano.
Mi preme precisare che nel caso degli interventi chirurgici, non si tratta soltanto di eliminare ma di ricostruire, sostituire. E’ diritto dei ragazzi FTM non avere semplicemente un vuoto insensibile sul petto, ma un pettorale maschile perfettamente sano, bello e funzionante. Il petto è una parte del corpo che viene fasciata, nascosta, ma dopo l’intervento è nostro diritto poterla liberare e usare, come un qualsiasi ragazzo cisgender.
A volte ci si dimentica che i ragazzi trans prima di tutto sono ragazzi, e soltanto in secondo luogo, perché costretti dalla natura, trans. Anche i corpi trans vanno amati, non è bene portare avanti la teoria che se hai davvero una disforia sei dispost* a farti fare di tutto. Possiamo avere una disforia di genere e volere le migliori cure mediche, come qualsiasi altro cittadino.
Con la dovuta precisazione che questo è un discorso riferito a identità binarie e disforie molto marcate. Sappiamo per certo che c’è un ombrello di identità variegate che si identifica sotto il termine transgender. Alcun* non fanno un percorso medico e seguono un orientamento più fluido e non binario. Anche questo è un argomento che merita il giusto spazio e la giusta attenzione, in un articolo apposito.
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Vorrei aggiungere che ci sono anche le persone non medicalizzate per scelta, e anche loro dovrebbero essere riconosciuti per il loro genere d'elezione. E non tutte le persone non medicalizzate sono "non binary".