Tutti parlano di Giancarlo Commare, la nostra intervista al Jamie italiano

Dall'8 marzo al 3 aprile al Teatro Brancaccio di Roma, l'attore di Skam Italia e Maschile Singolare sui tacchi di un 16enne che vuole solo essere sé stesso.

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È finalmente arrivato al Teatro Brancaccio di Roma Tutti Parlano di Jamie, musical manifesto di una nuova generazione nel segno dell’inclusività. Tratto da una storia vera (raccontata nel documentario della BBC «Jamie: Drag Queen at 16»), Tutti parlano di Jamie è diventato musical nel 2017 a Londra, con oltre 1000 repliche consecutive e più di 700.000 spettatori. Vinti premi ovunque ha successivamente debuttato a Tokyo, Seul, Los Angeles, Sydney e nel 2021 è diventato un film su Amazon Prime video.

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Il vero Jamie con sua mamma e sua nonna

Jamie è un adolescente abbandonato dal padre che vive nella tranquilla Sheffield e ha un sogno ambizioso: essere libero di esprimere sé stesso attraverso l’arte drag. Una storia di formazione per una generazione alla ricerca della sua “vera” identità, che vuole affermare sé stessa al di là del genere, dell’orientamento sessuale e delle convenzioni sociali.

Nel ruolo di Jamie troviamo il sempre più lanciato Giancarlo Commare, attore rivelazione delle ultime stagioni televisive e cinematografiche. Barbara Cola, con la sua voce potente, interpreta Margaret New, la coraggiosa mamma di Jamie; l’attore e doppiatore Franco Mannella veste i panni di Hugo, alias la drag queen Logo Chanelle; l’attrice e affermata tik toker Ludovica Di Donato è Rey, l’amica del madre di Jamie. Lisa Angellilo interpreta la severa insegnante di Jamie; Pritti, l’amica del cuore di Jamie, è Benedetta Boschi; il bullo della scuola è Flavio Marullo. Umberto Noto interpreta il ruolo di una delle drag e del Padre di Jamie; le altre due drag del locale Legs Eleven sono Michele Savoia e Sebastian Gimelli Morosini.

Ieri, nel giorno della prima del musical diretto da Piero di Blasio al Brancaccio di Roma, dove Tutti Parlano di Jamie rimarrà in cartellone fino al 3 aprile, abbiamo intervistato il suo indiscusso protagonista. Giancarlo Commare!

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Partiamo dalla fine. Come sei finito sui tacchi di Jamie, cosa ti ha spinto a presentarti per un provino e cosa hai pensato quanto ti hanno preso.

“Non mi sono presentato perché non sapevo nulla dello spettacolo, mi hanno chiamato. Piero voleva farmi il provino per questo ruolo, per capire se fossi in grado di affrontarlo. Quando mi è arrivato tutto il materiale, ho chiamato la mia agente, ho ringraziato ma ho specificato che questa cosa non l’avrei  mai potuta fare. Inizialmente non mi sentivo in grado di farla, era una cosa proprio lontana da me. Almeno credevo fosse così. Da lì in poi ho fatto vari provini, e ad uno di questi dedicato al canto, che è sempre stato un mio problema, so per certo che Piero aveva cambiato idea. Si era detto “no, non ci siamo”. Qualcuno ha insistito perché convinto che studiando ce l’avrei potuta fare. Mi hanno quindi voluto rivedere per un 2° provino. Avendo preso lezioni di canto per arrivarci, hanno notato dei miglioramenti e a quel punto mi hanno dato ulteriore tempo per studiare, pianificando un 3° provino. E il terzo provino è andato molto meglio. Una sera ero in fila fuori un locale con amici, è arrivata la telefonata di Piero in cui mi ha comunicato che gli inglesi avevano detto di sì al mio provino. Sono saltato addosso al mio migliore amico, sono impazzito e ho festeggiato tutta la notte”.

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Quindi il sì definitivo al tuo ingaggio è arrivato direttamente da Londra.

“Al teatro Brancaccio tifavano per me, ma la conferma definitiva doveva arrivare dalla produzione inglese. Solo loro ad avere i diritti sul musical e sulla scelta del cast”.

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Come ti sei preparato a dover camminare e ballare sui tacchi.

“Io a gennaio ho avuto il Covid-19. Sono entrato in quella bolla casalinga di 3 settimane e ho chiesto a Piero un po’ di scarpe con i tacchi, per iniziare a portarli, a camminarci sopra. Ho avuto la fortuna di avere in casa la mia coinquilina nonché grandissima amica che insegna Heels, quindi ne ho approfittato per capire come funzionasse. All’inizio, senza offendere nessuno, lei mi ha detto “non ci siamo sembri Maria De Filippi”. Poi andando avanti la cosa è migliorata e da Maria siamo passati a Belen”.

Nel musical originale Jamie ha 16 anni, va al liceo, mentre tu ne hai da poco compiuti 30. Come siete riusciti a rendere credibile questo stacco anagrafico.

“Non lo so, me lo chiedo ancora. A teatro tutto è possibile. Lavorando sul personaggio, sulla spontaneità, sulla semplicità, sulla naturalezza che ha questo personaggio nell’esprimermi. Sono partito da questo e tutto è venuto naturale. Non ci siamo posti il problema, anche a detta degli inglesi funziona. Forse all’inizio come primo impatto può sembrare stonato tutto questo, ma andando avanti con lo show l’operazione è riuscita”.

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Tu sei mai stato vittima dei bulli, tra scuola e lavoro, hai mai subito discriminazioni.

“Assolutamente sì. Per vari motivi. Per la mia forma fisica, perchè ero cicciottello, sia perché venendo da un paesino piccolo venivo preso in giro perché volevo fare l’attore. Ma il vero bullo nel mio caso è stato un professore. Secondo la sua concezione fare questo non era un vero lavoro. Quando io andavo in bagno e mi vedeva passare per i corridoi mi chiamava in classe e mi presentava agli alunni come la piccola nullità. Ma a seguire mi sono preso una bella soddisfazione con questa persona, che dirige anche un giornale locale. Quando feci la mia prima comparsata in tv, lui mi chiese un’intervista e io me la tirai, rispondendogli che non concedevo interviste ai giornali locali”.

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Pochi mesi fa ti abbiamo visto giudice in Drag Race Italia e ora a teatro in un musical Drag. Quando e come nasce il tuo rapporto con l’arte drag.

È arrivato inaspettatamente. Io non conoscevo questo mondo, ne avevo sentito parlare, sapevo cosa significasse essere una drag queen ma non immaginavo fino a che punto. Partecipando al programma, documentandomi e parlando con chi ha partecipato a Drag Race ho potuto capire quanto sia una vera arte, e non solo qualcuno che si vuole travestire. Però non parlerei di Tutti parlano di Jamie come un musical ‘drag’. Ci sono le drag queen, ma lo spettacolo parla di altro, ovvero dell’importanza di essere sè stessi.

Nel lontano 2008, poco più che adolescente, esordivi a teatro anche in qualità di attore e ballerino. In Tutti parlano di Jamie balli e canti. Quanto ti ha impegnato tutto ciò e com’è stato lavorare con Laccio, al suo primo musical da coreografo.

“Io vengo dall’hip hop, dai balli latini di coppia, ho studiato lo swing per un altro spettacolo, ma non sono assolutamente un ballerino. Questa è stata una cosa totalmente nuova, divertentissima. Studiare il personaggio nelle sue movenze e trasferirle in coreografia. A volte non capivo cosa dovessi fare e allora Simone, l’assistente di Laccio, mi diceva di trasformarmi in Lady Gaga. Sono andato quindi a vedere i video delle popstar americane per vedere come si muovessero sul palco, e ho cercato di replicarle. Ogni tanto mi sento al Super Bowl”.

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Dopo Maschile Singolare, in cui interpretavi un architetto lasciato dal marito, ti ritroviamo ora a teatro nei panni di un adolescente drag. Prima di accettare il personaggio di Jamie, non ti è balenato il dubbio se stessi correndo il rischio di rimanere ‘ingabbiato’ in ruoli principalmente queer?

Non me ne frega niente, anche perché non è che tutti i ruoli queer siano uguali. Ogni ruolo fa storia a sè. Non è successo perché durante l’anno ho lavorato, fatto altro, usciranno varie cose diverse da questo progetto. La cosa non mi spaventa assolutamente, non mi sono posto neanche il quesito e nessuno dovrebbe porselo. Sono un attore.

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Maschile Singolare di Matteo Pilati e Alessandro Guida, dal 4 giugno su Amazon Prime Video.

In un mondo ideale sarebbe una domanda assurda.

Vero, in un mondo ideale, ci sono poi le eccezioni e l’Italia ci rientra. Lotteremo per far sì che anche il nostro Paese si sblocchi in questo.

A breve, non a caso, sarai in tutt’altri abiti avendo interpretato Manuel Bortuzzo nel film “Rinascere”. Un’altra storia vera di un altro ragazzo eccezionale.

“Affrontare il percorso di Manuel è stato molto difficile. All’inizio, quando mi hanno comunicato che mi avevano preso sono entrato in crisi. Perché era una bella responsabilità, perché è un personaggio che esiste, con una storia veramente assurda. La cosa che mi spaventava era riuscire a rendere giustizia a tutto quello che Manuel ha vissuto. Non ho avuto la fortuna di conoscerlo prima di girare il film perché lui era dentro la casa del GF Vip e non ho avuto la fortuna di incontrare nessuno della sua famiglia, nè conoscere il padre perché per una serie di motivi non è stato possibile. Ho comprato l’autobiografia da cui il film è tratto, l’ho letta e ho capito cosa lui abbia vissuto in quel periodo. La fase della riabilitazione, capire cosa significasse per lui l’acqua, il nuoto, il rapporto che aveva con la famiglia, la fidanzata, i compagni di nuoto. Mi sono avvicinato così al personaggio di Manuel, non ho voluto lavorare di imitazione, ho colto alcuni tratti, alcune particolarità fisiche che ha, trasferendole nel mio lavoro. A detta di Manuel, che ha visto il film a differenza mia, ci sono risucito. Quando ha visto il film si è commosso, mi ha ringraziato, mi ha detto che si è rivisto totalmente nella mia interpretazione, in alcuni gesti, movenze, e negli occhi, con cui gli ho fatto rivivere quanto vissuto internamente. Sono molto contento. L’ho conosciuto personalmente meno di due settimane fa, durante un servizio fotografico per il lancio promozionale della pellicola. Non ci siamo neanche presentati, ci siamo abbracciati a lungo, è stato molto bello”.

Ti rivedremo anche in Skam Italia 5, al cospetto del tuo Edoardo Incanti?

“Sì, verrò a fare visita. Non ci sarò per molto tempo, ma ad un certo punto apparirò anche io”.

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Ci sarà un sequel di Maschile Singolare?

“Ultimamente ho ricevuto messaggi da parte di persone che hanno visto il film chiedendomi di un eventuale sequel, quindi me lo auguro. Ma attualmente non ho idea se gli sceneggiatori abbiano in mente un seguito”.

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Attualmente al teatro Branaccio di Roma, Tutti parlano di Jamie dovrebbe poi andare in tour in giro per l’Italia. Perché credi sia importante venire a vedervi.

“Me lo auguro che prenda vita il tour, me lo auguro fortemente. Questa è una storia necessaria, una storia che parla di unicità, è una rivoluzione gentile. Noi portiamo un esempio sul palco, quello di un ragazzo che vuole essere sè stesso indossando abiti femminili ad un ballo scolastico. Ma Jamie potrebbe essere da esempio per tantissime altre persone. Per chi viene bulizzato, per una donna di 80 anni che vuole farsi i capelli blu e ha le amiche che la prendono in giro per questo. Lui rappresenta la voce di chi non vuole permessi altrui per essere sè stesso. Questo è il tema centrale del musical, molto attuale visto quanto abbiamo visto in senato con quei parlamentari che hanno applaudito dopo aver negato diritti. A Senigallia, dove abbiamo fatto il primo spettacolo con il pubblico, ho avuto l’impressione di spettatori stanchi, esausti di dover avere a che fare con una mentalità tanto medievale. Per quanto sia convinto che nel Medioevo stessero più avanti rispetto a come stiamo noi adesso, perchè nel Medioevo non avevano le consapevolezze che abbiamo oggi. Credo sia uno spettacolo necessario, portavoce di un messaggio universale”.

La prima romana, tutt’altro che casualmente, è poi caduta proprio l’8 marzo, giornata dedicata alle donne.

“Non è casuale. Vero è che il protagonista è un ragazzo di 16 anni, ma le vere eroine di questa storia sono tutte donne. La sua storia è veicolata da donne. La professoressa, la madre, l’amica della madre, la migliore amica di Jamie. Tutte donne che agiscono positivamente nei suoi confronti. E gli uomini diventano poi drag queen. Celebriamo anche il girl power”.

 

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