Qualche tempo fa, abbiamo parlato della volontà di riscatto di una comunità LGBTQIA+ a lungo vituperata in Ucraina, che ha visto nella frontline del conflitto un modo per dimostrare impegno e devozione nel difendere il proprio paese.
Tra le esplosioni, le imboscate, le centrali nucleari in pericolo e la morte di migliaia di soldati Russi e Ucraini impegnati in un conflitto insensato ed estremamente violento – il primo in Europa da decenni – qui non esistono divisioni all’interno del plotone: tutti uguali, tutti sulla stessa barca.
E sono tantissimi i volontari esteri che hanno deciso di abbandonare la tranquillità del loro paese per unirsi alla milizia Ucraina e difendere la sovranità di un paese sotto attacco. Tra di essi, Eddy Etue, Marine americano omosessuale che mostra con orgoglio il proprio stemma raffigurante un unicorno, simbolo dei militari appartenenti alla comunità LGBTQIA+.
“Poter indossare senza problemi questo vessillo, specialmente in un paese dell’Europa dell’est, è meraviglioso” ha dichiarato Etue in un intervista a Openly. “Sono orgoglioso di poter aiutare la popolazione ucraina a battersi per la propria sovranità. E sono felice di essere stato accolto senza remore nonostante il mio orientamento sessuale”.
Etue ha 37 anni ed ha viaggiato sin a Odessa dalla sua California: oggi è al fianco della milizia ucraina nel difendere la parte est del Mar Nero dall’attacco russo.
Ma l’esercito ospita centinaia di militari LGBTQIA+ autoctoni, che nelle prime fasi dell’invasione russa hanno ottenuto una grande visibilità. Non solo per il coraggio mostrato nel difendere il proprio paese, ma anche per quello d’indossare lo stemma unicorno combattendo per l’Ucraina, un luogo decisamente non LGBTQIA+ friendly.
Gli attivisti hanno visto in questo gesto un ottimo veicolo di consensi verso la comunità LGBTQIA+: l’opinione pubblica ha subito infatti un evidente shift sociale e culturale, culminato nell’annuncio del presidente Zelensky che ha recentemente dimostrato la propria apertura verso le unioni civili. Una vittoria non indifferente per un paese conservatore e integralista come l’Ucraina.
Il racconto di Etue, soldato americano oggi in prima linea per contrastare l’invasione Russa, è solo uno dei tanti militi stranieri – molti dei quali appartengono alla comunità LGBTQIA+ – che hanno risposto alla chiamata alle armi del presidente Ucraino a Marzo.
Più di 16.000 persone da tutto il mondo hanno scelto di difendere la legittima sovranità di uno stato europeo: i numeri però potrebbero essere anche maggiori, ma non esistono al momento mezzi per verificarli con esattezza.
“Il popolo ucraino, per come l’ho conosciuto, ha un pensiero diametralmente opposto a quello a cui saremmo portati a pensare: sono molto più accoglienti rispetto agli americani del mio plotone in Iraq. Ed è così che dovrebbe essere” ha dichiarato Etue, che dichiara di aver avuto più paura ad uscire allo scoperto con i suoi commilitoni rispetto che con i soldati ucraini.
Ma perchè la comunità LGBTQIA+ è così preoccupata per la situazione in Ucraina?
L’invasione Russa è di per sé un ignobile attacco alla democrazia di un paese sovrano, ma risulta particolarmente pericolosa per le minoranze vulnerabili, tra cui la comunità LGBTQIA+. Il Cremlino è noto per le sue politiche discriminatorie, e una presa di potere in territorio Ucraino potrebbe significare un peggioramento significativo della qualità della vita per tantissime persone che oggi possono vivere il proprio orientamento sessuale e identità di genere alla luce del sole.
Non che l’Ucraina pre-conflitto fosse un paradiso però: i partiti conservatori e la chiesa ortodossa perseguitano da sempre la comunità LGBTQIA+ in Ucraina, tanto da far temere un escalation di violenza proprio a causa della condizione instabile in cui oggi si trova il paese.
Cosa che, però, non è avvenuta. Anzi, si potrebbe dire il contrario. Il comandante americano omosessuale Dallas Casey, un altro foreign fighters, ha dichiarato di aver combattuto fianco a fianco con alcuni militanti di estrema destra trovandosi in un ambiente, almeno in apparenza, amichevole e non discriminatorio.
“Sicuramente hanno le loro idee, sbagliate, che prima o poi dovranno correggere. Ma io non ho mai nascosto chi sono. E abbiamo semplicemente lavorato insieme senza intoppi”.
Sia Etue che Casey hanno dichiarato di non essere arrivati in Ucraina con l’obiettivo di diventare simboli di pace tra la comunità LGBTQIA+ e la popolazione ucraina, ma solo per senso del dovere. Tuttavia, entrambi sostengono che se la loro presenza servisse a riabilitare la comunità, allora si tratterebbe di un effetto collaterale positivo.
L’Ucraina pre-conflitto non era perfetta, ma era simbolo di un paese che aveva intrapreso un percorso difficile e delicato d’inclusione e integrazione. Oggi, rappresenta uno scudo da difendere non solo per l’Europa, ma tutto il mondo.
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