Amori omosessuali dietro le sbarre sugli schermi del ToGay

Una curiosa tendenza al festival glbt: imperversano i film su carceri e detenuti. Dall'eccellente "Leonera" all'intenso "L'ora d'amore" uno sguardo realista e indagatore su un mondo spesso dimenticato

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Mentre Torino è ancora scossa dallo scandalo Grinzane, all’affollatissimo festival internazionale glbt "Da Sodoma a Hollywood" quest’anno è rintracciabile un curioso trend: i film in/sul carcere. Se la storia del cinema gay ci ha regalato capisaldi fondanti quali il lirico "Un chant d’amour" di Jean Genet (ah, quel fumo di sigaretta!) e lo straziante melò "Il bacio della donna ragno" di Hector Babenco che fece vincere un Oscar a William Hurt, raramente il tema è stato affrontato in chiave realista come invece succede in ben quattro opere presentate al Togay. 

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Nell’eccellente "Leonera" di Pablo Trapero, che svetta ruggente tra i migliori titoli del concorso, si impone una forte idea di cinema: con un realismo brutale ma non compiaciuto, una regia palpitante ma mai invadente si rimane stregati dalla vicenda di Julia (l’ottima Martina Gusman, quasi una Angelina Jolie sudamericana che dà tutta se stessa in un’interpretazione totalizzante), giovane argentina accusata di omicidio – avrebbe ammazzato l’amante maschio del suo uomo, ferito gravemente – e costretta a scontare la pena in un reparto femminile con prole al seguito (lei è incinta e partorirà in carcere). È assai interessante scoprire questo microcosmo di sole donne, tra autosolidarietà e zuffe perenni, in cui l’affetto/amore di una di queste detenute per Julia costituirà un elemento chiave per garantire un futuro alla mamma e al bambino: per una volta, quindi, non un punto di vista morboso su piccanti rapporti saffici in cella, ma uno sguardo pieno di umanità su un universo regolato spesso sì da impulsi e prevaricazioni ma in cui l’istinto di sopravvivenza richiede nuove regole per convivere e cercare un senso nella reclusione concentrazionaria. Nel ruolo del papà bisex del bimbo ritroviamo il sensibile Rodrigo Santoro, il Serse gender di "300".

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Meno riuscito è il fluviale dramma filippino "Selda" ("Il compagno di cella") di Ellen Ramos e Paolo Villaluna in cui l’ambiguo rapporto di dominazione tra Rommel e Esteban viene rivissuto una volta fuori dal carcere quando questi rintraccia l’amico nella fattoria dove vive con la moglie. Girato in video Digibeta Pal non particolarmente curato – la proiezione in Sala Uno ne mostrava tutti i limiti estetici: come secondo spettacolo del sabato sera si poteva trovare qualcosa di meno punitivo per il grande pubblico – bilancia la claustrofobia della prima parte carceraria col naturalismo bucolico della seconda ed è sintetizzabile nell’ultima simbolica quadratura in cui il protagonista è seduto e chino in una stanza vuota davanti a una finestra che proietta sul pavimento un’ombra simile alle sbarre del carcere: la vera prigione è quella interiore se i propri sentimenti non possono essere espressi e vissuti.  

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Anche nello spagnolo in concorso "El patio de mi cárcel" di Belén Macías, prodotto dal fratello di Almodóvar, Augustin, e interpretato da Blanca Portillo e Candela Peña, troviamo un’ex-detenuta, questa volta per furto, che non riesce ad adattarsi alla vita fuori dal penitenziario e decide di fondare una compagnia teatrale insieme a tre sue amiche problematiche: un’emigrante colombiana, una rom e una prostituta.
L’Italia non sta a guardare e risponde alla "jail-wave", l’ondata cinecarceraria, con l’intenso documentario "L’ora d’amore" di Andrea Appetito e Christian Carmosino in cui uno dei tre reclusi che raccontano in camera la propria esperienza problematica è un transessuale, il segaligno Angelo.

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Senza patetismi ma con essenzialità e rigore, i registi fanno riemergere la toccante storia d’amore tra Angelo e un altro detenuto, vissuta tra appassionati carteggi, sguardi fugaci, la ricerca di un proprio spazio vitale. Ma l’incertezza, l’abbandono delle poche sicurezze garantite dal regime carcerarie si faranno sentire una volta fuori, quando Angelo si ritroverà catapultato nel caos urbano. Chi cerca qualcosa di più leggero non si perda stasera alle 20.15, Ambrosio Uno, la liberatoria commedia sbracata americana "Another Gay Sequel: Gays Gone Wild!" di Todd Stephens che sarà presente in sala. Finalmente cinema d’evasione!

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