Dopo mesi di provocazioni e di conseguenti strappi interni, la mozione estremista anti-gpa ha vinto il congresso di Arcilesbica.
Arcilesbica consegna al movimento LGBT italiano una domanda: può un’associazione, seppure storica dell’universo LGBT, continuare a farne parte a pieno titolo quando promuove una posizione aggressivamente e acriticamente contraria alla gestazione per altri, ai padri gay, all’unità tra donne cisgender e transgender, al non-binarismo?
Questo weekend al congresso dell’associazione, arrivato anticipatamente dopo le liti interne per la deriva estremista e poco rappresentativa tenuta dalla segreteria nazionale, hanno vinto proprio le cosiddette Terf, femministe radicali transescludenti, rappresentate in particolare dal gruppo milanese e da cui arriva proprio la nuova presidente nazionale Cristina Gramolini.
Sebbene nell’ultimo anno l’azione delle Terf sia stata completamente assorbita dalla guerra sulla gestazione per altri, non sarebbe certo una critica articolata e rispettosa sulla gpa a porre dubbi sulla loro effettiva partecipazione al movimento LGBT. Chi come me ha avuto la sfortuna di assistere a uno dei tanti dibattiti, o per meglio dire processi, sulla gestazione per altri condotti da questa frangia dell’associazione, sa che piuttosto dovremmo parlare di dogmatica contrarietà e di cieca insensibilità con cui vengono travolte vite, esistenze e sentimenti delle famiglie arcobaleno senza rispetto alcuno. In primis dei bambini.
Non è un caso che su questi arroccamenti la nuova dirigenza di Arcilesbica possa contare sulla saldatura con Mario Adinolfi e le Sentinelle in Piedi, alleati che parlano da sé.
Se, a quanto appare dal risultato congressuale, è la vittoria di una minoranza rumorosa ed estremista, non è per questo meno concreta e meno foriera di conseguenze sul movimento LGBT e sull’associazione stessa.
Perché, che avvenga una scissione o meno all’interno del mondo lesbofemminista italiano, la svolta di Arcilesbica è una decisione distruttiva della forza del movimento LGBT. L’associazione rompe il fronte dei diritti, proprio quando le battaglie paradossalmente diventano più ardue. Perché si sa, dopo il giro di giostra della legge Cirinnà, quanto sia facile sentire discorsi del tenore “i gay hanno le unioni civili, cosa vogliono ancora?”.
“A mali estremi, lesbiche estreme” si chiama la mozione vincente. Quantomeno il male estremo ora lo vediamo molto bene.
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