IL PIU’ GRANDE SCANDALO GAY

Riunioni a base di sesso e prostituzione alla base di "Balletti Verdi", lo scandalo che ha segnato la visibilità gay negli anni '60.

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Cosa sono i “balletti verdi”? Semplicemente il più grosso scandalo omosessuale gay italiano del novecento! Per la nostra storia quel fatto dovrebbe avere lo stesso valore che ebbe per l’Inghilterra il processo ad Oscar Wilde del 1895 durante il quale, la stampa e l’opinione pubblica inglese furono chiamate a discutere ampiamente, e per la prima volta, di omosessualità.

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Allo scoppio dei “balletti”, nel 1960, si aprì su giornali e riviste italiane un dibattito molto acceso e “l’amore che non osava dire il suo nome” ebbe la prima pagina, ma prima di ripercorrere i fatti è necessario ricostruire l’ottica sociale con cui gli italiani, negli anni sessanta, si riferivano all’omosessualità. La chiesa con la DC, dettava legge, e quegli anni, videro un grossissimo dibattito tra i favorevoli e i contrari alla censura. Questo dibattito ci offre una vasta casistica di testimonianze sulla considerazione sociale dell’omosessualità come ad esempio nella rivista dei Gesuiti, la “Civiltà Cattolica” che definì il Corydon di Gide (primo testo che cercò di spiegare “scientificamente” l’omosessualità quale fenomeno naturale) addirittura “satanico” (1). A questo si aggiungeva la stampa, che relegava l’omosessualità alla cronaca nera come ben evidenzia questo articolo tratto da “L’Espresso”:

Nella città-dentro-la-città, questa è certo la popolazione [Gli omosessuali] più numerosa e meno visibile. La loro passione è segreta, solitaria e spesso dolorosa. Non si trovano insieme in bar particolari, non organizzano feste e spettacoli. […] il loro caso affiora soltanto in occasione d’un suicidio che i giornali non sanno bene come spiegare, o d’un misterioso fatto di sangue o d’uno scandalo.(2)

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Oltre a questo numerosi psicologi, sociologi, educatori e medici consideravano l’omosessuale, nella migliore delle ipotesi, un vizioso da curare e, nella peggiore, un pervertito da internare magari anche a vita. Numerosi sono gli esempi in tal senso che riporto nel mio primo libro, recentemente pubblicato dalla LiberEdizioni, intitolato: “Balletti Verdi, uno scandalo omosessuale“. Di fatto non si poteva vivere liberamente da omosessuali, le coppie gay non esistevano, i locali gay erano un miraggio e venire “pizzicati” a compiere atti “contro natura” portava automaticamente alla morte sociale dell’individuo.

I gay, minoranza silenziosa che viveva a strettissimo contatto con la società eterosessuale, costituivano vere e proprie reti di rapporti amicali usufruendo di luoghi di battuage che, nonostante il tentativo di repressione sessuale generalizzato, funzionavano a pieno ritmo. Gli incontri si svolgevano nei cinema, nei vespasiani, nei parchi, nei bagni delle stazioni e nella case private. In quest’ultimo caso, si trattava di cene fra amici o di “festicciole” in cui l’invitato gay poteva intrattenersi e allargare il proprio numero di conoscenze “nell’ambiente” mentre gli altri luoghi erano deputati esclusivamente ad un sesso veloce, senza implicazioni sentimentali, avere un fidanzato non era dovuto, al massimo si “faceva qualcosina” con un amico.

Una di queste feste private, attirò l’attenzione di un magistrato bresciano che inquisì i partecipanti e il proprietario dell’abitazione per “favoreggiamento della prostituzione”.

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In particolare durante quella festa il proprietario di casa aveva prestato la camera da letto a due giovani, uno dei quali si era fatto pagare per intrattenere un rapporto sessuale.

Il caso si gonfiò a dismisura anche perché, queste feste erano frequentate da minorenni: non dobbiamo dimenticare però che la maggior età all’epoca era 21 anni e che negli atti del processo solo 3 inquisiti hanno meno di quindici anni.

Lo scandalo prese il nome di “balletti verdi”; “balletti” era il nome che si dava a tutti gli scandali che riguardavano i giovani e il sesso e “verde” era considerato il colore degli omosessuali, era infatti verde il garofano che Wilde portava all’occhiello.

Tutti i giornali fiutarono la notizia e un giornale scandalistico, “Le Ore”, affermò che anche Mike Bongiorno figurava fra gli inquisiti. Chiaramente il noto presentatore non aveva nulla a che fare con il caso, ma il suo nome accanto a quello degli omosessuali, fece da grancassa allo scandalo. A breve gli inquisiti divennero 187 e i giudici incominciarono lunghissime indagini itineranti che non portarono a nulla. Durante queste indagini non si risparmiarono le illazioni di chi voleva che esistesse a Brescia una grossa organizzazione per lo sfruttamento della prostituzione di minori.

I gruppi politici cercarono, da subito, di politicizzare il fatto.

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I comunisti, che consideravano l’omosessualità un “vizio borghese”, attaccarono i cattolici dicendo , a ragione, che anche gli ecclesiastici, avevano a che fare con lo scandalo. La destra, con “il Borghese”, attaccò la sinistra affermando che proprio tra le file dei comunisti c’erano dei “pederasti” riferendosi, nemmeno troppo velatamente, a Pasolini. I cattolici si limitarono a difendersi e a riproporre tesi moralisticheggianti e insieme crudeli contro gli “invertiti”.

E gli inquisiti? Furono gli unici che ci persero. Ebbero la vita rovinata, anche perché, il loro nome finì in mano alla stampa, che, non conosceva ancora la tutela della privacy.

Dopo quattro anni si arrivò alla sentenza: sedici colpevoli per reati minori tra i quali “sfruttamento della prostituzione”, “favoreggiamento alla prostituzione”, e “atti osceni in luogo pubblico”.

Dove era finito il grosso circuito per lo sfruttamento della prostituzione? Non esisteva e non era mai esistito per gli omosessuali bresciani che per cercare di trovare un po’ di felicità si riunivano come amici in case private come quella di Castelmella.

Quello dei “balletti” fu un grosso caso di malagiustizia dove si cercò un pretesto per colpire dei deboli che mai si sarebbero permessi di fiatare. Fu un rastrellamento di omosessuali, fatto attraverso la perquisizione di case private e il rinvenimento delle rubriche telefoniche dei gay e fatto rendendo gli omosessuali giovani e impauriti di fronte ad una giustizia tendenziosa delatori uno dell’omosessualità dell’altro, uno contro l’altro. Siamo moltissimi, la storia e i poteri forti hanno sempre cercato di dividerci.

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Una parte di quella storia si trova anche in una canzone del 1962, che potete ascoltare cliccando qui .

Bibliografia

(1) DOMENICO MONDRONE, Pretesti e scappatoie della stampa scandalistica, “Civiltà Cattolica”, 1960/III, p. 562.

(2) MARIALIVIA SERINI – LIVIO ZANETTI, Il peccato maschile, “L’Espresso”, 2 aprile 1961, pp. 12-13.

(i primi tre disegni sono tratti da Physic Pictorial)

di Stefano Bolognini

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